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13.12.2024

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Alla fine, la Redenzione
31 Gennaio 2014

Alla fine, la Redenzione

Perché Cristo ha sofferto ed è morto in croce per noi? Per una malsana forma di esibizionismo o di autolesionismo, oppure per fatalità?
Non poteva forse agire diversamente? In fondo, qualcuno (leggi: i capi del popolo, il cattivo ladrone) aveva buttato lì l’idea: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso» (Lc 23,39).
La risposta data da san Paolo ricorda che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture” (1 Cor 15,3), compiendo in particolare la profezia del Servo sofferente di cui parla il profeta Isaia (42-53).
È quanto emerge anche dalle parole ispirate dallo Spirito Santo a s. Caterina da Siena: «Per questo, Io, altezza infinita, mi unii con la bassezza della vostra umanità, per rimediare alla corruzione e morte del genere umano» – dovute al peccato originale – «e per restituirlo alla grazia, che aveva perduta col peccato».
Rimane da spiegare, per quanto sia possibile, il mistero della sofferenza, crocifissione e morte di Gesù, Dio fattosi Uomo. Ci affidiamo, ancora una volta, alla nostra autorevole fonte: «Non potevo, Io, come Dio, soffrire pena; e tuttavia la mia giustizia divina voleva che dalla colpa uscisse la pena». Ma «un puro uomo (un essere finito) non era capace a dare la necessaria soddisfazione (…), perché la sua colpa offendeva me, che sono bontà infinita». Allora «mandai il Verbo mio Figliuolo (…), affinché sostenesse pena in quella natura medesima, che aveva offeso Dio, e soffrendo nel suo corpo fino all’obbrobriosa morte di croce, placasse la mia ira. Così soddisfeci alla mia giustizia e saziai la mia divina misericordia, che mi aveva mosso a soddisfare alla colpa dell’uomo e a disporlo a quel bene, per il quale l’avevo creato».
Quest’unico sacrificio di Gesù, proprio perché vero Dio e, insieme, vero Uomo, ha portato la salvezza a tutti gli uomini, liberandoli dalla schiavitù del peccato (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 431-432), in virtù della sua umiltà e obbedienza, fino alla morte, alla volontà del Padre. Solo nel Figlio troviamo infinito amore e dolore infinito.
In un altro passo della Bibbia si legge: “non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12). Infatti, Gesù in ebraico significa: “Dio salva”.
Il suo sacrificio, dicevamo, ha riconquistato l’uomo alla libertà dal peccato, rimanendo pur sempre un’inclinazione al peccato (CCC n. 405), conseguenza del peccato originale, come una cicatrice.
Un’ultima nota: “Il Sangue e l’acqua sgorgati dal fianco trafitto di Gesù crocifisso sono segni del Battesimo e dell’Eucaristia” (CCC n. 1225), quali prove perenni dell’effetto redentivo della sua Passione e Morte, ma, soprattutto, della sua infinita Misericordia, alla quale tutti noi siamo invitati a rivolgerci. Santa Maria Faustina Kowalska docet.

LA PASSIONE DI CRISTO


“Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero Costui era Figlio di Dio!»”. (Matteo, 27,51-54).
BIBLIOGRAFIA
Catechismo della Chiesa Cattolica.
S. Caterina da Siena, Il dialogo della Divina Provvidenza, Edizioni Cantagalli, Siena 1998, pp.55-56.
Giulio Giacometti – Piero Sessa, Le piaghe del Messia, Mimep-Docete, Pessano (Mi) 2000, pp.106-111.

Dossier: La Passione di Cristo? E’ storia vera

IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 46

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