Aggiunte fantasiose all’insegnamento orale di Gesù. Aspetti romanzeschi della sua vita privata, del cerchio delle sue amicizie, della vita dopo la morte.
Sono gli scritti apocrifi del Nuovo Testamento.
Che la Chiesa distinse subito da quelli canonici.
L’origine degli scritti “apocrifi” (il termine greco significa “sottratto alla vista”, “nascosto”, “segreto”, ed anche “tenuto segreto”, “non letto nelle adunanze”, e in questo senso era usato presso i Greci ed anche presso gli Ebrei per indicare testi ai quali avevano accesso solo gli iniziati) è da cercare nell’ambito della Chiesa primitiva, ma il criterio col quale essi vennero distinti da quelli ispirati e non furono accolti tra quelli riconosciuti dalla Chiesa e dal suo Magistero come fonte della Rivelazione sta nella scarsa aderenza all’insegnamento apostolico, tanto nel contenuto quanto nelle modalità con le quali gli insegnamenti di Cristo erano trasmessi. Infatti, molte narrazioni delle origini del Cristianesimo, pur conservando un contenuto di fondo accettabile e sostanzialmente storico, si volsero in direzioni diverse da quelle della predicazione degli Apostoli. La conferma più autorevole del criterio “apostolico” per il corretto annunzio del Vangelo la troviamo nella Lettera ai Galati 2,1-10: «[Io, Paolo]… esposi loro il Vangelo che io predico tra i Gentili, specialmente a quelli di grande autorità, per non correre o non aver corso invano» (2,2), da confrontare con Atti 15 (il Concilio di Gerusalemme).
Gli ammaestramenti di Gesù furono sempre impartiti oralmente e la sua predicazione si dilatò attraverso la tradizione orale dei suoi discepoli. Coloro che accoglievano la lieta Novella se ne facevano portatori, sempre oralmente, ad altri e così via. Nel corso dei tre anni del magistero pubblico di Cristo molte furono le notizie attraverso le quali coloro che avevano conosciuto il Maestro direttamente ne partecipavano la conoscenza ad altri. Tuttavia, alla predicazione ispirata degli apostoli, incentrata prima sulla passione, morte e resurrezione di Gesù, dopo sui “segni”, i miracoli, i discorsi, le parabole, si aggiunse una trama di narrazioni sempre più ampia che, partendo talvolta da un nucleo autentico, si sviluppava in un modo fantasioso e via via più esauriente sulla vita privata di Gesù, sulle persone che gli erano intorno, sul destino dell’uomo oltre la morte, rispondendo così alla curiosità degli ascoltatori e adeguandosi alla diversità degli ambienti. Lo spazio lasciato a queste aggiunte, che assumevano talvolta aspetti romanzeschi ed erano alla mercé della fantasia dei narratori, era inevitabilmente ampio, dato che una caratteristica della tradizione orale è il suo progressivo arricchimento di dati nuovi ma molto spesso fantastici.
Perciò, quando – subito dopo la conclusione della vita terrena di Gesù – alla tradizione orale si sostituì quella scritta perché ad essa tutti potessero riferirsi, molte dovevano essere le aggiunte che si erano mescolate alla stretta predicazione ed alle notizie ispirate che, dopo la discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli, furono inserite nei testi destinati a raccogliere e a conservare gli insegnamenti di Gesù. Il materiale era copioso cosicché Luca dovette intraprendere accurate ricerche su ogni circostanza, fin dagli inizi, per scrivere un resoconto ordinato, come afferma egli stesso nel proemio del suo Vangelo: «Molti hanno già cercato di mettere insieme un racconto degli avvenimenti verificatisi fra noi, così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall’inizio furono testimoni oculari e ministri della parola. Tuttavia, anch’io, dopo aver indagato accuratamente ogni cosa fin dall’origine, mi sono deciso a scrivertene con ordine, egregio Teofilo, affinché tu abbia esatta conoscenza di quelle cose intorno alle quali sei stato catechizzato » (Lc. 1, 1-4). Il passo, fra l’altro, è una prova della ineccepibile applicazione del metodo di indagine storica e, di conseguenza, una esplicita conferma della storicità dei fatti contenuti nel Vangelo. Lo stesso evangelista Luca riferisce notizie diverse da Matteo
sull’infanzia di Gesù a testimonianza che, all’inizio, potevano esserci tradizioni complementari sulla vita stessa di Gesù.
Non stupisce, quindi, che nel II secolo, a causa anche dei numerosi scritti che andavano diffondendosi, si affermassero dottrine in contrasto con quella della Chiesa; la presenza di testi di origine apostolica e di natura tendenziosa costituì un pericolo per la vera fede e la Chiesa prese posizione definendo le norme (“canoni”) secondo le quali accettare o rifiutare un’opera (il Canone ecclesiastico, che comprende 27 opere, è il complesso dei libri sacri riconosciuti dalla Chiesa come fonte della rivelazione divina; il termine deriva dal greco ?????, “canna”, “bastone dritto e lungo”, “strumento per tracciare linee diritte”, perciò “regola”, “guida”, “norma”, “modello” e quindi elenco al quale attenersi: Origene, apologeta, teologo, esegeta e filologo biblico del III secolo, trasse la norma che non si dovessero usare testi al di fuori del canone ad confirmationem dogmatum, per confermare verità di fede).
I canoni erano “strumenti di misura” della verità, della fede, della appartenenza alla Chiesa. Si distinsero così i libri “canonici” da quelli non canonici (o extracanonici) ai quali fu poi dato il nome di apocrifi, nella nuova accezione di “eretici”, “da condannare”, ed anche “erroneamente attribuiti”.
Oltre ai generi letterari storico, morale e didattico, anche gli apocrifi si distinguono in Vangeli, Atti, Lettere ed Epistole, e Apocalissi, con una certa prevalenza di testi apocalittici, di loghia, cioè “detti” di Gesù, e di precetti. La tradizione manoscritta va dai papiri del III-IV secolo, quando è attestato il maggior numero di apocrifi, ai numerosi codici dei secoli successivi. I racconti contenuti negli apocrifi risalgono comunque ai secoli II-VI.
Gli apocrifi, sia del Nuovo che del Vecchio Testamento, ebbero grande diffusione in tutte le comunità cristiane e furono composti o tradotti in greco, latino, copto, siriaco, egiziano, georgiano e anche in arabo, dopo il 640, quando questa lingua venne imposta nelle regioni sotto il dominio arabo; tuttavia l’arabo costituisce solo un “passaggio intermedio” della tradizione degli apocrifi.
Una parte consistente della tradizione dei testi apocrifi è conservata in testi papiracei; anche di recente ne sono venuti in luce in Palestina, Giordania, Egitto.
In quasi tutti gli apocrifi si avverte la presenza dello gnosticismo, cioè di quel complesso di dottrine e movimenti spirituali, sviluppatosi in età ellenistico-romana e poi a fianco del Cristianesimo antico, fondato sulla gnosi (conoscenza): da questa dipende la salvezza spirituale, il cui conseguimento costituisce la beatitudine promessa agli adepti; ma la gnosi è conoscenza rivelata, non si acquisisce come effetto della sola razionalità, ed è riservata ai privilegiati dal rivelatore celeste. In essa vi è un insanabile contrasto fra la realtà umana, immanente e contingente, e quella divina, trascendente. Questo sostanziale dualismo, pur con elementi di progressivo avvicinamento, riaffiora ininterrottamente in quasi tutte le correnti di pensiero che arrivano fino a noi (ad esempio, il New Age).
Proprio l’esigenza di preservare la dottrina cristiana da infiltrazioni eretiche era stata all’origine della redazione di un canone dei libri ispirati. Un contributo importante a questo fu dato dalla comunità cristiana copta, in Egitto. A causa della presenza di vaste comunità gnostiche e ariane che rischiavano di minare la retta dottrina del Cristianesimo, Atanasio, vescovo di Alessandria (328-373), proveniente dal Didaskaleion, la scuola catechistica alessandrina, redasse una lista del canone ammettendo la Lettera agli Ebrei di Paolo e l’Apocalisse di S. Giovanni. Soltanto utili vennero considerati la Didaché e il Pastore di Erma, che per un certo tempo era stato inserito nel canone ma fu poi relegato fra gli apocrifi.
Vale la pena di soffermarsi sopra alcuni aspetti degli apocrifi per chiarirne ulteriormente natura, contenuti e questioni inerenti la loro comprensione.
Vasta parte degli apocrifi che riferiscono vita e insegnamenti di Gesù e degli apostoli si presentano come Atti degli apostoli; in realtà una serie di racconti è stata accolta nel canone della Chiesa con questo nome e attribuita all’evangelista Luca. Gli Atti sono, in pratica, la seconda parte del “dittico di Luca”, dopo il suo Vangelo. Sono accreditati e perciò costituiscono una fonte di primaria importanza per la predicazione della dottrina cristiana. L’intento degli Atti attribuiti a Luca è di origine storico-apologetica: essi rappresentano una storia teologica delle origini del Cristianesimo, e diversamente da quelli apocrifi, che hanno intento romanzesco e poetico e riproducono piuttosto schemi della letteratura ellenistica, il contenuto e la forma narrativa degli Atti canonici risponde ai criteri di apostolicità e di autenticità che hanno influito sulla scelta operata dalla Chiesa.
L’ortodossia si afferma progressivamente attraverso un’opera di selezione – appunto di canonizzazione – alla luce degli orientamenti che la Chiesa ha elaborato e definito; inoltre l’accertamento del testo precede l’interpretazione dottrinale. La canonicità – e quindi l’autorevolezza teologica – dei libri ispirati è fondata sulla loro accertata attendibilità, diversamente dai testi apocrifi, i quali sono per S. Agostino composizioni di inventori di favole e secondo Leone Magno da attribuire ad ambienti ereticali. Il concilio di Nicea del 787 li definirà opera del diavolo e non scritti apostolici. Alcuni apocrifi, tuttavia, furono “purgati” col fine di renderne possibile l’utilizzo per i contenuti accettabili e edificanti che contenevano (come gli Atti di Tecla e gli Atti di Giovanni).
In definitiva, gli apocrifi costituiscono importanti documenti della Chiesa antica, poiché sono espressione della cultura e della sensibilità della prima comunità cristiana del II secolo, ed è solo grazie alla loro conoscenza che si comprende una parte dell’iconografia religiosa del cristianesimo primitivo. Essi ebbero influenza anche sulla liturgia.
BIBLIOGRAFIA
Apocrifi del Nuovo Testamento, a cura di A. Lenzuni, Edizioni Dehoniane Bologna, 2004.
I Vangeli Apocrifi. Gli antichissimi testi non ispirati da Dio ma scaturiti dalla pietà popolare dei primi cristiani, a cura di Luigi Moraldi, Piemme, 1996.
Claudio Moreschini – Enrico Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina, 2 volumi, Morcelliana, 1995-1996.
IL TIMONE – N.50 – ANNO VIII – Febbraio 2006 – pag. 22-24