Coniugò pittura, teatro e poesia in un universo fantasmagorico e religioso unico nel suo genere. Indagò la realtà cercando il senso recondito delle cose, con sguardo stupefatto e grato amore per le piccole cose.
La sua fede si riversa nelle sue opere. Due mostre a Milano ci aiutano a capirlo.
Sono in corso a Milano due importanti mostre, tra loro complementari, rispettivamente intitolate “Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985” e “Chagall e la Bibbia”, dedicate al grande artista, nato nel 1887 nella Russia zarista, nel quartiere ebraico di un piccolo paese di contadini.
Le immagini dell’infanzia trascorsa nel piccolo borgo rimarranno nella memoria dell’artista tutta la vita: le case di legno, gli attrezzi agricoli, i venditori ambulanti, i musicanti, la sinagoga e il suo rabbino, gli animali domestici. Un patrimonio identitario cui Chagall non rinunciò mai,
neppure quando, dopo i primi studi di pittura in Russia, per anni peregrinò per tutta l’Europa, fino in Palestina e Stati Uniti: insofferente verso il conformismo accademico russo, rimase invece affascinato dall’atmosfera di Parigi, ove conobbe i più famosi artisti dell’epoca e si nutrì delle suggestioni dei grandi movimenti avanguardistici, in particolare del simbolismo, del fauvismo, dell’orfismo cubista e del surrealismo.
La nostalgia della terra natia
Chagall, tuttavia, non aderì ad alcuna corrente artistica, approdando invece a forme espressive del tutto particolari, coniugando pittura, teatro e poesia in un universo fantasmagorico e religioso unico nel suo genere.
Nella sua pittura un ruolo fondamentale è rivestito dalla lontananza dalla terra natia che, se da una parte gli diede occasione di entrare in contatto con ambienti culturalmente stimolanti, dall’altra lo indusse a sviluppare una profonda nostalgia, una melanconica allegria, una rivisitazione costante dei suoi ricordi, così da creare una “geografia” dei sentimenti in grado di colmare la distanza fisica tra l’Europa e la Russia. «I miei quadri sono coordinamenti di immagini interiori, che mi possiedono », diceva Chagall: nella sua pittura l’aspetto razionale e formale dell’arte occidentale sembra fondersi con quello più passionale, mistico-visionario e leggendario dell’Oriente: la scomposizione delle immagini e dei piani, ad esempio, non è frutto di un ragionamento teorico – come nei cubisti – ma è funzionale alla necessità di unire luoghi e tempi lontani, di ritrovare una memoria mai dimenticata, come pure l’assenza di prospettiva
e profondità serve a descrivere realtà che sfuggono alle regole del mondo visibile.
Significativi in tal senso i quadri dedicati alla moglie Bella e, più in generale, agli innamorati e agli sposi (La passeggiata, Il compleanno, Doppio ritratto col bicchiere di vino, Gli innamorati nel cielo di Vence), che cantano un inno alla felicità familiare descrivendo il sentimento amoroso come un volo, metafora del sovrannaturale che anima il rapporto e che l’amore consente di raggiungere
In cerca del significato profondo delle cose
Rifiutandosi di cedere a un discorso meramente intellettuale, Chagall rimane legato al figurativismo, ma indaga la realtà cercando il significato profondo delle cose, la loro essenza recondita, il valore che hanno per ciascuno di noi. Egli ci ripropone con semplicità e immediatezza i suoi ricordi, li ammanta di un’aura magica e irreale che dona loro una particolare freschezza e abbatte le barriere del tempo e dello spazio, superandole in un intenso desiderio, dilatato dalla lontananza, di rivivere emozioni e sensazioni.
Vecchie e care immagini dell’infanzia e della giovinezza riaffiorano trasfigurate dall’interiorità
dell’artista e si tramutano in quadri solo apparentemente visionari: Chagall infatti non riproduce la realtà, non la racconta nel dettaglio degli accadimenti, bensì la evoca, la rivisita, la ripropone – riletta attraverso la lente dell’affettività e dell’emozione, quasi con lo sguardo di un bambino – così ritrovandola e giungendo a possederla pienamente nella sua essenza, nelle suggestioni e nei valori che gli ha trasmesso. Ben lo descrive l’espressione di Saint-Expéry «Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».
Nel racconto del ricordo, trasformato in sogno dal tempo, Chagall introduce le proprie ansie e speranze, compone i frammenti della memoria, rileggendoli alla luce del momento attuale in cui, però, gli elementi reali vengono trasfigurati. Non a caso, questo artista è considerato il primo pittore a portare la metafora nel quadro moderno, sostituendo alla realtà apparente un’altra realtà che ne coglie il significato più intimo: mondo esteriore e interiore si fondono traducendosi in immagini poetiche, in prospettive arbitrarie, in spazi impossibili ove tutto è possibile.
L’insieme di realtà e fantasia mostra lo sguardo stupefatto dell’artista sul mondo, il suo grato amore per le piccole cose che traspare dai colori vivaci e dalle composizioni fantastiche, dove ognuno può ritrovare parte dei suoi sogni dell’infanzia.
La dimensione religiosa della sua pittura
Allo stesso tempo Chagall non rinnega mai il legame con la terra russa, né con la religione ebraica e, in particolare, con la tradizione mistica chassidica, che mette al centro l’uomo e la grandezza della sua anima.
Affascinato dalla Bibbia (un testo che «promette una libertà diversa, un altro senso della vita»), le dedica un posto centrale nella sua produzione, rappresentando numerosi episodi e personaggi biblici in un percorso unitario per messaggio e contenuti, che non si limita all’illustrazione biblica del fatto narrato, ma guarda direttamente all’origine dell’esperienza umana dell’incontro con Dio. Le grandi figure bibliche che Chagall racconta (tra le tante: Abramo e il sacrificio, Gli angeli ed Abramo, Noè e l’arcobaleno, La lotta di Giacobbe, Mosè riceve le tavole della legge, Re Davide, Giobbe), infatti, rappresentano la possibilità dell’esperienza di Dio per ogni uomo («Se gli uomini volessero leggere con più attenzione la parola dei profeti, vi troverebbero le chiavi per la vita»).
Non stupisce quindi che Chagall accetti la proposta dell’editore Vollard di illustrare la Bibbia e avvii il lavoro con un viaggio in Terra Santa che sembra avere i caratteri di un pellegrinaggio interiore verso le proprie radici («Ho voluto vedere la Palestina […]. Là, nelle vie a gradinate, migliaia di anni prima camminava Gesù. Da nessun’altra parte ci si sente tanto sgomenti e felici»), né stupisce la sua intensa amicizia con Jacques Maritain, il cui umanesimo teocentrico ben si conciliava con la spiritualità chassidica.
Dio Padre e Cristo
Con l’approccio che gli è consueto, anche sul piano religioso Chagall non scade mai nel formalismo, sviluppando invece un’interiore religiosità: nelle sue opere ritroviamo un Dio Padre e Creatore, destino di tutte le creature, che non lascia soli i suoi figli. Tale riscoperta è stata senz’altro facilitata dalla visione del mondo sacra e mitologica che Chagall aveva attinto dalla memoria dell’infanzia: la percezione profondamente religiosa propria dei bambini, che tanto spesso si perde con la maturità, viene così recuperata riscoprendo la sacralità del mondo e dell’esistenza umana.
Sulla concezione religiosa di Chagall ha indubbiamente influito anche la drammatica vicenda del popolo ebraico durante la guerra, la cui sofferenza lo tocca profondamente divenendo oggetto di numerosi lavori. Le tribolazioni del momento attuale costituiscono in Chagall una forma di partecipazione alla lotta contro il peccato che da sempre turba l’armonia universale e deturpa la bellezza del creato: ma questa bellezza è inscritta da Dio in ciascuno di noi al punto che ne avvertiamo una perenne nostalgia e ad essa possiamo tornare attraverso un cammino al termine del quale Chagall è certo che l’amore prevarrà.
Da uomo autenticamente religioso, Chagall, pur restando ebreo e non approdando a una interpretazione cristiana di Gesù, non può dunque rimanere indifferente alla figura di Cristo Crocifisso, che nelle sue opere diviene al contempo emblema della religiosità cristiana e simbolo di tutto il popolo ebraico, accanto al quale l’artista lo riproduce costantemente (Esodo, Il passaggio del Mar Rosso, La resurrezione di Lazzaro), facendone l’immagine – per definizione – del martirio che si fa carico del dolore e della morte, ma anche dell’opposizione alla distruzione e allo sterminio, della salvezza, della libertà e della forza dell’amore e della vita (Resistenza, Resurrezione, Liberazione, L’anima della città, La crocefissione bianca, Cristo sul ponte). â–
Ricorda
«Il mio è un invito a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l’arte nelle sue più nobili forme espressive. E in questa prospettiva che io faccio appello a voi, artisti della parola scritta e orale, del teatro e della musica, delle arti plastiche e delle più moderne tecnologie di comunicazione. Faccio appello specialmente a voi, artisti cristiani: a ciascuno vorrei ricordare che l’alleanza stretta da sempre tra Vangelo ed arte, al di là delle esigenze funzionali, implica l’invito a penetrare con intuizione creativa nel mistero del Dio incarnato e, al contempo, nel mistero dell’uomo».
(Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, n.14, www.vatican.va).
Per saperne di più…
Marc Chagall, La mia vita, Rizzoli, 1988.
Pierre Provoyeur, Marc Chagall MessaggioBiblico, Jaca Book, 1984.
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