Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

11.12.2024

/
Beati i poveri nello Spirito/2
28 Febbraio 2014

Beati i poveri nello Spirito/2

Sono tanti gli idoli ai quali siamo spasmodicamente attaccati. Gesù ci comanda di abbatterli, per la nostra felicità. Compito arduo, ma con Lui possibile

Se dunque, come abbiamo visto la volta scorsa, l’essere ricchi in beni materiali, possedendoli con egoismo, bramosia e avidità è certamente il più evidente segno che si è ben lontani da quella povertà interiore che Gesù indica come la prima beatitudine, è anche vero che essa è solo la punta di un iceberg che, come tutti questi blocchi di ghiaccio galleggianti, nasconde nell’acqua profonda la sua parte più grande.
Ce lo fa capire con chiarezza, lo abbiamo già detto, quell’espressione che troviamo in Matteo: «poveri nello spirito» che allarga inevitabilmente l’orizzonte. Anzi, sarebbe meglio dire, che ci indica senza ombra di dubbio fino a quali profondità occorre scavare per estirpare tutti quegli attaccamenti sbagliati che ci tengono imbrigliati, impedendoci di essere davvero ciò che Gesù vuole indicare. Occorre, cioè, penetrare fino al cuore che, in senso simbolico, fa riferimento a ciò che siamo non solo nei nostri aspetti esteriori ma anche nei nostri pensieri e nelle nostre emozioni. La povertà intesa in senso evangelico, dunque, abbraccia non solo il nostro avere ma il nostro essere nella sua globalità.
Una povertà spinta fino a questi livelli fa anche inevitabilmente intuire che essa non è il frutto di un’unica azione, che non si esaurisce in un solo gesto. Certo, il desiderio di aderire a una vera povertà evangelica può effettivamente essere una scelta radicale e permanere tale nel corso di tutta la vita. Ma la pratica che ne segue è, salvo grazie speciali, un cammino complesso che nasce da una presa di coscienza progressiva.
Così, i maestri spirituali insegnano che ci sono comportamenti e atteggiamenti più facili da smascherare e altri invece più celati nel fondo del cuore che comportano anche anni di lavoro interiore per essere finalmente messi a nudo e affrontati.
Vediamo allora anzitutto di capire bene perché occorre diventare “poveri” per essere veri seguaci di Gesù. Il problema di fondo è simile per tutte le Beatitudini, non solo per questa prima: il cammino verso la santità, che è poi in contemporanea anche il cammino verso il massimo della felicità possibile in questo mondo, è il cammino contrario a quello del peccato originale. Allora Adamo ed Eva, istigati da Satana, credettero di poter avere ed essere di più staccandosi dal Creatore, allontanandosi da lui, girandogli le spalle, incamminandosi da soli, contando sulle loro forze e sulla loro capacità di sapere davvero distinguere ciò che fosse bene o male per la loro vita. Con le conseguenze che sappiamo.
Ebbene, percorrere il cammino indicato dalle Beatitudini, che non per niente suggeriscono il contrario di ciò che al “mondo” sembra bene, significa invece andare sempre più e sempre meglio incontro al Padre e all’intera Trinità. Significa scoprire, e poi approfondire, il rapporto con Lui, percorrendolo insieme a Gesù che proprio per questo ha definito se stesso «Via, verità e vita».
Ha detto bene colui che qualcuno considera uno dei più grandi teologi del novecento, Karl Barth, e cioè che: «Quando il cielo si vuota, la terra si riempie di idoli». Una affermazione della quale possiamo tutti facilmente verificare l’attendibilità. Ecco, dunque: incamminarsi dentro la povertà per raggiungerne la pienezza significa proprio fare il contrario e cioè svuotare la nostra terra, soprattutto quella interiore, per tornare a riempire il Cielo. Occorre, cioè, smascherare tutti i numerosissimi idoli ai quali siamo talvolta così spasmodicamente attaccati per abbatterli e far posto in noi e nella nostra vita a Colui che davvero è il nostro vero e supremo Bene.
Numerosissimi idoli, dicevamo. Certo perché ogni cosa, se ci pensiamo bene, può diventare “idolo”. Anche le cose buone. Che ne so, le varie “passioni” che riempiono le nostre giornate come quella per lo sport, tanto per fare un esempio. Oppure per la stessa musica. Entrambe cose in sé pulite, anzi ottime e benefiche. Fino a quando tuttavia non sfuggono al nostro controllo interiore di modo che non siamo più noi a usarle con equilibrio e libertà, ma sono esse a dominarci. D’altra parte, persino ciò che di più elevato produce l’animo umano – l’amore – può diventare esso stesso un elemento che non ci porta verso Dio, ma rischia al contrario di allontanarci da lui. La cosa è così pericolosa che è lo stesso Gesù a metterci in guardia. Ricordate le frasi terribili: «Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me. Chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me»? Certo che è bene amare la propria famiglia, ma di un amore che si radica in alto, in quell’Amore da cui tutto prende origine e a cui tutto ritorna. Solo allora sarà un amore davvero ordinato che produrrà buoni frutti. Ma non è sicuramente facile staccarsi da ciò che ci viene istintivo e che si radica nelle viscere e nel sangue, come l’attaccamento ai propri cari. Coloro dai quali sei nato o coloro ai quali hai dato la vita.
Per questo la via verso una povertà piena e autentica, un distacco progressivo è anche una via verso una libertà interiore sempre più grande e dunque anche una via verso la felicità. E questo perché anche se spesso non ne siamo coscienti, sono proprio i tanti “legami” che ci condizionano e imbrigliano il nostro intelletto e la nostra volontà ad appesantire i nostri giorni, a toglierci lucidità, leggerezza, gioiosità.
Anche perché spesso si tratta di attaccamenti subdoli e difficili da scoprire. Pensiamo, per esempio, al bisogno che talvolta abbiamo di far sempre prevalere la nostra opinione nei confronti degli altri. O, ancora, a quello di essere delle personalità che tendono a far fare agli altri ciò che noi vogliamo. Atteggiamenti tutti che comportano, tra l’altro, una grande fatica psicologica, un grande dispendio di energie. Certo, i leader ci vogliono e sono assai importanti. Ma quelli veri non abusano degli altri; sono piuttosto persone che sanno risvegliare i talenti e indirizzarli al meglio nel rispetto di tutti.
Ma anche il bisogno di successo, di gloria, oggi tanto di moda, sono altri aspetti contrari alla vera povertà. Idoli ai quali si contrappone un preciso insegnamento di Gesù: «Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi verrà donato in sovrappiù».
Insomma, per farla breve, un campo vastissimo sul quale lavorare. Non da soli, di certo, perché sicuramente falliremmo già dalla prima fase, quella cioè di “scoprire” le tante “ricchezze” che ci aggrovigliano il cuore. E poi ancor più nella seconda fase, quella di purificarle affinché la nostra vita diventi davvero evangelica.
Un cammino da fare al seguito di Gesù che ci indica la via e dello Spirito Santo che ci dona la grazia capace progressivamente di illuminarci e di santificarci. Fino a farci dono di quel “timore di Dio” che ci renderà lucidi e prudenti, capaci cioè di distinguere bene e subito ciò che può allontanarci da Lui e ciò che invece ci avvia, nudi, verso una fede sempre più autentica e profonda.

Ricorda

«Se sei uomo di Dio, metti nel disprezzare le ricchezze il medesimo impegno che gli uomini del mondo mettono nel possederle».
(San Josemaría Escrivá de Balaguer, Cammino, n. 633)

IL TIMONE – Marzo 2014 (pag. 56-57)

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista