50 anni fa, con la tournée negli Usa, il gruppo di Liverpool diventava un fenomeno mondiale. Era l’inizio del pop-rock, una ventata di creatività e sonorità coinvolgenti usate da subito come veicolo di messaggi anticristiani e propellente della rivoluzione sessuale
Esattamente 50 anni fa, nel febbraio del 1964, si affermò in modo planetario la musica pop. In sé questo potrebbe essere un evento positivo. La musica degli anni Sessanta, con i suoi nuovi ritmi, i suoi nuovi suoni, fu anche espressione di una grande creatività, se non fosse che quella musica è stata usata in modo costante come uno strumento per distruggere limiti, rigore interiore, tradizioni, rispetto per la religione, lungo un piano inclinato che ci ha portato dove siamo oggi. Se non è giusto puntare il dito contro la “musica”, vanno però denunciati gli uomini che, di volta in volta, hanno deciso di usare quella nuova creatività in modo distruttivo. Cosa successe, insomma, 50 anni fa? Successe che fu organizzata la lunga tournée dei Beatles nelle principali città degli Stati Uniti, un tour che toccava grandi città come New York, Miami e Washington e pensato apposta per lanciare il gruppo a livello planetario. I Beatles si erano formati a Liverpool alla fine del decennio precedente e godevano già di una buona popolarità. Il pop-rock (usiamo questa formula comoda) era già diventato un fenomeno negli USA a metà degli anni Cinquanta con Elvis Presley, che suonava anche un blues piuttosto tradizionale. Le sue canzoni non contenevano messaggi di rivolta o antireligiosi. A 30 anni Elvis, comunque, era già considerato un vecchio. Fu dunque la tournée dei Beatles avvenuta tra il 7 e il 22 febbraio 1964 il punto di svolta. I quattro furono ospitati in televisioni e radio, a loro vennero dedicati centinaia di servizi giornalistici e furono così conosciuti dai giovani di un mercato immenso e ricco come quello statunitense, fatto che determinò importanti conseguenze.
Un successo pianificato con cura
Il pop-rock americano negli anni seguenti favorì e amplificò cambiamenti culturali già in atto nel mondo occidentale. Il tutto avvenne con il favore delle grandi majors discografiche che da anni cercavano di capire se la nuova musica (basata su ritmi più aggressivi e d’origine africana) potesse aver presa sulle masse giovanili del dopoguerra dotate di un potere d’acquisto molto superiore a quello dei loro padri. Anni prima, un gruppo di industrie radiofoniche e discografiche aveva promosso la ricerca Radio Project per studiare l’effetto della radio e della musica sulle masse. Vi parteciparono studiosi importanti come il tedesco Theodore Adorno e Gordon Allport (poi presidente del Tavistock USA, l’istituto leader nello studio dei cambiamenti sociali) e futuri dirigenti di case discografiche. Questi conclusero che certi tipi di musica, come la musica “popular” (pop), potevano funzionare come veicolo per scatenare rivolte a bassa intensità, cioè controllabili, e per imporre un fondamentale conformismo. Così, quando esplose il fenomeno Beatles, le majors discografiche e radiofoniche erano già pronte. Intuendo l’affare, iniziarono a trasmettere ad ogni ora la nuova musica creando così, nel giro di pochi mesi, l’industria discografica moderna. Si comprese subito che quella musica per avere successo non doveva parlare soltanto di amore e di buoni sentimenti (come era accaduto con la musica del dopoguerra, ormai superata) ma veicolare messaggi più forti, di trasgressione anche violenta, rottura dei limiti, invito alla sperimentazione. Dopo il 1964, i soldi delle majors furono investiti su nuovi gruppi sempre più “trasgressivi”, come gli inglesi Rolling Stones o gli americani Grateful Dead.
Dionisismo soft e ritorno a Oriente
Il punto di svolta fu proprio la tournée americana del febbraio 1964, continuata nei mesi successivi in Inghilterra, Australia e poi in Europa Continentale, compresa l’Italia. Un effetto che impressionò dapprincipio gli osservatori era la capacità di questa musica (dei Beatles, benché la loro musica fosse più tradizionale, e poi di altri gruppi come i Rolling Stones) di provocare effetti inaspettati nei giovani, soprattutto nelle ragazze, prese da accessi isterici che le portavano ad urlare e piangere o a rompere gli schemi soliti del loro comportamento e della decenza.
Si è molto discusso su questo fenomeno, che pare l’effetto di una “liberazione” psicologica, una liberazione “dionisiaca”, favorita da quella musica svincolata dai ritmi e dalle forme classiche; una musica di tipo nuovo, con messaggi violenti di trasgressione. Una musica diffusa con un volume sonoro inusitatamente potente perché, per la prima volta, venivano usati strumenti di amplificazione e casse acustiche. È del 1966 la famosa intervista nella quale John Lennon affermò che i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo. In quello stesso anno, i Beatles diffusero immagini scioccanti, apparentemente con intenti artistici o di provocazione, come quella in cui appaiono in mezzo a bambini fatti a pezzi (effetto ottenuto mischiando bambole rotte con carne e sangue veri). È del 1971 la canzone Imagine, di John Lennon, che canta un mondo «senza paradiso » e «senza Dio». Nelle canzoni dei Beatles si fecero dunque gradualmente spazio incitamenti alla liberazione morale e religiosa e allusioni alle droghe. La loro forza fu di mantenere, almeno per qualche anno, una facciata perbene che poteva piacere agli adulti. Se John Lennon si lasciò andare a messaggi sempre più scopertamente anticristiani, i Rolling Stones proponevano contenuti satanisti (come nell’album Sympathy for the Devil, 1967) riflesso della loro vita quotidiana legata all’esoterismo e al satanismo. È noto che sulla copertina di un album dei Beatles dello stesso 1967, Sgt. Pepper Lonely Hearts’ Club Band, appaiono i ritratti di una serie di personaggi che li ispiravano e fra questi vi era un esoterista molto vicino al satanismo: Aleister Crowley. Dal punto di vista spirituale, anche i Beatles cominciarono presto a seguire l’ispirazione orientale. Il “ritorno ad Oriente”, l’attrazione per buddhismo, induismo e tecniche di meditazione orientali, divennero una moda. L’album Revolver (1966), caratterizzato da suoni sperimentali («psichedelici»), fu ispirato, secondo John Lennon, dalla lettura del Libro tibetano dei morti, opera buddhista, che veniva letta in quel tempo come “guida” psicologica nei “viaggi” (trip) condotti sotto l’effetto di droghe psichedeliche. Il libro ha l’intento di spiegare alle anime dei defunti come riconoscere i demoni. Quell’anno il gruppo iniziò a frequentare il guru Maharishi Maheshi Yogi, creatore della MT, la meditazione trascendentale. I “fabulous four” fecero anche viaggi in India.
Il messaggio ossessivo della «liberazione»
Lo straordinario successo dei Beatles s’inserì nel generale movimento di cambiamento dei costumi e nelle rivolte giovanili degli anni Sessanta, che videro presto interi quartieri di città americane o europee (San Francisco, Amsterdam) abitate da giovani dediti alle droghe e a forme di vita sociale (le “comuni”) che ricordavano il comunismo libertario degli anarchici. La grande diffusione di droghe psichedeliche, cannabis ed eroina, fu un altro fattore determinante per il cambiamento assieme ad una politicizzazione tanto pervasiva quanto vaga («lotta contro il sistema»). Negli USA ed Europa, dopo le esibizioni dei Beatles, le radio, le case discografiche e le televisioni investirono molti soldi nell’organizzazione di concerti e manifestazioni sempre più grandi (i festival di Monterey, Woodstock, Isola di Man ecc.), garantendo improvvisa visibilità ai tanti, nuovi gruppi musicali. La scena si affollò di decine di gruppi che seguivano la lezione dei Beatles e dei Rolling Stones, come i sulfurei Doors, il cui leader si considerava uno sciamano, o i Grateful Dead.
La nuova musica, che aveva come messaggio ossessivo la liberazione, portò sicuramente una ventata di creatività e suoni nuovi e coinvolgenti. Tuttavia, a distanza di tempo, possiamo constatare come tale potente mezzo espressivo sia stato usato sempre più quale veicolo di messaggi anticristiani, la cui violenza è diventata con il tempo sempre più visibile. Oggi, mezzo secolo più tardi, i canali televisivi dedicati al rock e al pop (come MTV) sono noti per essere pieni di messaggi, più o meno subliminali, blasfemi e antireligiosi. Purtroppo, i risultati si vedono. E 50 anni fa tutto iniziava apparentemente come un gioco innocente.
/* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-priority:99; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; font-family:"Times New Roman","serif";}
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl