La morte di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, avvenuto lo scorso 31 dicembre 2022, rappresenta per la vita della Chiesa e non solo un evento di assoluto rilievo. La sua parabola di intellettuale e uomo di Chiesa è unica, ha partecipato come perito assistente del cardinale Joseph Frings (1887-1978) al Concilio Vaticano II, in forza alla parte, diciamo così, progressista, poi è stato vescovo di Monaco e quindi nel 1981 fu chiamato da Giovanni Paolo II a Roma come prefetto dell’ex Sant’Ufficio, incarico che coprì per quasi 25 anni, fino all’elezione a pontefice nel 2005. Quindi dieci anni trascorsi da papa «emerito», dalla rinuncia epocale del febbraio 2013 fino alla sua morte.
È stato indubbiamente un intellettuale e un pastore capace di incidere non solo nella vita della Chiesa, ma anche nella cultura del nostro tempo. «Qualche tempo fa», ha dichiarato il vescovo di Ratisbona, monsignor Rudolf Voderholzer, «un confratello americano mi disse: “Tra 100 anni i suoi testi saranno letti nel breviario”. Ho risposto: “Sì, come i sermoni di Leone o Gregorio Magno”».
Papa Benedetto “dottore subito”, non soltanto in quanto elevato sugli altari con un percorso ad “alta velocità”, cosa che forse lo stesso Ratzinger non vorrebbe, ma in quanto “maestro” in un’epoca che ha voluto fare a meno di tutti i maestri.
In questo numero specialissimo del Timone ascoltiamo in esclusiva le voci di otto cardinali, Angelo Bagnasco, Willem Eijk, Gerhard Muller, Mauro Piacenza, Camillo Ruini, Robert Sarah, Matteo Zuppi e George Pell (1941-2023), insieme a quelle del vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi, del Patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa e del vescovo Francesco Cavina. Perché la voce di Joseph Ratzinger andrà oltre le chiacchiere del momento e le contingenze del tempo…
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