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14.12.2024

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Benedetto XIV: cultura e carità
31 Gennaio 2014

Benedetto XIV: cultura e carità

 

 


Considerato il migliore pontefice del XVIII secolo, riconquista, pur con qualche eccessiva concessione alle potenze “illuministe”, un ruolo di spicco alla Santa Sede nello scenario internazionale.

Nome: Prospero Lambertini
Data nascita: 31 marzo 1675
Elezione: 17 agosto 1740
Incoronazione: 22 agosto 1740
Durata: 17 anni, 8 mesi, 16 giorni
Data morte: 3 maggio 1758
Sepolto: S. Pietro
Posizione cronologica: 247

 

Nel corso del più lungo conclave dell’era moderna, durato sei mesi con 255 scrutini, il cardinale di Bologna Prospero Lambertini, per sdrammatizzare la situazione, così amava ripetere ai confratelli un po’ incupiti: «Volete voi un santo? Prendete Gatti; un politico? Prendete Aldobrandini; ma se volete un buon uomo, prendete me!». L’atteggiamento allegro e autoironico tenuto anche in queste circostanze, rivelano il carattere bonario e argutamente spiritoso del futuro Benedetto XIV, il cui pontificato, considerato da molti il più illustre del secolo, riacquisterà al papato prestigio e rispetto internazionale, nonostante un clima di crescente anticattolicesimo “illuminista”.
Aperto e sensibile, Benedetto XIV è munito di vastissima cultura, soprattutto in campo ecclesiale, al punto da essere reputato il fondatore della storia del diritto ecclesiastico e uno dei più grandi canonisti e legislatori della Chiesa. Darà una forte impronta riformistica al proprio pontificato, snellendone e ammodernandone la struttura, oltre a fondare accademie letterarie, cattedre di matematica, chimica, chirurgia e archeologia.

Prospero Lambertini nasce il 31 marzo 1675 in una nobile famiglia decaduta. Dopo gli studi presso l’istituto dei padri Somaschi a Bologna, si trasferisce a Roma nel Collegio Clementino. Si laurea a 19 anni e nel 1701 Clemente XI (1700-1721) lo nomina avvocato concistoriale. La sua preparazione gli permette una rapida “carriera” sino a diventare segretario della Congregazione del Concilio. In questo periodo scrive l’importante opera sui processi di canonizzazione, tutt’ora considerata un classico: il De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione.
Nel 1725 è consacrato vescovo titolare di Teodosia e in seguito Clemente XII (1730-1740) lo crea arcivescovo di Bologna, ufficio nel quale si distingue per efficienza e dedizione.
Dopo l’elezione avvenuta il 17 agosto 1740, Benedetto XIV con realismo ricerca tenacemente, ove possibile causa il crescente clima anticlericale, la concordia con gli Stati per mezzo di numerosi Concordati stipulati spesso con ampie concessioni (attirandosi per questo aspre critiche), poiché ritiene importante evitare alla Santa Sede conflitti inutili e un pericoloso isolamento politico. All’inizio del pontificato affronta con spirito conciliatorio l’aspra guerra per la successione austriaca (1740­1748). Alla morte dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo nel 1740, la figlia Maria Teresa rivendica sia la propria candidatura al regno d’Austria, a norma della Prammatica sanzione, sia la candidatura del marito Francesco di Lorena alla corona imperiale. Benedetto accorda a Maria Teresa il diritto ereditario per l’Austria, ma mantiene la neutralità per il trono dell’Impero, rompendola per riconoscere l’elezione del principe elettore Carlo Alberto di Baviera (Carlo VII), suscitando le ire di Maria Teresa. Durante il conflitto, i territori dello Stato della Chiesa diventano spesso corridoi per il transito delle truppe nemiche. L’improvvisa morte di Carlo VII e la successiva salita al trono di Francesco I con il sostegno tardivo del Papa portano al termine delle ostilità e alla firma, nel 1748, dalla pace di Aquisgrana che, peraltro, lede gravemente i diritti feudali della Santa Sede sui ducati di Parma, Piacenza e Guastalla.
Il primo Concordato ad essere concluso è con il Regno di Sardegna nel 1741. Si succedono poi in rapida successione gli accordi con il Regno di Napoli, con il Portogallo e con la Spagna nel 1753 (un’intesa molto onerosa economicamente, poiché toglie alla Chiesa delle entrate dalle diocesi iberiche il cui patronato passa al re spagnolo).

Benedetto risolve anche l’annosa questione tra Austria e Venezia circa il patriarcato di Aquileia, rivendicata da entrambe le potenze in cui però da qualche tempo sono eletti al seggio patriarcale solo veneziani. Il 6 luglio 1751 il pontefice divide il patriarcato in due nuove arcidiocesi rette dai due governi, sottoponendo però la chiesa patriarcale di Aquileia direttamente al controllo del Vaticano.
Benedetto interviene inoltre con una certa severità nel regolamentare i riti cinesi e i riti “malabarici” dell’India meridionale, verso cui i missionari sono stati in passato un po’ troppo indulgenti. Più “morbido” sarà l’atteggiamento verso i riti latini orientali, ai quali non imporrà l’accoglimento della liturgia romana.
Oltre al nepotismo, il problema principale per la riforma della Chiesa è il risanamento dell’erario. Benedetto riequilibra le spese introducendo nuove tasse, favorendo contemporaneamente nuove attività commerciali e agricole. In queste misure, a volte anche rigide, è molto attento a che il popolo abbia sempre il necessario per vivere.
Nel 1741 dà inizio alla riforma del Breviario, che però terminerà solo dopo la sua morte, per migliorare la purezza della liturgia nello spirito del concilio di Trento. Assai importante è la disposizione Matrimonia quae del 1741, altrimenti detta “Benedectina”, in cui sono riconosciuti i matrimoni tra cattolici e non cattolici. Pur restando valida la norma del concilio di Trento sul matrimonio cattolico che deve essere contratto obbligatoriamente davanti al parroco e a due testimoni, nelle unioni miste il matrimonio è ugualmente valido anche se celebrato davanti ad un ecclesiastico non dipendente da Roma Il provvedimento è di fondamentale importanza nelle zone dove sono professate diverse confessioni.
Nel 1750 indice l’Anno Santo, durante il quale nel solo mese di aprile offre ai pellegrini bisognosi 43.000 pasti. Spesso si confonde con i fedeli nelle code, tralasciando ogni etichetta, per discorrere con loro e condividerne l’esperienza. Negli anni successivi si oppone al giansenismo, rinnova la scomunica alla Massoneria, colpisce l’usura e proibisce fermamente i duelli. Grande spazio darà allo sviluppo degli studi scientifici e filosofici, così come allo sviluppo architettonico del patrimonio sacro della città.
Riforma l’Inquisizione e soprattutto rivede l’Indice dei libri proibiti: condanna vari scritti illuministici, tra cui L’esprit des lois di Montesqueu e “riabilita” i libri di Galileo Galilei, esortando nei giudizi l’adesione ad una maggior scientificità di metodo e la fedeltà ai dogmi della Chiesa, tralasciando i giudizi personali.
In molti paesi cattolici è iniziato in questo periodo una reazione molto critica intorno ai Gesuiti, avviata dal presidente del governo portoghese, il marchese di Pombal. Benedetto è costretto ad aprire un’inchiesta per verificare se le accuse mosse siano fondate. Certamente avrebbe sottoposto l’Ordine ad una riforma, non al suo scioglimento, se non fosse intervenuta una polmonite che lo porterà al decesso un mese dopo. Al momento del trapasso pronuncia queste parole che ben riassumono lo stile e l’umiltà che lo hanno contraddistinto in vita: «Io ora cado nel silenzio e nella dimenticanza, l’unico posto che mi spetta. Sic transit gloria mundi».

 

 

RICORDA

«Pietro, per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi».
(Benedetto XVI, catechesi in Piazza S. Pietro del 7 giugno 2006). 

 
 
 

 
 
IL TIMONE – N. 58 – ANNO VIII – Dicembre 2006 – pag. 54 – 55

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