Il popolo d’Israele era accampato a Refidim. Lì era avvenuto il grandioso miracolo dell’acqua che Mosè aveva fatto scaturire dalla roccia, percuotendola con il suo bastone, per ordine di Dio.
La moltitudine dei figli d’Israele poteva vivere nella serenità e nella certezza che il suo Dio vegliava su di essa. Invece, ecco un’insidia non prevista. Una schiera di guerriglieri di Amalek, antichissimo popolo arabo, assalì gli israeliti per derubarli e farne strage.
Mosè convoca Giosuè (è la prima volta che si parla di lui) perché organizzi un esercito per combattere contro Amalek. Mosè, Aronne e Cur, intanto, salgono sulla cima del colle e di là seguono l’andamento della guerra. Mosè alza le braccia verso il cielo in atteggiamento di preghiera. Ai suoi lati stanno Aronne e Cur. Finché Mosè tiene le braccia alzate, Giosuè riesce a vincere gli amaleciti, ma quando Mosè, per la stanchezza, abbassa le braccia gli amaleciti hanno il sopravvento. Aronne e Cur cercano al più presto un rimedio: fanno sedere Mosè su una grossa pietra e si pongono uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, per sostenerne le braccia alzate verso il cielo. Tutti dovranno comprendere che il Signore combatte per loro, che senza di lui non potrebbero vincere quel nemico. È scritto che le braccia di Mosè rimasero alzate verso il cielo fino al tramonto del sole e Amalek fu vinto. Il Signore decretò la fine totale degli amaleciti. «Allora il Signore disse a Mosè: “Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalek sotto il cielo”». Così ci è rivelato che Mosè teneva un libro, noi diremmo un “diario”, nel quale scriveva via via gli eventi del suo peregrinare nel deserto e non solo quanto ci è narrato di lui, ma anche le prime pagine della Sacra Scrittura. Questo valga per tutti coloro che mettono in dubbio la verità della rivelazione fin dal principio.
Un altro rilievo importante è che Mosè ha la certezza che quella insperata vittoria è solo opera di Dio. Si è visto che quando, per la stanchezza, egli abbassava le braccia, Amalek aveva la meglio in quella guerra, per cui il merito di quella vittoria non fu solo di Giosuè: Mosè gli rivelò certamente quale era stato l’aiuto di Dio. È quasi superfluo dire che questo fatto è un insegnamento preziosissimo per tutti i credenti. Infine, l’assalto di Amalek alle schiere d’Israele fu la goccia che fece traboccare il vaso. La violenza, la perfidia, la viltà degli amaleciti erano giunte al colmo, perciò il Signore dichiara che li annienterà. Questo è l’agire di Dio. Lo si è visto nel diluvio, nella distruzione della Pentapoli di Sodoma, lo si vedrà per Gerico e per le città dei cananei e così sarà anche per la fine del mondo. Ora, nella Bibbia si narra l’incontro di Mosè con Jetro, suo suocero, che gli riconduce la moglie e i suoi due figli, Gherson ed Eliezer. Quando Mosè narra a Jetro le grandi cose che il Signore ha operato per il suo popolo, Jetro esclama: «Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi».
Vi è poi un altro episodio che mette in evidenza, da un lato, la saggezza di Jetro e, dall’altro, l’umiltà di Mosè. Jetro vede che Mosè riceve, dal mattino alla sera, tutte le persone che avevano contrasti tra di loro e volevano da lui una sentenza di giustizia. Questo ci rivela che le occasioni di litigi, fra gli ebrei, erano molte. Jetro è impressionato dal fatto che Mosè voglia ascoltare tutti e gli dice: «Non va bene quello che fai! Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo». E gli consiglia di prendere uomini intelligentissimi che siano «capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine» per dirimere tutti i contrasti che potevano sorgere nel suo popolo. Mosè ascolta il consiglio di Jetro, mostrando di avere umiltà e saggezza. Infatti egli «scelse in tutto Israele uomini capaci e li costituì alla testa del popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. Essi giudicavano il popolo in ogni circostanza: quando avevano affari difficili li sottoponevano a Mosè, ma giudicavano essi stessi tutti gli affari minori». Anche questo fatto dimostra che non era facile la convivenza degli israeliti. Potevano esservi tra loro molte cause di scontento che aggravavano gli inevitabili disagi della loro vita nel deserto.
IL TIMONE – N. 48 – ANNO VII – Dicembre 2005 – pag. 60