Che cos’è la preghiera? E, in particolare, che cos’è la preghiera cristiana? E atto dell’uomo o è atto di Dio? In verità, nessun uomo può pregare se ciò non è suscitato da Dio; recitare formule è un conto, essere nella preghiera è un altro. E questo perché la preghiera, prima di ogni altra cosa, prima ancora che si esprima nelle sue varie modalità, di lode o di ringraziamento, di supplica o di intercessione, è uno stato d’essere. Pregare è riporre la propria vita in Dio. San Giovanni Damasceno (VII sec.) scriveva: «La preghiera è elevazione dell’anima a Dio». Pregare è quindi un atteggiamento del cuore, in particolare un atteggiamento di umiltà: una rinuncia al proprio orgoglio, per porre la propria fiducia in Dio. Quanto a noi, «nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare», diceva San Paolo (Rm 8,26). L’umiltà è dunque il fondamento della preghiera, «la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera» (CCC 2559).
La preghiera, più che esprimere la nostra ricerca di Dio, esprime la ricerca di Dio verso di noi. Più che esprimere la nostra sete, esprime la sete che Dio ha di noi: «Egli ci cerca per primo ed è lui che ci chiede da bere. Gesù ha sete; la sua domanda sale dalle profondità di Dio che ci desidera. Che lo sappiamo o no, la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui» (CCC 2560).
La nostra preghiera di domanda è, in realtà, già una risposta. Qualunque sia il linguaggio della preghiera, è tutto l’uomo che prega. Ma da dove viene la preghiera? Per più di mille volte, nella Sacra Scrittura è detto che la preghiera viene dal cuore: è il cuore che prega. Dicendo questo ci indica che la preghiera viene dallo spirito, viene da Dio, perché il nostro cuore è la dimora di Dio in noi. È anche la dimora dove io sto (o dovrei stare), dove io abito o, semiticamente parlando, dalla quale discendo. «È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’Alleanza» (CCC 2563). La preghiera cristiana è dunque relazione d’alleanza, un’alleanza fra Dio e l’uomo, realizzata in Cristo. È sia azione di Dio sia azione dell’uomo. Sgorga sia dallo Spirito Santo sia da noi. Nella nostra vita è, di fatto, la fedele compagna, l’amica sincera, l’alleata continua. Possiamo dire che la preghiera è la prua alta con cui affrontiamo i marosi della vita. Pregare è fidarsi, è posarsi in Dio, anziché nelle cose e nelle creature. Pregare è scegliere Dio: sceglierlo al posto della propria fragilità. La preghiera è una consegna totale, è lasciare agire Dio perché è il Signore. Lasciare che compia lui le nostre opere. Pregare non è dire parole, ma lasciare che il Verbo dialoghi attraverso di noi.
È parlare con le parole di Dio, lasciare fluire dall’anima un linguaggio di segni arcani che racchiudono tutta l’efficacia della Grazia. Pregare è amare, perché a esprimersi non sono le nostre parole, ma il Verbo dell’Amore.
La preghiera, dunque, è la Vita. È la Via. È l’Essere.
È il ritorno alla propria origine; al proprio senso; alla propria storia. È ripercorrere il cammino della storia della salvezza, posare i nostri passi sulle orme dei Padri, dei Profeti, dei Patriarchi, dei Santi. Pregare è, come nella metafora del figliol prodigo, un ritorno al Padre. Un abbandono alla sua volontà.
IL TIMONE N. 71 – ANNO X – Marzo 2008 – pag. 61
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