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15.12.2024

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Chi crede in Gesù risorto è salvo
31 Gennaio 2014

Chi crede in Gesù risorto è salvo

 

 


«Perché se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso» (Rom 10,9-11)

Il titolo può indurre in errore. Basta che dica “credo nella Resurrezione di Gesù” ed è fatta!
Il problema è, come sempre, capire la parola di Dio nel suo senso giusto.
La prima cosa da capire è il senso vero e profondo della resurrezione. Che cosa vuol dire credere che Gesù è risorto? Alfred Loisy (1857-1940), l’esponente più significativo di quella corrente teologica conosciuta con il nome di “modernismo” – che san Pio X ha condannato all’inizio del secolo scorso come una eresia, anzi, come la sintesi di tutte le eresie – , scriveva in uno dei suoi libri più significativi che «La resurrezione di Cristo non è un fatto di ordine propriamente storico» (Autour d’un petit livre, p. VIII). Loisy si stupisce che i suoi libri sono condannati e proibiti da tanti vescovi, i più importanti della Francia. Lui, in fondo, scrive solo da scienziato e da storico e la storia rispetto alla fede è tutt’altra cosa. Il suo stupore si condensa in questa frase: la resurrezione non ha propriamente a che fare con la storia. Credo che in quell’affermazione stia la vera essenza del modernismo. Oggi va di moda dire che san Pio X ha commesso un grave errore nel combatterlo, mentre in realtà è proprio vero il contrario: così facendo ha salvato la Chiesa e ha corrisposto in modo eroico alla sua vocazione di successore di Pietro. Nella terribile lotta contro questa eresia è rimasta coinvolta anche qualche persona che non c’entrava e che poi si è avuto modo di “riabilitare”, ma lamentarsene troppo avrebbe la stessa logica di quella signora che protestava con i pompieri, dopo che gli avevano salvato la casa dall’incendio, perché la sua tappezzeria era rimasta rovinata dagli spruzzi dei loro idranti.
In realtà, lo storico non trova i segni di Dio nella storia, perché la sua storia (meglio: storiografia) vuole essere solo descrizione di ciò che è ordinario e umano. Ma la scienza autentica non può accettare preclusioni aprioristiche: se si pone dei limiti metodologici li accetta umilmente come tali e non come criteri di verità. Se, per esempio, mi impongo di descrivere solo ciò che i documenti affermano e di vagliare il loro valore, non posso assumere come criterio a priori che qualunque “miracolo”, cioè qualunque intervento di Dio trascendente nella storia degli uomini è “leggendario”, cioè “fabbricato dall’uomo”. Lo storico onesto, per es., non potrà mai concludere che la sua scienza storica dimostra che “Gesù è il Signore”, ma potrà e dovrà concludere che la credenza in “Gesù Signore”, cioè in “Gesù Dio” non si è fatta luce a poco a poco come una elaborazione della comunità, ma è apparsa improvvisamente e subitaneamente in un modo che propriamente gli sfugge (cfr. Larry W. Hurtado, Come Gesù divenne Dio, Paideia, 2010).
Che cosa distingue propriamente un cristiano da un non cristiano? Non il fatto che il cristiano è pieno di ammirazione per la persona storica di Gesù di Nazaret e quindi lo crede un grandissimo uomo, perché oggi nel mondo sono tantissimi quelli che credono altrettanto, anche all’interno di altri gruppi religiosi: per molti induisti Gesù è un avatar di Vishnu; per l’Islam è un profeta, così grande da giudicare anche Maometto alla fine dei tempi; per la stragrande maggioranza degli ebrei attuali è un grande ebreo ingiustamente ucciso dai romani. Trovare al giorno d’oggi qualcuno che non ha mai sentito parlare di Gesù o che non lo considera un uomo straordinario è molto difficile. Anche nel nostro Occidente laicista c’è il vezzo di parlare con enfasi di Gesù di Nazaret, magari cercando il “vero” Gesù (e ciascuno ne trova uno diverso dall’altro…) da contrapporre a quello “falso” proposto dalla Chiesa.
Per i cristiani veri il problema è sempre stato molto diverso ed è ben descritto dalla relazione del procuratore Porcio Festo al re Agrippa, riportata nel capitolo 25 degli Atti degli Apostoli, dove il litigio che contrappone Paolo e i notabili ebrei di Gerusalemme è da lui percepito in questo modo: «Quelli che lo incolpavano […] non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo». Ciò che fa il cristiano veramente cristiano è ritenere fermamente che Gesù è “Signore”, cioè “Dio” e che ora – in questo preciso momento – è vivo. Non vivo in quanto Dio, perché come tale non è mai morto né avrebbe potuto esserlo, ma in quanto uomo. Il Dio fatto uomo è morto, ma ora vive ed opera. Questo operare divino-umano di Dio si realizza attraverso la Chiesa, che è il suo Corpo e – nella Chiesa – in modo particolare nella liturgia, il cui cuore è la celebrazione eucaristica. In essa Gesù è presente nella persona del ministro, che agisce in persona Christi; nella sua parola quando le Scritture sono proclamate e spiegate; soprattutto sotto le specie eucaristiche. Dal cuore eucaristico si dipana una presenza che è attiva e potente nei sacramenti e anche in ogni preghiera della Chiesa, in modo particolare quelle “ufficiali”, come per es. le lodi e i vespri.
Proclamare con la bocca e credere con il cuore prende allora tutto il suo significato: vuol dire partecipare con fede a quella speciale presenza del Signore risorto nei sacramenti della Chiesa, al cui centro sta la Messa. Lì, la morte del Signore è sempre presente, come atto di infinito ed onnipotente amore, da cui sgorga quella vita divina e trascendente che vince il mondo.

 

 

 

 

IL TIMONE N. 96 – ANNO XII – Settembre/Ottobre 2010 – pag. 60

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