Chi è, o chi sono, i padroni del mondo? Chi comanda veramente in questo mondo? Può sembrare una domanda oziosa, o – addirittura – una domanda stupida. Se consideriamo il mondo da un punto di vista teologico, alla luce del pensiero biblico, la risposta ovvia non può essere che una: Dio. Il mondo lo ha creato Dio e lui, e soltanto lui, ne rimane il padrone.
Tuttavia ci sono delle espressioni nella Scrittura che legittimano il dubbio. Si parla per esempio di «dominatori di questo mondo tenebroso» (Ef 6,12) e soprattutto si dice che c’è un «principe del mondo» (Gv 14,30). Si ammonisce noi che siamo stati battezzati, ricordandoci che «un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi» e per questo «eravamo per natura meritevoli d’ira [figli dell’ira], come gli altri» (Ef 2,3). L’espressione «figli dell’ira» appare molto misteriosa, ma se la mettiamo in connessione con un altro versetto della stessa lettera agli Efesini si chiarisce un po’: «Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, [e] non date spazio al diavolo» (Ef 4,26-27). Ho messo la congiunzione “e” tra parentesi quadra, per sottolineare che nel testo greco non c’è e la sua aggiunta può indurre a pensare che il collegamento tra il diavolo e l’ira sia puramente accidentale. No! L’ira è una passione che – in quanto tale – non è né buona né cattiva: quando però è peccaminosa si tratta di qualcosa di estremamente pericoloso, perché ci mette per così dire in sintonia con le forze del male, con i «dominatori di questo mondo tenebroso», con «il principe di questo mondo» (Gv 12,31).
Da dove deriva questa “sintonia”, questa misteriosa e sinistra “empatia”? Essa si ricollega con l’origine del peccato, cioè del male in assoluto, che la Bibbia ci dice essere nella sua ultima radice un uso sbagliato della libertà. Non un semplice “errore”, come tendevano a dire i primi filosofi greci, ma una vera e propria, consapevole e quindi veramente voluta, “cattiveria”. Qualcosa di paragonabile ad un tradimento, al venir meno di un patto, di cui il patto matrimoniale rappresenta il modello più adeguato.
L’ira come passione può anche essere buona. Pensiamo all’ira di Gesù davanti allo scandaloso spettacolo dei mercanti nel tempio. È sbagliato pensare che – in quell’occasione – a Gesù “è scappata la pazienza”, perché questo sarebbe un peccato che dobbiamo togliere in assoluto dalla vita di colui che è venuto proprio per liberarci dal peccato (cfr. Eb 4,15). Gesù è stato colto da una santa ira, alla quale ha dato, volontariamente e consapevolmente, retta. L’ira “peccato” è invece proprio il rifiuto della pazienza, cioè della sottomissione alla volontà di Dio che si manifesta nei fatti della vita e che si traduce in perseveranza, nonostante le prove che essa comporta. Perseveranza e sottomissione tanto più difficili quanto le prove ci appaiono incomprensibili, contrarie alla logica che noi possiamo o vogliamo capire nel progetto della nostra vita.
Questa “ira” peccaminosa e pericolosa ci mette in connessione con il peccato primo, il peccato esemplare ed originale, che sta a monte di quello che comunemente chiamiamo così, indicando con queste parole il peccato dei nostri progenitori. Questo peccato assolutamente primo è il peccato di una parte degli angeli che avevano ricevuto da Dio l’incarico di cooperare alla sua Provvidenza sul mondo materiale. Questi angeli erano effettivamente e legittimamente dei “signori” e dei “padroni”. Peccando però – e il loro peccato ha comportato una terribile e sinistra “ira”, cioè una ribellione cattiva e consapevolmente sovversiva – hanno trasformato il loro legittimo dominio in un sopruso per cui “questo” mondo è divenuto per loro colpa un mondo di “tenebra”.
Dio però non ha rinunciato al suo legittimo potere, “ricapitolando” ogni cosa in Cristo Gesù (cfr. Ef 1,10), per cui tutti coloro che crederanno in lui verranno sottratti al mondo di tenebra e posti sotto il mondo della luce. Verranno sottratti a “questo” mondo, per entrare nel mondo “che viene”: «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui» (Gv 3,36).
Chi sono i padroni del mondo? Il diavolo è il padrone perdente e ormai esautorato, il Figlio di Dio è il vero Re del mondo “che viene”, cioè che si sta ormai instaurando.
IL TIMONE N. 112 – ANNO XIV – Aprile 2012 – pag. 60
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