Bisogna obbedire al giudizio morale della propria ragione, ma quella del malvagio è oscurata dal male. Egli si inganna per colpa sua, dunque i suoi atti malvagi sono colpevoli, anche se crede di essere nel giusto. Breve analisi di alcune concezioni errate
Un breve passaggio della lettera e dell’intervista di Papa Francesco a Eugenio Scalfari (fondatore del quotidiano “la Repubblica”) ha lambito il tema della coscienza, tema di enorme importanza morale. A partire da questo breve passaggio, alcuni hanno sintetizzato: «chi segue la sua coscienza si salva», «il bene è seguire la propria coscienza ». È vero? A volte sì, persino quando la coscienza è in errore, ma a volte no. Andiamo con ordine.
Che cos’è la coscienza
In ambito morale la coscienza designa la ragion pratica (cioè la ragione quando regola e ordina la prassi umana) quando emette un atto interiore di giudizio morale, cioè quando si esprime circa il bene/male di un’azione che un soggetto valuta se compiere o sta compiendo o ha già compiuto (alcuni eticisti dicono che l’atto della coscienza riguarda solo gli atti futuri e quelli passati, e quelli presenti li attribuiscono alla sfera di competenza della saggezza: a noi qui non interessa scendere nel dettaglio). Quando parliamo di «voce della coscienza» a volte designiamo col termine coscienza la ragione umana quale principio di questi atti interiori di giudizio morale, a volte designiamo la «voce» stessa, cioè il giudizio pronunciato dalla ragione.
Concezioni errate
Secondo un’interpretazione divinizzante della coscienza, quest’ultima è infallibile: ciò equivale a dire che essa coglie sempre la verità sul bene/male, senza mai cadere in errore. È un’interpretazione divinizzante perché trascura la limitatezza umana.
Secondo un’interpretazione soggettivista, la coscienza è costitutiva-creativa del bene/ male: un’azione è buona/malvagia perché così decide il soggetto, il quale, se decidesse diversamente, la renderebbe malvagia invece che buona, o buona invece che malvagia. Così, per esempio, se una donna abortisce, ciò risulta buono se e perché (a causa del fatto che) questa donna ha deciso che sia buono.
Ora, però, se queste due posizioni fossero vere, ne seguirebbe che, se Hitler e Stalin in coscienza hanno giudicato buoni gli stermini che essi hanno fatto eseguire, allora tali stermini sarebbero buoni e Hitler e Stalin sarebbero tra i salvati (cosa di per sé non impossibile, ma solo a condizione – come minimo − di un pentimento). In effetti, come diremo oltre, è abbastanza probabile che, circa non poche delle loro scelte mostruose, Hitler e Stalin possano essere arrivati a pensare di fare il bene.
Inoltre, la coscienza non è infallibile per un altro motivo. Infatti, a volte, la coscienza di due o più persone diverse esprime valutazioni opposte su un’azione comune, cioè, a volte, la coscienza di Tizio e quella di Caio, che devono valutare una loro azione comune (cioè un’azione di Tizio-insieme-a-Caio), pronunciano giudizi contrastanti. Per esempio, Tizio e Caio sono soci di un’impresa e Tizio in coscienza ritiene moralmente giusto che lui e Caio licenzino un dipendente, mentre Caio, in coscienza, lo ritiene ingiusto. Siccome due giudizi contraddittori non possono essere entrambi veri, ne segue che la coscienza non è infallibile, perché a volte i giudizi di coscienza sono in contraddizione tra loro.
Inoltre, contro l’infallibilità della coscienza si staglia anche l’esperienza del rimorso per un’azione che in passato abbiamo valutato diversamente. Se io oggi provo rimorso per l’azione x, che in passato avevo valutato buona, i casi sono due: o la mia coscienza si è sbagliata in passato, oppure la mia coscienza sbaglia adesso a provare rimorso.
Per un’altra posizione è vero che il giudizio della coscienza circa il bene/male può essere erroneo, però seguire la propria coscienza erronea è sempre salvifico o (tralasciando la questione della vita ultraterrena) comunque moralmente buono.
Anche qui si può ribattere che, allora, se Hitler e Stalin in coscienza ritenevano di essere nel giusto quando facevano sterminare milioni di persone innocenti, allora essi sono tra i salvati (anche senza alcun pentimento) o comunque essi agivano moralmente bene.
In effetti, c’è chi accetta questa conclusione e non si lascia scalfire da questa obiezione…
La conoscenza del bene/male
Pertanto, bisogna considerare la questione dell’imputabilità morale, su cui ho già scritto un articolo per esteso (“il Timone”, 49 [2006], pp. 32-33, reperibile su www.iltimone. org) a cui rimando, per le questioni che qui non posso trattare.
Come l’antica tradizione della legge morale naturale ha argomentato in vari modi (al riguardo rinvio a G. Samek Lodovici, L’emozione del bene, Vita e Pensiero 2010, pp. 217-264), di per sé, la ragione umana è in grado di percepire da sola, in modo generico, il bene/male:
– sia cogliendo i principi morali più generali in astratto;
– sia cogliendo il bene/male a grandi linee in concreto.
Più difficile, ma comunque possibile, è cogliere in astratto dei principi morali più specifici e percepire in concreto nel dettaglio il bene/male, nella multiforme varietà delle situazioni in cui l’uomo si trova ad agire.
Poi, quanto più si scende in situazioni particolari e in casi particolarmente difficili, tanto più soltanto l’uomo moralmente saggio è in grado di valutare correttamente in concreto il bene/male.
Infine, a volte non ci riesce nemmeno lui, appunto perché (come detto sopra), la ragione umana non è divina e può errare. In effetti la conoscenza della legge morale naturale e del bene/male da parte della ragione può essere ostacolata da vari fattori.
Tipi di errore della coscienza
La coscienza che sbaglia, cioè la coscienza erronea, può essere caratterizzata da un’ignoranza di quattro tipi.
I) Vincibile-con dubbi, quando il soggetto sta sì sbagliando la valutazione morale, ma ha appunto il pensiero che forse egli sta errando.
II) Invincibile-senza dubbi, quando il soggetto sta sbagliando senza avere alcun dubbio.
III) Colpevole (cfr. s. Tommaso), quando risulta da una colpa, e tale ignoranza può essere di tre tipi.
1. Ignoranza voluta, quando (poiché non voglio avere remore morali) scelgo di non sapere qual è la moralità dell’atto, cioè scelgo di non sapere se l’atto che sto compiendo è moralmente buono/cattivo (per es., scelgo di non sapere se una certa condotta che previene la possibilità di concepire dopo un atto sessuale sia buona/malvagia).
2. Ignoranza dovuta a negligenza, causata dall’omissione del dovere di informarsi, il quale concerne: a) le conoscenze-principi giuridici e morali generali, le leggi più importanti di un paese; b) le conoscenze della mia professione (quelle che deve possedere un chirurgo, un ingegnere, ecc.: pur essendo ingegnere, non ho studiato statica, perciò ignoro come costruire una casa, il cui crollo uccide delle persone); c) l’identità dell’atto che sto compiendo (se sono un medico e faccio una trasfusione devo appurare, se possibile, se il sangue della persona a cui faccio una trasfusione è compatibile con quello del donatore).
3. Ignoranza dovuta a voluntarium in causa, quando il soggetto vuole qualcosa da cui scaturisce quell’ignoranza (voglio ubriacarmi e perciò perdo consapevolezza).
IV) Incolpevole, quando non è causata né da 1, né da 2, né da 3 (per es. sono diventato pazzo).
L’ignoranza scusa?
− L’ignoranza incolpevole e invincibile-senza dubbi scusa, cioè toglie la colpa morale di un atto moralmente sbagliato (dico in buona fede una cosa falsa ritendendo che sia vera e la mia ignoranza non è dovuta a una mia negligenza; credo di dare un’aspirina a un cliente della mia farmacia, ma in realtà gli do una scatola di compresse che lo fanno morire, perché la casa farmaceutica ha inserito delle compresse che non sono aspirina).
− L’ignoranza vincibile-con dubbi (che sia colpevole o incolpevole non conta) non toglie la colpa morale di un’azione moralmente sbagliata se non ho cercato di dissipare i dubbi: se ho dei dubbi morali ho il dovere morale di cercare di dissiparli (ad es., finché ho il dubbio sulla status umano/non umano dell’embrione non devo ucciderlo), però può attenuarla. Se l’ignoranza è vincibilecon dubbi devo cercare di risolvere i dubbi etici prima di agire.
− L’ignoranza colpevole voluta aggrava la colpevolezza morale.
− L’ignoranza colpevole causata da una negligenza e l’ignoranza colpevole causata da voluntarium in causa attenuano la colpevolezza morale ma non la tolgono.
Seguire sempre la coscienza?
La nostra coscienza, che ci dice che una certa azione è buona/malvagia, ci obbliga sempre, cioè la dobbiamo sempre seguire, anche se è in errore-ignorante, cioè è sempre sbagliato agire contro il suo giudizio: se la coscienza mi dice che un’azione è malvagia io devo seguirla, anche se essa si sta sbagliando. Infatti, io non mi rendo conto che essa si sta sbagliando: quindi, quando non la seguo, quando cioè compio ciò che essa ha erroneamente giudicato malvagio, con ciò stesso voglio fare una cosa pensando che sia un male, mentre invece il male non bisogna mai volerlo fare, perciò già questo mio mettermi a fare un (presunto) male mi rende cattivo. Se faccio ciò che la coscienza erronea giudica malvagio, agisco moralmente male anche se, senza saperlo, sto facendo una cosa buona (dico a Tizio una cosa vera pensando però che sia falsa e volendolo ingannare: nel corso di un incendio dico a Tizio che lungo una certa scala c’è una via di fuga, pensando invece che per quella scala l’incendio divampi, cioè lo indirizzo là per farlo morire: in realtà, quella scala è effettivamente percorribile e Tizio si salva grazie al mio consiglio): agisco moralmente male perché il mio volere (che, nell’esempio, vuole ingannare e far morire) è cattivo.
Un dovere gravissimo
Se è vero che dobbiamo seguire la coscienza anche quando è erronea, nondimeno essa scusa solo quando la sua ignoranza è invincibile e incolpevole. Perciò, ognuno ha il gravissimo dovere di cercare di rendere retta la sua coscienza, di evitare qualsiasi forma di ignoranza colpevole e, se possibile, di dissipare quella vincibile.
Conclusione: come dice già Aristotele (Etica Nicomachea, 1113b 2 ss.), la coscienza del malvagio, dell’orgoglioso, dell’intemperante, ecc. è oscurata dalla sua vita inquinata dal male, dunque la sua coscienza, non di rado, per sua colpa si inganna sul bene/male (è probabilmente il caso di Hitler e Stalin). Così, il fatto di seguire la coscienza non toglie la sua colpa morale, perché è appunto per colpa del soggetto che la sua coscienza si è oscurata.
Per saperne di più…
Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I-II, q. 6, q. 19, aa 5-6, q. 71, aa 5-6, q. 73, aa 6-7, qq. 76 e 77; De Malo, q. 3, a. 8.
Angel Rodriguez Luño, Etica, Le Monnier 1992, pp. 150-154, 246-253.
André Léonard, Il fondamento della morale, San Paolo 1994, pp. 263-271.
Joseph De Finance, Etica generale, Edizioni del Circito 1967, pp. 360-385.
Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, §§ 31- 34, 54-64.
AA.VV., La coscienza, LEV, 1996, in particolare il saggio di Joseph Ratzinger, Coscienza e verità.
IL TIMONE N. 127 – ANNO XV – Novembre 2013 – pag. 30 – 31
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl