Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

11.12.2024

/
Chiarezza sui trapianti
31 Gennaio 2014

Chiarezza sui trapianti

 

 

 

 

Sul trapianto di organi il dibattito è ancora aperto., ma il giudizio morale non può fare a meno di alcuni “punti fermi”. Eccone alcuni in sintesi.

 

Sono ormai trascorsi 35 anni dal giorno in cui un chirurgo di nome Barnard praticò in Sudafrica il primo trapianto d’organo, innestando un cuore in uno dei suoi pazienti. Da quel momento ha preso il via l’inarrestabile ascesa delle tecniche di trapianto, che oggi sono assai diffuse.
L’atteggiamento della cultura dominante nei confronti del trapianto è generalmente di totale approvazione: da Tv e giornali si levano appelli insistenti affinché ognuno diventi donatore. Nel cimitero di tutti i doveri morali tipici della tradizione cristiana, questo “precetto” ha sostituito e riassunto ogni altra etica pubblica: l’uomo del terzo millennio dimostrerà la sua bontà disponendo che i pro-pri organi siano usati dalla medicina per salvare altre vite.
Su ogni altra questione morale vige il più sfrenato relativismo, ma sui trapianti d’organo vale il nuovo “dogma” laico: chi non dona gli organi è un cattivo cittadino e un egoista.
Questo giudizio morale è giusto? La donazione d’organi pone interrogativi di carattere morale e antropologico, oppure è comunque sempre “buona”? E la Chiesa, che cosa ne pensa e che cosa insegna? Tentiamo di tracciare un quadro sintetico del problema.
Di fronte alla possibilità di trapiantare organi in un soggetto ammalato, si colgono almeno quattro “punti caldi” che interrogano il giudizio morale di ogni uomo:
a. l’taccerntamento doella morte
b. il consenso del donatore
c. il valore e il significato del corpo umano dopo la morte
d. i rischi di derive utilitari-stiche potenziali

a. L’accertamento della morte
Affinché un trapianto sia moralmente accettabile, il primo presupposto imprescindibile è che il prelievo avvenga da un soggetto certamente morto.
La medicina ha sempre accertato l’avvenuto decesso osservando che, quando una persona muore, il suo cuore cessa di battere e il suo respiro si ferma. Ciò non significa, per altro, che l’uomo si identifichi con il suo cuore o con i suoi polmoni, ma che l’osservazione di questi organi è rivelatrice dell’evento del morire. A partire dal 1968, però, si è affermato un nuovo strumento di accertamento, il “criterio neurologico”: la cessazione totale e irreversibile di ogni attività encefalica (cervello, cervelietto e tronco encefalico) documenta la morte. Anche in questo caso, non perché l’uomo si identifichi con il suo cervello, ma perché l’assenza di ogni attività cerebrale dimostra che l’organismo ha smesso di “funzionare” come una unità integrata individuale. Nel suo discorso al Congresso internazionale dei trapianti d’organo nel 2000, Giovanni Paolo II ha definito i trapianti “una grande conquista” e ha detto che il criterio neurologico “se applicato scrupolosamente, non appare in contrasto con gli elementi essenziali di una corretta concezione antropologica”. È importante segnalare due aspetti collegati al criterio neurologico. Il primo: un paziente dichiarato morto per cessazione dell’attività cerebrale, può avere il cuore battente e respirare. In particolare, questa è la situazione nella quale vengono effettuati gli espianti di organo. Ciò non è privo di implicazioni psicologiche e antropologiche, soprattutto per i familiari, che hanno la sensazione di trovarsi di fronte a un uomo ancora vivo. Il secondo: esiste un gruppo minoritario di studiosi – circa 200 – fra i quali figurano anche autorevoli personaggi del mondo cattolico e prò life, che sollevano dubbi intorno all’affidabilità del criterio neurologico. Il criterio della morte cerebrale è accolto in moltissime nazioni, ma Giappone e Danimarca, ad esempio, non l’hanno adottato.

b. il consenso del donatore
“II trapianto d’organi – recita il n. 2296 del Catechismo della Chiesa Cattolica – non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso”. Sono quindi da respingere come inaccettabili e gravemente lesive della dignità dell’uomo quelle leggi che dovessero consentire il prelievo di organi contro la volontà della persona deceduta. Non solo: è da respingere anche una legge – come quella varata in Italia nel 1999 – che prevede il criterio del “silenzio assenso”, cioè che considera donatori anche coloro che, interpellati dallo Stato, non risponderanno né sì né no. Questo metodo è assolutamente inaccettabile perché “arruola” fra i donatori anche i dubbiosi, i distratti, i pigri, gli sfiduciati, i superficiali, trasformando un gesto di libera donazione in un atto dovuto salvo “obiezione di coscienza”.
Dunque attua una indebita pressione psicologica, lasciando intendere che chi pronuncia un no compie un atto riprovevole e antisociale. Senza contare i rischi di una vera e propria schedatura di chi risponderà no, e di una deriva collettivistica da parte dello Stato: prima della caduta del muro di Berlino, nella Germania Est comunista vigeva proprio il principio del silenzio-assenso, mentre nella Repubblica Federale solo chi lo dichiarava esplicitamente diventava donatore. Il silenzio-assenso presuppone una scelta ideologica, mentre il silenzio-dissenso ne prescinde.

c. il valore e il significato del corpo umano dopo la morte
Deve essere respinta come antropologicamente pericolosa e inaccettabile nell’ottica cattolica la tesi secondo cui il corpo dell’uomo diventerebbe, dopo la morte, una res nullius, una cosa di nessuno, un oggetto privo di titolarità e valore. Il corpo resta una realtà sacra anche dopo che è avvenuto il decesso, il che non preclude in sé la possibilità della donazione di organi, ma certamente impedisce la riduzione del corpo a un insieme di organi pronti come pezzi di ricambio. La stessa dottrina cattolica sulla resurrezione dei corpi non è certo minacciata dal trapianto di organi; ma non si può nascondere che nella mentalità secolarizzata e disperatamente atea oggi dominante, la donazione d’organi sia presentata talora come la via atea alla resurrezione.
Capita di ascoltare attoniti le testimonianze di genitori di donatori che dichiarano: “Adesso mio figlio vive nella persona che ha salvato con il suo cuore”. Fatta salva la comprensione umana per il dolore, si tratta di affermazioni irragionevoli oltreché incompatibili con la fede cattolica, che non predica certo la vita eterna come sopravvivenza degli organi trapiantati. Il fine buono – salvare un’altra vita donando organi “destinati altrimenti a marcire” – non giustifica di per sé che tali organi cadano automaticamente nelle mani dello Stato. Nell’Antico Testamento, Tobi si espone al rischio di morte per poter dare sepoltura ai morti: sarebbe davvero un atto irragionevole e immorale, se quei morti fossero solo delle cose, per giunta prive di valore.

d. i rischi di derive utilitaristiche potenziali
Non si possono tacere le tentazioni a cui la tecnica dei trapianti è esposta. Un clochard povero e senza famiglia che si trovi in fin di vita sarà curato fino in fondo se – poniamo – il suo cuore può salvare un capitano d’industria o uno scienziato? Un neonato anencefalico sarà assistito senza accanimento terapeutico e senza scorciatoie eutanasiche, qualora il suo cuore può salvare un bambino cardiopatico che altrimenti morirà? Certo, il giuramento di Ippocrate ci dovrebbe mettere al riparo da simili aberrazioni: ma non dimentichiamo che la classe medica che opera oggi ha in una certa misura imparato a convivere con l’aborto procurato. E si appresta ad accettare forse la pratica dell’eutanasia. Uno Stato che ha legalizzato l’aborto, può darmi garanzie reali che non saranno compiuti abusi sulle deboli vite di malati terminali con il nobile intento di salvare un manager sano e robusto, cui manca giusto un cuore nuovo?
Sono domande che certo non pregiudicano la liceità in sé dei trapianti, ma che è legittimo tenere in considerazione quando si discute un argomento così delicato e, direi, drammatico.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Papa Pio XII, Discorso all’Associazione Italiana Donatori di Cornea, 14 maggio 1956, in Discorsi e messaggi di Sua Santità Pio XII, Volume XVIII, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1957.
Papa Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso Internazionale dei Trapianti
d’Organo, Roma, 29 agosto 2000, in www.difenderelavita.net/trapianti.GPII.htm
Papa Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, n. 86.
Luigi Andrianopoli, Il catechismo romano commentato, § 128 – 138, Ed. Ares, Milano 1990.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2296.
Adriano Pessina, Bioetica. L’uomo sperimentale, capitolo 10, Bruno Mondadori, Milano 1999.

 

 

 

 

IL TIMONE N. 17 – ANNO IV – Gennaio/Febbraio 2002 – pag. 14 – 15

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista