È il telefilm più longevo nella storia della Tv e continua a comparire nei palinsesti di tutto il mondo. “Il tenente Colombo” nasce nel 1968, ma è la negazione di quella rivoluzione: pietoso come un confessore e ostinato come un segugio, insegue il colpevole fino a farlo capitolare. E ci ricorda che ogni uomo, se non vigila su se stesso, può diventare un assassino
Dicono che l’abito non faccia il monaco. Lo fa eccome. Fa il monaco, fa il militare, fa il medico e fa anche il poliziotto. Togliete l’impermeabile al tenente Colombo e avrete fatto del più celebre investigatore della tv un omino goffo e stupidamente gesticolante che si aggira per Los Angeles ponendo strane e incomprensibili domande al prossimo. Non a caso, quell’impermeabilino liso e stropicciato, Peter Falk, il geniale interprete di Colombo, se lo è infilato al primo episodio e non se lo è più tolto, letteralmente: dal 1968 al 1992 ha usato sempre lo stesso e lo ha sostituito con uno identico, che ha indossato fino al 2003, quando venne girato l’ultimo episodio della serie.
Proprio così, nel fatidico 1968, quando il mondo intero gettava alle ortiche ogni genere di divisa, veste talare compresa, un attore americano di origini ungheresi decideva di mettersene una, convinto che gli spettatori avrebbero gradito. E non aveva torto perché “Columbo”, il titolo originale si scrive con la “u”, sarebbe diventato il telefilm più longevo della tv per durata di produzione e di messa in onda. Prodotto fino al 2003, continua a comparire regolarmente nei palinsesti di tutto il mondo. In Italia va in onda la domenica sera alle 19,30 su Rete4 e, con frequenza quasi quotidiana, lo si può vedere in vari orari della giornata sul canale satellitare di Sky Fox Retro. Così, mentre i miti della liberazione sessantottesca mostrano la corda uno dopo l’altro, questo telefilm controcorrente non perde un frammento di smalto. E tutto ciò che piace allo spettatore, ancor prima delle storie e del loro originale meccanismo investigativo, è il sapore pulito e semplice di leggiadra abitudine, di tradizione vissuta nel quotidiano.
Colombo ha una moglie, sempre la stessa, onnipresente e tanto discreta da non mostrarsi mai: encomiabile. Ha una macchina, una vecchia Peugeot 403 targata “044 APD” del 1959 che continua a fare onorevolmente il suo dovere: affidabile. Ha un cane, un bassethound che si lascia chiamare semplicemente “Cane” senza protestare: adorabile. Ha una passione robusta per un piatto messicano come il chili e per i sigari che fuma in continuazione, fregandosene della manie salutiste: invidiabile.
Tutti elementi di un vecchio trucco narrativo utilizzato per caratterizzare il personaggio e agganciare l’affetto e l’immedesimazione del lettore o dello spettatore. Niente di rivoluzionario. Ma è notevole il fatto che, per agganciare gli spettatori in una società che correva verso ogni liberazione, negli Stati Uniti del 1968 venne impiegato un messaggio dichiaratamente in controtendenza. Sotto l’aspetto esteriore di uno sgualcito e trasandato tenente della polizia di Los Angeles, quell’omino – avvolto con naturalezza nel suo impermeabile come il chestertoniano padre Brown era soprannaturalmente avvolto nella sua talare – affronta la vita e il crimine con metodo tradizionale, come un vecchio confessore fa con i penitenti, munito di comprensione e giustizia. Non è un caso se, al termine di ogni episodio, l’assassino trae un sospiro di sollievo perché, finalmente, ha trovato il modo per pagare il suo debito. Quando il tenente ha concluso il suo compito è chiaro a tutti, dal malfattore agli spettatori, che, per quanto possibile, l’ordine violato con il crimine viene riparato con la giusta punizione. Un principio sottolineato dal fatto che lo schema narrativo degli episodi non raggiunge il culmine con la soluzione del caso da parte del tenente, ma con il sorriso di liberazione dell’assassino.
Questo aspetto della serie richiama un elemento fondamentale della legge naturale sottolineato dalla dottrina della Chiesa. Solitamente, si attribuisce questa venatura “cattolica” al fatto che Colombo sia di origine italiana. In realtà, lo spiegazzato tenente, gualcito forse ancor di più del suo impermeabile, ha origini italiche solo nella versione per la nostra tv. Ciò, sicuramente, contribuisce a marcare la particolarità del suo metodo investigativo, ma non la spiega. La vera natura di questo piccolo miracolo in giallo sta nel fatto che Colombo inverte l’ordine degli elementi investigativi. Invece di cercare delle prove che portino a un colpevole, parte dal colpevole per andare in cerca delle prove. Parte da una certezza morale fondata su principi che non possono essere sottoposti a discussione e sulla conoscenza degli uomini. Per questo, ogni episodio si apre mostrando allo spettatore il crimine e il colpevole con cui il poliziotto dovrà cimentarsi. Fin da quando iniziano i titoli di testa, sono tutti sullo stesso piano: assassino, poliziotto e spettatore. Non vi sono trucchi, non si nascondono indizi che l’investigatore trarrà alla fine dal cappello magico, non vi sono colpi di scena. Si racconta la vita così com’è, molto realistica, molto umana. Quanto di più lontano vi sia dalla giustizia e dalle indagini spettacolo in voga oggigiorno. Se fosse un magistrato, Colombo non sarebbe certo una star delle procure. E, se fosse un poliziotto, non sarebbe certo un esperto analista scientifico.
Anche lui manda in laboratorio gli oggetti per le analisi di rito e la ricerca delle impronte. Ma non va in cerca delle tracce di Dna, va in cerca delle tracce dell’anima, che non sempre coincidono con quelle trovate dai “ragazzi del laboratorio”. Anzi, come mostra anche la cronaca, quanto più si moltiplicano e si approfondiscono le tracce scientifiche, tanto più la verità, invece che palesarsi, si offusca e sfugge. Non vi sono tanti delitti insoluti e tante sentenze discusse da quando la scienza e i suoi metodi hanno preso a farla da padroni nelle indagini. Lungo questa strada, l’autore di un delitto finisce per essere considerato una sorta di superuomo, l’unico avversario che l’arroganza della scienza possa giudicare alla propria altezza, come faceva il positivista Sherlock Holmes con il professor Moriarty. Per questo finisce per diventare una star da esibire in tv a “Porta a porta” o a “Blu notte”.
Lo spiegazzato tenente Colombo, come il grosso impacciato commissario Maigret o l’esile e goffo padre Brown, insegna invece che l’assassino è un uomo e che ogni uomo, se non vigila su se stesso, può diventare un assassino. Insomma, parte dal presupposto che il peccato è una cosa seria e riguarda tutti.
IL TIMONE N. 105 – ANNO XIII – Luglio/Agosto 2011 – pag. 52 – 53
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