Professore, lei ha criticato apertamente il recente film di Ridley Scott: «Descrivere i musulmani del tempo come sofisticati e civili, e i crociati come bruti e barbari, non ha niente a che fare con la realtà; è la storia raccontata dal punto di vista di Osama Bin Laden e getterà benzina sul fuoco del fondamentalismo islamico». Da quale dato storico nasce un giudizio così duro?
«Su Osama sono stato equivocato. Non credo infatti che il film di Scott gli sia piaciuto molto, visto che i musulmani non vengono ritratti come persone abbastanza religiose. Ma è dalla fine del XII secolo che l’Occidente sottovaluta l’islam, in termini culturali. Il ritratto delle relazioni tra Est e Ovest nel film dipende più dai romanzi romantici di Walter Scott (soprattutto Il Talismano) che dalla realtà».
Ciò che infastidisce i contemporanei (cattolici compresi) nelle crociate è anzitutto la violenza, la guerra, l’imposizione delle proprie idee agli altri. Lei descrive la crociata anche da altri punti di vista, economici e culturali per esempio.
«No, la vecchia idea che la crociata fosse un’estensione dell’economia europea e una rinascita dei commerci e che i crociati muovessero verso l’Oriente con motivazioni materiali è ormai screditata; benché, naturalmente, le crociate non avrebbero avuto il successo che hanno ottenuto senza una rinascita economica. Credo che la popolarità delle crociate verso Gerusalemme può essere spiegata solo in termini di convinzione interiore. La crociata era una guerra “santa” che veniva combattuta per la riconquista dei diritti di possesso cristiani oppure per proteggere la Chiesa o i cristiani contro chi era considerato nemico – esterno o interno – della cristianità.
Essa coinvolgeva la cristianità nel suo complesso e si credeva che fosse approvata immediatamente da Cristo stesso mediante il Papa, suo vicario. Ma tale aspetto ideale risulta meno chiaro allorché si volga lo sguardo sulle crociate indette verso la penisola iberica o la regione del Baltico. Furono infatti intraprese crociate non solo nel Vicino Oriente, ma pure in Spagna, nel Nord-Africa, nell’Europa orientale, come anche all’interno dell’Europa occidentale. E tra i nemici non c’erano solo i musulmani, ma anche gli slavi pagani, i mongoli, i cristiani ortodossi (greci e russi), gli eretici (catari, bogomili e hussiti), come pure alcuni avversari politici del papato».
L’enfasi sulla presenza degli ordini cavallereschi nelle crociate è giustificata, oppure essi furono organismi assai meno numerosi e potenti di quanto si sostiene?
«Credo sia difficile esagerare l’importanza degli ordini militari. Benché infatti il numero dei frati-cavalieri in Oriente fosse piccolo in proporzione (in tutto l’Oriente, nel corso del XIII secolo non si contarono mai più di 300 cavalieri Ospitalieri e un numero più alto, ma non troppo, di Templari), le loro enormi proprietà in Occidente (e le comunità che le supportavano) sono state sottovalutate. I Templari e gli Ospitalieri di San Giovanni sono importanti anche nella storia della Chiesa, in quanto furono i primi veri ordini religiosi. E gli Ospitalieri e l’Ordine Teutonico divennero poi responsabili di nuove formazioni politiche (i cosiddetti “ordini-Stati”) in Prussia, a Rodi e a Malta».
Lei si è spinto a scrivere che «fare una crociata era vissuto come un atto di amore». È solo un paradosso? Che cosa intendeva dire?
«Dal punto di vista teologico andare alla crociata era ritenuto come un’estensione della richiesta cristiana d’amore al prossimo. Tuttavia parecchi anni or sono ho chiarito in un articolo che c’era un difetto in questo “amore crociato”. L’amore dei crociati per i loro fratelli e sorelle cristiani era evidente (i cristiani d’Oriente avevano bisogno di difesa). Ma era poi arduo per teologi e predicatori parlare anche dell’amore per il nemico, benché parecchi tra loro ci abbiano provato».
Esisteva nel Medioevo un dibattito teologico nelle Chiese d’Europa o nella Curia romana sull’uso della forza da parte dei cristiani?
«I pacifisti sono sempre stati una minoranza nella Chiesa, per l’ovvia ragione che il pacifismo è difficile da giustificare in termini di Rivelazione e di filosofia. La moderna teoria della “guerra giusta” (cioè che la violenza è intrinsecamente male, però può essere usata come “male minore”) è vecchia di due secoli soltanto. Nel Medioevo l’opinione prevalente era che la violenza fosse moralmente neutra e che il suo colore morale dipendesse dall’intenzione di chi la compiva».
Una delle novità più choccanti dei suoi libri è l’estensione storica delle crociate, addirittura fino al XVIII secolo. Può spiegare in che senso? Quali sono state le crociate «moderne»?
«Penso per esempio alle leghe concluse per combattere i turchi dal XIV fino al tardo XVII secolo, lotte non tutte considerate come “crociate” in senso stretto, ma nondimeno animate da un’idea di crociata e presentate come espressione di un movimento generale.
Inoltre, l’ultimo ordine cavalleresco che generò un ordine-Stato fu quello di Malta (i vecchi Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme).
Esso fu impegnato nella spedizione navale contro l’islam dopo la caduta di Malta nelle mani di Napoleone nel 1798. La crociata dunque era ancora operante nel XIX secolo».
La Settima Crociata (1248-1254)
Guidata da san Luigi IX re di Francia, ottiene la riconquista di Damietta. Nel 1260, il sultano Bairbas, fondatore del regno mamelucco (1260-1277), ferma i mongoli ad Ain Jalud ed elimina la presenza dei Franchi.
Dossier: La Crociata, un atto d’amore
IL TIMONE – N. 52 – ANNO VIII – Aprile 2006 – pag. 42 – 43
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