A insegnanti e studenti un consiglio: decisivo l’incontro con un “Tu” riconosciuto e amato come risposta all’attesa del cuore. Ecco tre libri che ci aiutano a salvare l’eredità letteraria che ci rende europei.
Negli anni che stiamo vivendo, anche l’impegno personale di ciascun insegnante di Lettere è un mezzo per la salvaguardia di cose e parole che sono la migliore eredità culturale di intere generazioni passate. A scuola, nulla può ormai essere dato per scontato. I ragazzi che oggi frequentano le aule non hanno alcun riferimento storico o religioso acquisito o implicito: crescono in un contesto estraneo alla tradizione umanistica un tempo europea e un tempo cristiana che impropriamente si dice “occidentale”. I loro genitori sono gli adulti del ventennio post-sessantottino i quali, in varia misura, si sentono sradicati dal passato, non riescono ad accogliere qualcosa per lasciarlo intatto al futuro, sono irriverenti a qualsiasi autorità e deboli nella fedeltà o nella parola data. L’insegnante che si renda conto di tali dati di fatto si trova a fronteggiare problematiche colossali. Il professore di Italiano, nelle scuole medie e superiori, ha però qualche freccia al suo arco: ha le opere poetiche della bellezza, le testimonianze degli autori testimoni di una verità superiore. Vorrei perciò segnalare tre libri, come strumenti per il salvataggio dell’eredità letteraria che ci rende europei.
Le origini della letteratura italiana
“La storia della letteratura è da questo punto di vista una materia privilegiata; un’occasione unica per ripercorrere la storia delle posizioni assunte di fronte a! destino”, spiega Elena Landoni, autrice de La grammatica come storia della poesia (Bulzoni 1997).
Il suo saggio propone un metodo chiarificatore e chiede all’allievo di confrontarsi direttamente col testo: “quanti testi leggono i ragazzi?
Amano leggerli? Sanno farlo?”, domanda Landoni. “Provate a metterli davanti a una poesia del Duecento”, chiede provocatoria.
L’innovazione del metodo è che “la letteratura non può essere caratterizzata dal contenuto, perché esso è comune ad altre discipline affini”. Ecco l’antidoto alla noia: indicare allo studente che la poesia è un’arte della parola carica di significato, è un modo di dire qualcosa che tutti sentono, disponendo però le parole nella maniera che solo i poeti sanno fare. Dal Cantico delle Creature (1224) ai rimatori Siciliani agli Stilnovisti fiorentini, l’oggetto dell’ispirazione pare il medesimo: la lode e l’amore. Ma Landoni mostra che le diverse concezioni dell’amore “scaturiscono più dai materiali linguistici usati che dai contenuti, dai quali si ha l’impressione della monotonia: la novità, quindi, non va cercata nei temi trattati”. Quanto piuttosto nella forma delle poesie (la bellezza) e dalla loro materia (la scrittura): presto, il lettore gusterà le differenze della grammatica, i sensi della sintassi, le scelte non casuali che l’artista fa tra le parole a disposizione.
Jacopone da Todi usa una lingua primitiva pur essendo colto, mentre l’uso del periodo ipotetico di Dante non è quello, impossibile e distruttivo, di Cecco Angiolieri.
Anche il più sfiduciato docente (o studente) intuisce così che il nuovo è ancora possibile, in un nuovo modo di vedere le cose di sempre.
L’Alighieri da vicino
Vivo e colto nel vivo dei suoi giorni è il Dante del romanzo di Mario Tobino Biondo era e bello (Oscar Mondadori, 2001): una novella che racconta i cinquantasei anni di vita dell’esule fiorentino autore della “Divina Commedia”, la cui grandezza si specchia nell’esistenza di ognuno; mentre sullo sfondo scorrono “mesi bellissimi della storia d’Italia, perché un grande poeta assisteva a tutto ciò.
Ogni episodio poteva eternarsi in poesia”. Firenze, le colline toscane, la Lunigiana, le dimore dei signori di Verona o Ravenna sono le quinte di una vicenda che appare al lettore per la prima volta: e Dante perde quel suo profilo di poeta inaccessibile.
Un percorso per educare
Ma il manuale che tutti dovremmo andare a procurarci è Il Per-corso e i percorsi, costituito da “schede di revisione della letteratura italiana ed europea”. Roberto Filippetti le ha scritte raccogliendo le esperienze di insegnante e di educatore attraverso la letteratura. Il suo segreto è fare scuola “tenendo la coda dell’occhio su quell’esperienza cristiana che ti ha cambiato la vita”. Decisivo, per essere un “insegnante” lungo il PerCorso aperto da don Luigi Giussani, è l’incontro con un “Tu” riconosciuto e amato come risposta all’attesa del cuore.
Date tali premesse, tutta la storia della letteratura assume una nuova luce e la grandezza di un docente si rivela quando da ragione del desiderio di infinito nascosto nelle pagine degli autori. Nel primo volume “Dalle origini al Rinascimento”, Filippetti ribalta gli errati schemi della storiografia e pone il “Perceval” medioevale come origine della letteratura europea: la ricerca spirituale è sempre la sorgente (San Francesco, Dante, Petrarca).
Ridimensiona Boccaccio e gli Umanisti, eleva Santa Caterina da Siena, include Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro e poi Shakespeare e Pascal nel novero degli incontri che gli studenti italiani non possono non fare. Nel secondo tomo “Dal tardo Cinquecento a metà Ottocento” propone notevoli riletture del Barocco e dell’Illuminismo e poi di Leopardi e Manzoni e Verga.
L’innovazione è tuttavia evidentissima nel terzo tomo “Da metà Ottocento al 2000”, laddove si sottolinea attraverso poesie e romanzo l’involuzione della coscienza religiosa dell’uomo moderno. Il viaggio nelle lettere si complica, poiché gli autori contemporanei spesso rinnegano il proprio cuore, il suo immedicabile limite, la nativa esigenza di senso e di vita sovrannaturale. Andiamo a leggerci il giudizio di Filippetti su D’Annunzio o Dostoevskij o Pirandello: ci sembrerà di avere studiato, sui banchi di scuola, qualcos’altro, più noioso e meno reale. Finalmente appariranno (per genitori, insegnanti e studenti) i nomi liberatori di Péguy e Claudel, di Rebora ed Eliot, di Graham Greene e Flannery O’Connor.
Insomma, è un Novecento finalmente concluso, di cui resteranno solo le voci che sanno edificare l’oggi e il domani: dando senso a ogni cosa quotidiana, lasciando che tutto sia illuminato nella prospettiva del Vangelo.
Cari “operatori culturali” ed educatori, il metodo c’è: è tempo di abbandonare il vino vecchio e gli otri vecchi, se si vuole davvero che la scuola non abitui (come troppo spesso fa) alla mediocrità.
BIBLIOGRAFIA
Elena Landoni, La grammatica come storia della poesia, Bulzoni, Roma 1997.
Mario Tobino, Biondo era e bello, Oscar Mondadori, Milano 2001.
Roberto Filippetti, Il Per-corso e i percorsi, Itacalibri, Castelbolognese (RA) 2000, www.itacalibri.it
IL TIMONE N. 17 – ANNO IV – Gennaio/Febbraio 2002 – pag. 46 – 47