Premetto che considero Franco Cardini un maestro oltre che un amico di lunga data. Mi ha onorato, a suo tempo, di ben due prefazioni a miei libri (Elogio del Sillabo e Elogio degli italiani, entrambi Mondadori, poi riediti rispettivamente da Piemme come L’ultima difesa del papa-re e dalla Bur come Doveroso elogio degli italiani), quando ero ancora solo un giovane autore bisognoso di incoraggiamento. Insieme a lui e al compianto Marco Tangheroni presentammo, in una piazza difficile come quella di Pisa, il provocatorio Elogio dell’Inquisizione (Mondadori) da me curato. E in un’altra occasione, a Milano nella sede del Pime, un altro lavoro, insieme a Vittorio Messori.
Non vi stupirà, dunque, sapere che credo di aver letto con voracità tutto quel che Cardini ha scritto, ed è veramente tanta roba. Naturalmente, non poteva sfuggirmi il suo recentissimo Cristiani perseguitati e persecutori (Salerno, 2011), che ho compulsato attentamente. Il libro tratta, con la consueta competenza, dell’ascesa del cristianesimo fino al suo imporsi come religione unica nell’impero romano. Mostra un aspetto di esso che non siamo abituati a tenere presente: quando il cristianesimo si insediò al potere usò il «braccio secolare » contro i dissidenti e i pagani quasi (molto quasi) con lo stesso rigore che era stato riservato ad esso quando era minoritario.
Il lavoro di Cardini è, come al solito, preciso e documentato, e quanto vi si narra non è una scoperta sconvolgente: gli addetti ai lavori sanno e hanno sempre saputo. Pure gli apologeti, anche se la situazione attuale impone loro di mettere l’accento sulle luci, a discapito delle ombre, dal momento che per la cultura corrente il cristianesimo sembra solo ombra; anzi, la peggiore disgrazia mai capitata all’umanità.
Ora, a parte qualche punto del libro su cui si può discutere (per esempio, Ipazia non era «giovane», e «bella» lo sarà stata prima dell’età in cui fu uccisa, la sessantina; il vescovo ispanico ed eresiarca Priscilliano fu giustiziato dall’imperatore-usurpatore Massimo, ma si dimentica di dire che san Martino di Tours si recò alla corte di Treviri a impetrarne, invano, la salvezza), la domanda che il libro di Cardini si pone (e pone) mi pare sia questa: i cristiani che, una volta al potere, impongono la loro visuale a tutti, anche con la forza politica, sono da considerare un «incidente di percorso», eccezioni alla regola dell’amore, oppure un esito coerente di quella che è anche la religione del «Dio degli eserciti» veterotestamentario e del finale trionfale dell’Apocalisse?
Non posso negare che, in effetti, la lettura del libro di Cardini lì per lì possa ingenerare il dubbio anche nel più navigato degli apologeti. Il dubbio, cioè, gravissimo, sulla bontà di quel che va facendo. Una specie di temporaneo smarrimento, che a me ricorda quel che provavo, talvolta, tanti anni fa, quando combattevo il marxismo e mi imbattevo in qualche mendicante. Ero un giovane neoconvertito e, di fronte allo spettacolo della povertà, mi veniva da chiedermi se per caso non stessi sbagliando a prendere le parti del “capitalismo” contro il “comunismo” che, in fondo, chiedeva giustizia ed eguaglianza. Studiando meglio mi avvidi ben presto che, al marxismo, dei poveri non era mai importato nulla. Al marxismo interessava solo la Rivoluzione: dei poveri, semmai, si serviva per ridurre tutti a povertà e dare ogni privilegio a una ristretta cricca di tiranni.
Ma torniamo al libro di Cardini. Il quale sembra rimproverare al cristianesimo post-costantiniano di non avere adottato uno stile appunto “evangelico” e di essere stato, una volta conquistato il potere, intollerante. Anche più del precedente paganesimo. Scrive Cardini nell’Epilogo: «Si sarebbe dovuto meditare su queste contraddizioni, nella misura in cui erano tali. Dal momento che si preferiva evitarlo, altro non restava se non minimizzare, negare, occultare: o ammettere giustificando; e difendersi in maniera più o meno imbarazzata o brillante (…) contro chi, in buona o in mala fede, rinfacciava la contraddizione e il paradosso, il tradimento della consegna affidata ai fedeli dal Principe della Pace come prezzo da pagare per conseguire e mantenere il potere sulla terra ». Sappiamo, tuttavia, che il Principe della Pace non è venuto a portare la «pace» ma la «spada» (parole Sue), e la gestione contemporanea di giustizia e misericordia può riuscire solo a Dio. Cristo non ha lasciato un Libro di Istruzioni ma ha fondato una Chiesa, alla quale ha dato il potere di «sciogliere e legare». Era appena asceso al cielo che già detta Chiesa avvertì la carenza di direttive, anche su punti non secondari come la circoncisione. La Chiesa decise nel primo concilio, a Gerusalemme, («… abbiamo deciso, lo Spirito santo e noi…») di non imporla. E noi maschietti cristiani le siamo ancora grati. La Chiesa, col sacrificio di tanti suoi esponenti, ha costruito la civiltà dell’uguaglianza tra uomini, donne, bambini e schiavi, degli ospedali, delle scuole, dei diritti umani universali e perfino del diritto bellico.
Questa complessa costruzione, come tutte le cose complesse, è delicata. E basta un solo libro o un solo demagogo per farla crollare. Noi siamo appena usciti dal secolo dei totalitarismi atei e dovremmo avere imparato che cosa sia una società non cristiana. Se, poniamo, l’Inquisizione avesse fermato per tempo Lutero, il mondo non si sarebbe forse risparmiato gli sfaceli che seguirono? Se la congregazione dell’Indice avesse avuto il potere di sequestrare il Mein Kampf o il Capitale, l’umanità non ne avrebbe guadagnato? Può sussistere una civiltà senza polizia ed esercito? Può sussistere una civiltà che non persegua i falsari? Anche oggi, la nostra civiltà politicamente corretta e, dunque, anticristiana, può reggersi senza fare ricorso ai rigori di legge? Contro tutti quelli che, col pensiero e con la parola, cercano di minarne le fondamenta?
Altro esempio, più terra-terra: sposo una donna che, prima di conoscermi, è stata a lungo fidanzata con un altro; ho diritto di chiederle di togliere le foto di lui dal comodino? Fuor di metafora, i vescovi cristiani che chiedevano all’imperatore di demolire i templi pagani non facevano la stessa cosa? Di più: i Padri erano d’accordo nell’affermare che le divinità pagane non erano altro che demoni sotto mentite spoglie (e il carattere capriccioso e vendicativo e immorale di tali divinità lo confermava). Potevano i preti cristiani permettere che si continuasse con quei culti? Se oggi un papà scopre il figlioletto intento a compulsare siti satanici o pornografici su internet e gli toglie il computer, è «intollerante»? Il Principe della Pace mi ha consigliato di porgere l’altra guancia, è vero; ma la mia, non quella altrui, né, soprattutto, quella di coloro che sono chiamato a difendere.
Ancora: gli eretici, nella migliore delle ipotesi, scandalizzano i fedeli, specialmente i più semplici. E il Principe della Pace ebbe parole di fuoco contro i creatori di scandali. Lui stesso lottò tutta la vita contro i falsi maestri, additandoli e chiamandoli per nome. Un capo di governo cristiano, in un regno cristiano, usa legittimamente del suo potere per difendere la fede, in base agli insegnamenti della Chiesa. Se non lo facesse verrebbe meno al suo compito. E una civiltà cristiana è il luogo in cui procedere verso il Paradiso (che è l’unica cosa che veramente conta) è più facile e agevole e gradevole. In assoluto.
Mi rendo conto, certo, che per l’uomo moderno, relativista, «questo linguaggio è duro». Ma proprio la storia dimostra che il «giogo di Cristo» è il meno pesante di tutti, perché il Peccato Originale, ci si creda o no, l’hanno tutti.
Proprio la storia dimostra che gli eretici non erano affatto «tolleranti», e che la tolleranza intesa come indifferenza religiosa è una novità recentissima. E che sia un «valore» è tutto da dimostrare. Per non dire che la «tolleranza» stessa è quanto di più intollerante ci sia, a dimostrazione che l’uomo non è fatto per le astrazioni.
Ovviamente, uno che non crede che quella della Chiesa sia la Verità troverà solo ombre nella sua storia. Mi spiace per lui. Ognuno combatterà come può per le idee che ritiene giuste, ed è quel che tutti quanti stiamo facendo. Noi apologeti cattolici siamo convinti che le luci del cattolicesimo siano abbaglianti. E che la civiltà cattolica è la migliore possibile. Ed è proprio il paragone con le altre, passate e presenti, a rendercene convinti. Per questo vorremmo farne parte a tutti. Come il Principe della Pace ci ha ordinato.
IL TIMONE N. 114 – ANNO XIV – Giugno 2012 – pag. 20 – 21
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