La nuova evangelizzazione è il motivo dominante del pontificato di Giovanni Paolo II.
Spunti per coglierne la concretezza storica e un appello a metterla al centro della vita pastorale. La funzione della lettera apostolica Novo millennio ineunte.
Nuova evangelizzazione. Se ne parla meno di quanto sarebbe auspicabile, essendo stato il motivo dominante del pontificato di Giovanni Paolo II. Pochi libri e convegni, neppure una raccolta accurata dei testi del Magistero che ne trattano, cosa che pure avviene per altri temi del Magistero di Papa Wojtyla. Oltretutto Benedetto XVI continua nella stessa ottica, caratterizzando il suo pontificato attorno a una prospettiva missionaria.
Cercherò di riprendere il tema partendo da due testi, di diversa autorevolezza. Il primo è un libro ormai “vecchio” (oggi un libro di dieci anni fa appare come di un’altra epoca) che riprende tutti gli editoriali della Civiltà Cattolica del 1994, l’autorevole rivista dei gesuiti italiani le cui bozze, si dice (da sempre), vengono lette anticipatamente dalla Segreteria di Stato, e li presenta sotto il titolo appunto La nuova evangelizzazione (edizioni «La Civiltà Cattolica», 1995). Gli editoriali e l’introduzione costituiscono un vero e proprio libro di apologetica rivolto a un’ampia fascia di lettori in un’ottica di evangelizzazione adatta all’uomo di oggi, con la sua cultura, i suoi dubbi, le incertezze dovute anche alla pressione ideologica che tutti noi moderni subiamo dalla cultura dominante. Così tanti temi squisitamente apologetici vengono riproposti all’uomo contemporaneo, dall’esistenza del male alla missione e all’apparente fallimento umano di Gesù, all’ipotesi che si possa essere ingannati fino alla credibilità della Sua resurrezione, per arrivare a temi di costume importantissimi, come la sacralità della domenica e dei giorni festivi, quindi alle ricadute morali e politiche della fede. È un libro che merita di stare in una biblioteca di apologetica popolare. Colpisce favorevolmente, e riguarda la mia rubrica, questo sforzo prezioso di tentare di fare un’apologetica mirata all’uomo concreto dei nostri giorni e a rispondere alle sue domande, non a quelle di un suo avo.
L’apologetica e la storia, o meglio l’apologetica nella storia, può essere lo scaffale nel quale inserire questo libro, che appunto tenta di coniugare due momenti importanti dell’evangelizzazione, la difesa e promozione della fede con i mezzi e i metodi umani, ma legati al tempo storico, questa grande dimensione che Dio ha in qualche modo esaltato permettendo a Suo Figlio, Gesù, di entrarvi completamente, assumendo in tutto tranne che nel peccato la natura umana immersa nel tempo.
L’altro richiamo, più importante trattandosi di Magistero, è la Lettera apostolica al termine del Grande Giubileo dell’Anno 2000, pubblicata da Giovanni Paolo II, con il titolo Novo millennio ineunte.
È il «programma» che la massima autorità della Chiesa ha indicato ai cattolici che vivono nel Terzo Millennio. Di per sé le tante e interminabili riunioni parrocchiali per rispondere alla domanda “che fare?” in questo documento trovano una risposta. La Novo millennio ineunte è un vero e proprio programma pastorale, che punta in alto e pensa in grande, soprattutto invita – «duc in altum!» – a prendere il largo, a non avere paura perché Cristo è sempre il Signore della storia. Il mio “sogno” che in tante (tutte?) le parrocchie italiane si tengano presentazioni del significato della nuova evangelizzazione (in attesa di veri e propri corsi di formazione) trova in questo documento del Magistero un’occasione concreta.
L’invito entusiasmante del grande Pontefice a una nuova missionarietà non è generico. Il Papa ha presente il contesto storico in cui una nuova evangelizzazione si rende necessaria.
Il punto di partenza è stato il venir meno della società cristiana quando, in seguito alla spinta scristianizzatrice prodotta dalle ideologie per due secoli (1789-1989), le nazioni occidentali hanno smesso di avere un sistema di valori condiviso che avesse il Vangelo come fondamento. La Chiesa ha risposto convocando il Concilio Ecumenico Vaticano II, un concilio pastorale, che doveva rispondere a una sfida senza affrontare tematiche dottrinali. Per questo Giovanni Paolo II parla del discorso inaugurale al Concilio del beato Giovanni XXIII come dell’inizio della nuova evangelizzazione, cioè di questo modo, diverso rispetto al passato, di porsi nella società da parte della Chiesa, che non chiede più quei privilegi che poteva “pretendere” dallo Stato di una società cristiana. Una Chiesa che però rifiuta ingerenze (che invece ci sono state nelle società cristiane) da parte degli Stati, che difende gelosamente la sua libertà di predicare il Vangelo della salvezza, oggi, senza paura di essere accusata a sua volta di ingerenza nella vita pubblica dei paesi dove opera.
Naturalmente, nuova evangelizzazione non significa nuova dottrina, ma quella di sempre trasmessa con un “nuovo” fervore, lontani dal potere, quindi con maggiore libertà. Si tratta di annunciare la Salvezza a un uomo post-cristiano ma anche post-moderno, un uomo che vive dopo il tentativo delle ideologie di sostituire il cristianesimo come ethos pubblico delle nazioni, tentativo fallito con la caduta del Muro di Berlino nel 1989.
D’altra parte, la nuova evangelizzazione non è la semplice ripetizione di quanto si faceva precedentemente, altrimenti non sarebbe “nuova”. La “novità” sta nel fervore che deve animare i cattolici oggi sull’esempio delle prime comunità cristiane (ma si potrebbero aggiungere figure apostoliche di tutti i tempi, penso a san Francesco Saverio, 1506-1552), ma anche nei metodi. Il punto di svolta sembra essere il Concilio Vaticano II con il suo invito a “guardare con simpatia” agli uomini del mondo contemporaneo, secolarizzati e scristianizzati, illusi prima e poi delusi dalle ideologie, con una simpatia non ideologica ma fatta di amicizia e di condivisione, che credo ricordi la spiritualità del Samaritano.
Oggi le nostre nazioni occidentali assomigliano a un deserto cosparso di tanti splendidi negozi. All’apparenza sembra tutto molto bello, funzionale, soprattutto ricco e questa ricchezza ha attirato l’invidia di chi non ha raggiunto questo elevato grado di benessere.
Esauritosi il fascino delle ideologie, il mondo ha riscoperto le religioni, le culture e le diverse civiltà che il conflitto ideologico mondiale aveva fatto dimenticare. E il mondo non è più stato caratterizzato dal conflitto prevalente che opponeva il mondo libero a quello comunista.
In un mondo diventato improvvisamente complesso, mettendo a dura prova le capacità di analisi dei politologi, l’Occidente ricco e gaudente ha subito una nuova aggressione da parte del terrorismo che si ispira a una certa nozione del fondamentalismo islamico, resa particolarmente evidente dall’attentato alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001. E contemporaneamente un violento e crudele scontro per la conquista dell’egemonia politica e culturale si è manifestato all’interno del mondo islamico. Ma anche altri problemi, non solo economici, provengono da due antiche civiltà, la cinese e l’indiana.
“Piccolo gregge” nei paesi asiatici e in quelli islamici, spesso perseguitati e comunque costretti al silenzio, i cattolici sono diventati minoranza anche nella vecchia Europa, della quale erano stati l’anima. La nuova evangelizzazione – in particolare la lettera apostolica Novo millennio ineunte – chiede a tutti i fedeli di porre Cristo al centro della missione e la preghiera, soprattutto quella eucaristica,
al vertice della propria azione. Non è una cosa scontata: siamo stati sommersi dalle parole, dai documenti, che servono ma solo se portano alla centralità di Cristo e della preghiera. Altrimenti accadrà, come è avvenuto nell’«inverno» dei primi anni dopo il Vaticano II, che verrà posto in discussione il dovere stesso della missione.
BIBLIOGRAFIA
Il termine “nuova evangelizzazione” viene usato per la prima volta durante il primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, il 9 giugno 1979, a Nowa Huta, la nuova città che avrebbe dovuto essere il modello del sistema socialista e che invece ospitò l’appello per una nuova diffusione del Vangelo. Ma un cenno c’era già stato a Puebla, il 28 gennaio 1979, mentre verrà più particolarmente ripreso ad Haiti nel corso della XIX Assemblea del Celam, la Conferenza dell’episcopato latino-amercano. In Europa, Giovanni Paolo II riprese l’argomento al V simposio del Consiglio delle conferenze episcopali europee, il 5 ottobre 1982, e poi a quello successivo, in un discorso dell’11 ottobre 1985. Innumerevoli gli interventi successivi, soprattutto in occasione di alcune encicliche, Redemptoris Missio (1990), Centesimus annus (1991), Veritatis splendor (1993), e di esortazioni apostoliche, come la Christifideles laici (1988).
IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 58-59