È noto il caso di “vescovi e sacerdoti” della Comunione anglicana che hanno chiesto e ottenuto di entrare nella Chiesa cattolica. Ma ci sono anche diversi pastori luterani. Attirati dalla verità del Credo e dalla scoperta della liturgia cattolica. Di loro non si parla
C’è chi nella “nostra casa” abita da sempre e c’è chi è arrivato da poco. Come coloro che negli ultimi tre anni sono entrati a far parte degli ordinariati personali creati da Benedetto XVI con la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus: le “diocesi senza territorio” volute per accogliere gli anglicani diventati cattolici. Non si tratta di un arrivo imponente come numeri, ma importante. Dell’ordinariato personale della Cattedra di San Pietro, a cui fanno riferimento gli ex episcopaliani (ovvero anglicani) di Usa e Canada, fanno parte oggi 1.336 fedeli di 35 comunità, di cui 23 sacerdoti e 69 aspiranti tali. I numeri li ha comunicati lo scorso novembre alla Conferenza episcopale statunitense monsignor Jeffrey N. Steenson, già vescovo episcopaliano della diocesi di Rio Grande, nel New Mexico, ordinato sacerdote cattolico nel 2009 (il sacramento dell’Ordine anglicano è da sempre ritenuto invalido dalla Santa Sede) e posto a capo della nuova struttura canonica. Nell’ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, per Inghilterra e Galles, sono entrati invece un migliaio fedeli, tra cui una cinquantina di sacerdoti e tre vescovi, alcuni già ordinati altri in procinto di esserlo.
Una “cena” povera di significato
Se il ritorno degli anglicani sulla via di Roma ha attirato molta attenzione, un altro ritorno – esiguo numericamente, ma ugualmente significativo – è passato invece sotto traccia: la conversione al cattolicesimo di pastori protestanti, a partire dalla patria di Lutero, la Germania.
Il fenomeno non è nuovo. Nel lontano 1950 fece rumore il caso di Rudolf Goethe, pastore di Mainz, che si convertì e ottenne da Pio XII il permesso per essere ordinato sacerdote pur essendo sposato con prole. Tuttavia, quella che allora sembrò una curiosa eccezione oggi lo è molto meno. Solo qualche esempio recente.
Harm Klueting, classe 1949, pastore, docente di storia contemporanea all’Università di Colonia, nel 2004 si è convertito e nel 2011 è stato ordinato nella città dove vive e insegna dal cardinale Meisner, in una cerimonia nel seminario diocesano. La moglie Edeltraud, anche lei un’affermata medievista, è diventata terziaria carmelitana. Per entrambi è stato un passaggio ideale da Dietrich Bonhoeffer a santa Edith Stein, figure a cui Harm ha dedicato un saggio che porta come sottotitolo Due vie nella sequela di Cristo. L’attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, l’arcivescovo Gerhard Müller, ha ordinato nel 2010 a Ratisbona l’ex pastore Peter Kemmether, 62 anni e quattro figli già grandi. Hans Janssen, invece, 55 anni, già alla guida della comunità evangelica di Detern, nella Bassa Sassonia, padre di quattro figli, ha scelto di tornare idealmente a Roma nel 2008. A spingerlo su questa strada è stato l’approfondimento del significato dei sacramenti, in particolare della presenza di Cristo nell’Eucaristia. Aveva iniziato a inquietarsi vedendo che anche per quei pochi fedeli che partecipavano regolarmente alla “Cena del Signore” questa non era più percepita come un incontro con Gesù presente e vivo, ma come un memoriale svuotato di significato. Dai dubbi è passato ai colloqui riservati con l’arcivescovo di Amburgo e poi alla conversione, insieme alla moglie. Dopo la dispensa papale è stato accolto per tre anni nel seminario di Francoforte e a maggio 2012 è stato ordinato sacerdote. Nel luglio dello scorso anno ha annunciato pubblicamente la sua conversione anche Jochen Schubert, pastore a Seelingstädt, in Sassonia, un Land della Germania dove è preponderante la presenza evangelica. Le sue liturgie si erano fatte nel tempo sempre più vicine allo stile cattolico, a partire dalla talare bianca indossata al posto di quella tradizionale nera, fino alla sottolineatura di feste cattoliche come quella di tutti i santi. Quarantotto anni, sposato e con una figlia, ha avuto il permesso per completare la formazione in vista dell’ordinazione e dell’incardinamento nella diocesi di Dresda.
Quasi in contemporanea si è convertito un altro pastore della Sassonia, Jens Bulisch, 39 anni. Anche nella sua vicenda ha avuto un ruolo importante, oltre alla frequentazione di numerosi cattolici, la riflessione su ciò che è diventata la liturgia protestante. «La gente celebra se stessa o Dio?», si è chiesto di fronte alla sempre minore attenzione a simboli e gesti rituali, a una “Cena del Signore” percepita come un semplice ritrovo fra amici. «Se si versa del liquido in un recipiente – ha detto a un quotidiano locale – il primo prende la forma del secondo. Se si distrugge il recipiente e si perde la forma, è vano pensare di poter trattenere il liquido». Un riferimento all’inarrestabile scivolamento nell’informe del luteranesimo tedesco, con parole che per un altro verso richiamano il libro di un teologo tedesco di vaglia, scomparso nel 2005, il cardinale Leo Scheffczyk: Il mondo della fede cattolica: Verità e Forma.
Motivi di una scelta
Queste conversioni sono in genere accolte con distaccato rispetto da parte delle comunità protestanti. Ma non sempre. Ralf Krause, per 16 anni pastore in varie cittadine della Vestfalia occidentale e dall’ottobre 2011 in servizio presso la parrocchia cattolica di Hagen, nella Foresta di Teutoburgo, è stato incerto nel compiere il grande passo proprio per il timore della reazione dei “suoi”. L’adesione al cattolicesimo, come ha confessato a una rivista evangelica, gli è costata non poche amicizie e auguri sferzanti, come quello di ri-convertirsi almeno in letto di morte. Riguardo ai motivi della sua scelta, Krause ne ha citati due: l’unità e unicità della Chiesa fondata dagli apostoli e, di nuovo, la scoperta della liturgia cattolica. Nel 1994 incrociò una processione del Corpus Domini e gli sembrò di scorgere un pezzo di Cielo caduto sulla Terra. La seguì fin dentro la Chiesa. Il canto finale, le nuvole di incenso, la bellezza dei paramenti… gli diedero la sensazione di essere a Natale, ma in primavera inoltrata. «La centralità ed esclusività della Parola delle liturgie evangeliche non basta per esprimere la pienezza della fede» pensò. Fu un’esperienza fulminante, che gli lasciò dentro un seme, destinato a crescere. Pian piano iniziò a leggere il catechismo, a partecipare in incognito alle cerimonie cattoliche, poi a confidarsi direttamente con il vescovo di Osnabrück.
Sano ecumenismo
Da parte cattolica c’è chi ha provato a strumentalizzare questi casi di nuovi presbiteri spesso con moglie e figli al seguito, come argomento a supporto della trita richiesta di abrogare il celibato sacerdotale. Senza molto successo. Sono spesso i luterani convertiti a riconoscere l’importanza di poter vivere il ministero sacerdotale in modo esclusivo. Come Stefan Thiel, 43 anni, oggi parroco a Borna, in Sassonia, che proprio in base alla sua esperienza di pastore e poi di sacerdote sposato ha parlato in più occasioni della difficoltà di far convivere le due vocazioni. Queste conversioni creano poi un certo imbarazzo ai professionisti del dialogo ecumenico e alle gerarchie cattoliche e protestanti insieme, che hanno deciso da tempo di non dare loro troppo rilievo proprio per non turbare i rapporti ecumenici. Peccato, anche qui, che i primi a riconoscere l’importanza del processo ecumenico siano i pastori convertiti, che però ricordano la necessità di non disgiungere il dialogo dal confronto caritatevole ma onesto sulla verità, anche ecclesiale. Da questo punto di vista Andreas Theurer è andato oltre le dichiarazioni di intenti e i commenti estemporanei. 45 anni, a lungo pastore nella comunità di Göttelfingen, nel Baden-Württemberg, da novembre presta servizio presso l’Istituto per la Nuova Evangelizzazione della diocesi di Augusta. L’estate scorsa, in concomitanza con l’annuncio della conversione – sua e della moglie Gudrun – ha dato alle stampe per le edizioni Dominus un libro dal titolo: Warum werden wir nicht katholisch? (Perché non diventiamo cattolici?): una piccola apologia pro vita sua, un’illustrazione dei tralignamenti di Lutero rispetto al vero depositum fidei e una gentile provocazione lanciata ai fratelli protestanti sul come ritrovare l’unità perduta fra i cristiani. «I più grandi ostacoli all’ecumenismo – scrive nel saggio – oggi non sono più da ricercare nella Chiesa cattolica o nel Papa, ma fra di noi». E cita il ministero conferito alle donne, «la posizione ambigua su aborto ed eutanasia», «quella sull’omosessualità», «la dissoluzione del legame fra matrimonio, fecondità e sessualità ». Theurer sottolinea poi con forza di non essere diventato cattolico perché “scontento” della comunità evangelica, ma per un convinto assenso alla dottrina cattolica, a partire dall’insegnamento sull’Eucaristia e il sacramento dell’Ordine. Frutto di anni di studio e di riflessione, di quella “reciproca conoscenza”, aggiungiamo noi, che già il decreto conciliare sull’ecumenismo Unitatis redintegatio raccomandava caldamente.
IL TIMONE N. 120 – ANNO XV – Febbraio 2013 – pag. 28 – 29
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