Spunti per una riflessione sul significato della richiesta di perdono avanzata da Papa Giovanni Paolo II.
1. Giovanni Paolo II ha vissuto con noi e per noi un grande gesto di fede e ci ha insegnato a vivere di fede.
La fede è il riconoscimento vitale, con la totalità della intelligenza e del cuore, che Cristo e solo Cristo è l’unico Redentore dell’uomo e del mondo.
La Sua presenza di crocifisso e risorto nella storicità della nostra vita, nel segno misterioso della Chiesa, è l’unica grande risorsa di cui l’uomo dispone per vivere la propria esistenza in modo autenticamente umano e dignitosamente positivo: non le ideologie prodotte dalla intelligenza dell’uomo, non le presunzioni della scienza e della tecnica, non il rigore dei progetti moralistici, non la forza terribile dei progetti socio-politici totalitari: solo la fede in Cristo libera l’uomo dal male, lo restituisce alla grandezza del progetto originario di Dio e lo accompagna nel faticoso cammino di immedesimazione nella vita nuova di Cristo. Nella fede in Cristo e per la fede in Lui nasce l’uomo nuovo nel mondo: come ci ha ricordato molte volte mons. Giussani, il battesimo di Cristo fa nascere il protagonista nuovo della storia. Secondo l’insegnamento così vibratamente commosso della Redemptor Hominis (10): “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò appunto Cristo Redentore – come è stato già detto – rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso. Questa è – se così è lecito esprimersi – la dimensione umana del mistero della Redenzione. In questa dimensione, l’uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della Redenzione, l’uomo diviene nuovamente “espresso” e, in qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato! “Non c’è più né giudeo né greco; non c’è più né schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù”. L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve “appropriarsi” ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso.”
2. La fede è vissuta nella coscienza del peccato. Di fronte a Cristo e nell’orizzonte del Suo abbraccio, l’uomo non può non scoprirsi ogni giorno peccatore: tentato di sostituire all’avvenimento della fede le proprie misure, il proprio potere, la propria progettualità, le proprie astratte immagini di perfezione personale e sociale.
La storia degli uomini di fede, nel loro quotidiano tentativo di testimoniare la salvezza che è Cristo, è anche storia di peccato. Soprattutto è storia dei tentativi di rendere la vita, e soprattutto la società ambito di sperimentazione del potere umano e quindi luogo di violenza, di sopraffazione, di strumentalizzazione. È dalla radice di peccato che nasce ogni giorno la violenza che dissolve la società ed il terrore che inaridisce ogni capacità di positività e di vera, reciproca accoglienza. Le grandi tragedie della storia, anche quelle tremende e recenti cui troppo spesso assistiamo con uno sconcerto impotente, nascono dal peccato. Sono un filo rosso di sangue che accompagna inesorabilmente la storia umana e documenta che l’uomo senza Dio scende facilmente al livello della belva e crea nella vita sociale situazioni di totale disumanità. Vivere la fede oggi vuoi dire anche recuperare la coscienza del nostro peccato, riconoscerlo con grande realismo, chiederne perdono a Cristo ed ai fratelli. Non c’è fede in Cristo salvatore se non è fede in colui che continuamente, perdonando i nostri peccati, ci libera dall’attualità dei nostri limiti.
3. La fede è della persona e della intera Chiesa. La fede è della Chiesa di oggi e della Chiesa di ieri, nella storia dell’unico popolo del Signore, che è insieme glorioso alla destra del Padre e pellegrino sulla terra, dietro il suo Signore. Il Papa ha riassunto in sé la fede di tutta la Chiesa, e per questo ha chiesto perdono a Dio di tutti i peccati di oggi e di sempre, di fronte alla sterminata capacità di misericordia che è solo in Cristo e nei santi. In questo Anno Santo che conclude il secondo ed apre il terzo millennio dell’era cristiana, quando la comunione tra la chiesa dei santi e quella degli uomini che vivono nella storia si tocca in una reale e concreta comunione che è fonte di ulteriori effusioni di misericordia, il peccato confessato è divenuto purificazione della memoria, per una nuova e più impegnativa assunzione della responsabilità della missione. Confessare il peccato per consegnarsi ancora più realmente alla fede e per ricevere quell’impegno di testimonianza fino agli estremi confini del mondo che qualifica la Chiesa e, in essa, ogni cristiano.
4. Ma così questo semplice e radicale atto di fede diviene sollecitazione non ad un approssimativo ed ideologico “revisionismo storico” ma a una autentica coscienza cristiana della storia della Chiesa. Se la Chiesa è un popolo che vive di fede e di missione, la categoria più adeguata per comprendere ogni momento, anche il più particolare e più tormentato della sua storia, è quello della missione. Di fronte ad ogni momento della storia della Chiesa ci si deve chiedere se e in che misura la missione è stata al centro dei suoi intendimenti e delle sue azioni ed, eventualmente, occorrerà rilevare maggiori o minori adesioni a questa che è la grande coerenza ideale della storia della Chiesa. Senza nessuna fatica, e senza nessun complesso, nell’orizzonte della coerenza ideale della Chiesa al suo compito missionario, appare il problema della coerenza “etica”: se cioè i cristiani di un certo tempo hanno vissuto la missione con una capacità di coerenza morale o soggiacendo ai limiti morali che accompagnano sempre la vita di una persona e di un’epoca. Così la conoscenza della storia della Chiesa assume un suo volto realistico: e perché questo possa accadere è necessario il servizio di storici che mettano in condizione i cristiani di oggi di guardare realisticamente, senza false apologetiche o ideologiche criminalizzazioni, un passato che è innanzitutto un grande passato di santità insieme ad inevitabili limiti.
Dalla conoscenza adeguata della propria storia la cristianità di oggi prende spunto per una riappropriazione autentica della propria tradizione, in modo da poterla vivere, in modo nuovo ed attuale, per il bene della Chiesa e per la liberazione dell’uomo.
“Dalla conoscenza adeguata della propria storia la cristianità di oggi prende spunto per una riappropriazione autentica della propria tradizione, in modo da poterla vivere, in modo nuovo ed attuale, per il bene della Chiesa e per la liberazione dell’uomo”.
BIBLIOGRAFIA
Commissione Teologica Internazionale, Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000.
Don Luigi Negri, Controstoria. Una rilettura di mille anni di vita della Chiesa, San Paolo, Cinisello B.mo (MI) 2000.
Don Luigi Negri, False accuse alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997.
Franco Cardini [a cura di], Processi alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1994.
Rino Cammilleri, Fregati dalla scuola, Effedieffe, Milano 1997.
IL TIMONE N. 7 – ANNO II – Maggio/Giugno 2000 – pag. 16-18