La teoria darwiniana (o neo-darwiniana) dell’evoluzionismo, spacciata per scientifica, implica il verificarsi di una serie improbabile di eventi. Da attribuire al “caso”. Che così diventa una divinità onnipotente capace di spiegare ogni cosa. Ma questa non è scienza
Se provassimo a domandare a un insegnante di scienze naturali cosa ne pensa della teoria darwiniana, o neo-darwiniana come sarebbe più corretto dire, ci risponderebbe con sicurezza, e forse anche con un tono un po’ seccato, che si tratta di una teoria scientifica ormai provata e consolidata. Inutile quindi cercare di sollecitare risposte sui punti deboli della teoria, si rischierebbe solo di passare per un ignorante, o peggio ancora, per usare una terminologia attuale, per un “creazionista”. È bene precisare subito che questo termine non indica, come si potrebbe legittimamente pensare, chi ritiene che il mondo sia stato creato da Dio, ma coloro che sull’argomento evoluzione sostengono che vi sia una contrapposizione tra fede e scienza. Oppure, fatto ancor peggiore, potremmo essere additati come “negazionisti”, neologismo quest’ultimo che ha in più una sfumatura infamante in quanto il negazionista sa che la sua tesi è errata ma mente consapevolmente per promuovere una causa a cui è ideologicamente legato.
Di fatto, intorno alla teoria darwiniana si è andato costituendo un consenso generale che induce anche persone esperte, come ad esempio i docenti di scienze naturali, ad accettarla come scientificamente verificata anche se in realtà non lo è. Si tratta di un atteggiamento che ha origine a partire dai massimi livelli della divulgazione scientifica sull’argomento, una divulgazione che si avvale anche di un uso ambiguo di termini linguistici che ha come conseguenza quella di confondere i concetti. In particolar modo i termini sui quali si gioca l’equivoco sono quello di evoluzione e di teoria darwiniana.
Servono troppi “miracoli”
Per “evoluzione” si deve infatti intendere il fatto, testimoniato dai fossili, che la vita sulla Terra è comparsa in fasi successive attraverso le ere geologiche, per “teoria darwiniana” si deve invece intendere solamente una possibile spiegazione di quel fatto che è l’evoluzione. Quindi negare la validità della teoria darwiniana non significa affatto negare l’evoluzione.
Chiarito questo primo punto, andiamo a vedere cosa afferma la teoria darwiniana attuale (infatti si tratta di una teoria che nel tempo è andata incontro a profonde rivisitazioni). Il meccanismo evolutivo proposto prevede che le specie avrebbero avuto origine per mezzo di una serie di mutazioni accidentali del DNA, che avrebbero finito col modificare casualmente l’informazione genetica degli organismi fino ad ottenere il nascere di nuove caratteristiche e di nuove funzioni. Queste nuove caratteristiche sarebbero state infine sottoposte all’azione della selezione naturale che avrebbe eliminato quelle svantaggiose lasciando solo quelle vantaggiose.
Facendo un paragone, è come se scrivendo al computer e digitando casualmente i tasti, dopo innumerevoli frasi senza senso, potessimo arrivare infine a ottenere un testo con un significato. Quello che non viene detto è che un meccanismo di questo tipo per poter funzionare necessiterebbe di tempi talmente lunghi da non essere compatibili con la stessa età dell’Universo. Al riguardo, il noto biologo evoluzionista inglese Richard Dawkins, fervente darwinista, ha proposto di simulare il meccanismo darwiniano applicandolo alla scrittura di una frase dell’Amleto di Shakespeare in cui è scritto “Methinks it is like a weasel”.
Con un semplice calcolo matematico, si dimostra che le possibili combinazioni che si possono scrivere casualmente, usando l’alfabeto inglese, di una frase così breve equivalgono ad un numero pari a migliaia di miliardi di miliardi di volte quello dei secondi trascorsi dall’origine dell’Universo. Per superare questa insormontabile difficoltà, lo stesso Dawkins ha dovuto ipotizzare un meccanismo che implica l’esistenza di una frase “bersaglio”, cioè l’esistenza di un finalismo, che è invece quello che la teoria darwiniana, basata sulle mutazioni casuali, non ammette.
La teoria darwiniana è dunque basata sul verificarsi di eventi talmente improbabili che per verificarsi casualmente richiederebbero una lunga serie di miracoli. Una serie di miracoli che dovrebbero essere quindi compiuti dal “caso” che in questo modo viene trasformato in una specie di divinità onnipotente in grado di spiegare ogni cosa.
Ma c’è di più: nel momento in cui la teoria darwiniana ricorre al caso come spiegazione dell’evoluzione, rinuncia a una delle caratteristiche fondamentali per una teoria scientifica, cioè alla possibilità che esista un esperimento che possa dimostrare che la teoria è sbagliata: l’azione del caso non è infatti dimostrabile o confutabile in alcun modo. Per spiegarlo facciamo un semplice esempio, ricorrendo stavolta all’estrazione di una serie di numeri al superenalotto: prendendo in considerazione i numeri di un’estrazione qualsiasi, esiste un modo per dimostrare che non sono stati sorteggiati a caso ma che sono invece frutto di un’estrazione truffaldina? Esiste un modo per dimostrare che quei numeri non sono stati estratti a caso?
Un tale modo semplicemente non esiste, dire che una data successione di numeri è stata sorteggiata casualmente significa quindi fare un’affermazione che non ammette prove matematiche contrarie.
Riassumendo, la teoria darwiniana essendo proprio basata su mutazioni casuali, prima ancora che sulla selezione naturale, si rivela fondata su eventi talmente improbabili da poter essere paragonati a dei miracoli, ed è inoltre una teoria che non può essere smentita in alcun modo, ponendosi quindi per tale motivo al di fuori dell’ambito della scienza e collocandosi, nella migliore delle ipotesi, in quello filosofico – fideistico.
Ciononostante, troveremo una grandissima quantità di persone che affermeranno con sicurezza che sono stati verificati sperimentalmente numerosi casi di evoluzione avvenuta con il meccanismo darwiniano, ma chi si confronta quotidianamente con questi argomenti sa che in realtà non esiste alcun caso in cui si sia assistito al verificarsi dell’evoluzione (anche di un solo batterio) con tali meccanismi. Se qualcuno è in grado di indicarne qualcuno siamo pronti a prenderlo in considerazione.
Aumentano le critiche
Come dicevamo, di tutto questo non trapela nulla. Qualcosa però si muove proprio in ambito evoluzionista. Ad esempio, Eugenie C. Scott, ex direttore esecutivo del National Center for Science Education (NCSE) statunitense, nel 2009, in occasione delle celebrazioni per il duecentesimo anniversario della nascita di Darwin, ha dichiarato che la teoria dell’evoluzione attuale è talmente diversa da quella originale che non dovrebbe essere più chiamata “darwinismo”, un termine che ormai serve solo ad alimentare fraintendimenti e scontri ideologici.
E, solamente un anno prima, un gruppo di importanti scienziati evoluzionisti si era riunito quasi segretamente in Svizzera proprio per parlare della crisi del darwinismo e delle possibili soluzioni; della conferenza se ne parla in un libro intitolato “The Altenberg 16: An Exposé of the Evolution Industry”, scritto dalla giornalista scientifica Suzan Mazur, ma come già detto alla cosa non è stata data visibilità. Ma il caso più noto di contestazione della teoria rimane quello della pubblicazione del libro “Gli errori di Darwin”, di Massimo Piattelli Palmarini e Jerry Fodor, che nel 2010 mise autorevolmente sotto accusa la spiegazione darwiniana dell’evoluzione.
Oggi la teoria è più in crisi che mai e si mostra particolarmente vulnerabile alle critiche che vertono sugli aspetti scientifici mostrando gli enormi problemi che si vorrebbero tenere nascosti. Si spiegano così le reazioni nervose che i sostenitori del darwinismo manifestano quando si trovano a doversi confrontare con chi mostra pubblicamente i difetti della teoria. Il caso più eclatante nel nostro paese è stata l’iniziativa presa all’inizio di quest’anno nei confronti del sito Critica Scientifica che opera criticando in modo puntuale i punti deboli del darwinismo. Nel gennaio scorso, infatti, si è assistito al tentativo di fermarne l’azione ricorrendo alla minaccia di perseguirne il responsabile con iniziative legali.
Al di là dell’impressione di solidità che si vorrebbe dare, la teoria darwiniana è dunque in profonda crisi, le sue fondamenta sono vulnerabili e una seria critica scientifica può facilmente ottenere risultati importanti. Come lo stesso Massimo Piattelli Palmarini ha detto in un’intervista di circa un anno fa, il darwinismo è vincente «sociologicamente, non scientificamente», e quindi è proprio sul piano scientifico che è necessario incrementare l’azione.
Per saperne di più…
www.enzopennetta.it
Enzo Pennetta, Inchiesta sul darwinismo, Cantagalli, 2011.
M. Piattelli Palmarini – J. Fodor, Gli errori di Darwin, Feltrinelli, 2010.
Roberto de Mattei [a cura di], Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi, Cantagalli, 2009. Marco Respinti, Processo a Darwin, Piemme, 2007.
Umberto Fasol, Evoluzione o Complessità, Fede & Cultura, 2010.
IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 26 – 27
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl