«Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare (…). Allora il popolo mormorò contro Mosè: “Che berremo?”. Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno.
Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce (…). Poi arrivarono a Elim, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme.
Qui si accamparono presso l’acqua».
Dopo il miracolo del Mar Rosso, gli Ebrei avrebbero dovuto avere una tale fiducia nell’onnipotente assistenza di Dio da essere certi che egli avrebbe provveduto ad ogni loro necessità. Invece, molti manifestano malcontento nei confronti di Mosè.
E quando giungono a Mara, scoprono che è imbevibile. Mosè era ritenuto responsabile di quello che accadeva in viaggio ed egli non poteva fare altro che chiedere aiuto al Signore. Quando il Signore ordina a Mosè di gettare un legno nelle acque di Mara e queste divengono bevibili, ancora una volta il popolo deve riconoscere l’intervento miracoloso di Dio. Il gesto di Mosè doveva convincere il popolo che il Signore esaudiva la sua preghiera. Così, tutti, uomini e bestie, poterono bere con immenso sollievo. Poi gli Israeliti giungono nell’oasi di Elim! Dodici sorgenti di acqua, settanta palme: un sogno!
Partiti da Elim giunsero al deserto di Sin, nella parte orientale della penisola sinaitica. Erano trascorsi circa quarantacinque giorni dalla loro uscita dall’Egitto. Le scorte di pane azzimo erano finite. È scritto che: «(…) tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: “Fossimo morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”». Mosè e Aronne volgono lo sguardo al Signore ed egli vuole operare in modo che ancora una volta il popolo creda e comprenda che egli solo è il suo aiuto.
Ci saremmo aspettati un altro discorso da parte di molti Ebrei. Non potevano confidare ancora nell’onnipotente intervento di Dio?
Non era forse possibile a lui nutrirli e dissetarli anche in quel deserto? Ed ecco infatti che Mosè annuncia al popolo un altro miracolo grandioso: «“(…) domani mattina vedrete la Gloria del Signore (…). Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni, con le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore”. Mosè disse ad Aronne: “Dà questo comando a tutta la comunità degli Israeliti: Avvicinatevi alla presenza del Signore, perché egli ha inteso le vostre mormorazioni”. Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube. Il Signore disse a Mosè: “Ho inteso le mormorazioni degli Israeliti. Parla loro così: Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”. Alla sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Poi lo strato di rugiada svanì ed ecco sulla superficie del deserto c’era una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: “Man hu: che cos’è?”, perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne…».
Per quarant’anni i figli d’Israele, ogni mattina, raccolsero quel cibo prima del sorgere del sole. Al calore del sole la manna si scioglieva.
Aveva sapore di una focaccia col miele. Si poteva cuocere. Il Signore aveva posto in quel cibo quanto è necessario all’organismo umano. La sapienza-potenza creatrice di Dio si manifesta in modo grandioso. E quando il popolo cerca acqua da bere, il Signore ordina a Mosè di percuotere, con il suo bastone, la roccia sull’Oreb: «(…) tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». E così avvenne. Da quella roccia uscì tanta acqua da dissetare migliaia e migliaia di persone e tutto il loro bestiame. Si formò un torrente in quel deserto, causa di indicibile gioia per tutti…
IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 60