È giunto il momento, per il popolo d’Israele, di ricevere il dono immenso di una grande manifestazione di Dio, il vero, unico Dio di tutta la terra, anzi, di tutto l’universo. Solo il Signore sapeva fino a che punto il culto degli idoli degli egiziani aveva affascinato gli ebrei. Come il povero guarda, con ammirazione e invidia, il tenore di vita del ricco, pur subendone umiliazioni e soprusi, così gli ebrei avevano guardato, estasiati, la magnificenza dei riti degli egiziani ai loro dèi.
La sapienza divina voleva liberarli da quelle menzogne e convincerli che il loro Dio era il Dio vivente, santo, e proprio per questo esigeva, dal suo popolo, una condotta santa. Il Signore aveva già dato agli ebrei grandi prove della sua onnipotenza: da tutti i castighi che avevano colpito gli egiziani senza aver sfiorato gli ebrei, al prodigioso passaggio del Mar Rosso, al dono immenso della manna e dell’acqua di Mara, alla sorgente scaturita dalla roccia. Ebbene, ora egli vuoI dare loro delle leggi che li inducano a vivere nella perfezione morale. Ci sia concesso di ritenere che questa fu la ragione più vera e profonda per la quale egli volle manifestarsi a Israele in modo grandioso, ma anche terribile.
Erano tanto presenti in molti di loro, come si è detto, non solo il ricordo del culto idolatrico degli egiziani, ma anche delle orge legate a quel culto che, come vedremo più avanti, la grande teofania del Sinai non bastò a cambiare il loro cuore. Quanti di loro conoscevano le grandi e significative manifestazioni di Dio a Noè, ad Abramo e a Giacobbe? In quanti di loro era presente e viva la meravigliosa storia dei loro padri? Era dunque necessario che il Signore si manifestasse loro in modo tale che tutti potessero conoscere la sua maestà, la sua onnipotenza. È scritto che «Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dal paese d’Egitto, proprio in quel giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai… dove si accamparono: Israele si accampò davanti al monte».
Il deserto del Sinai è un’ ampia valle al centro di tre gruppi di montagne. Il gruppo centrale è chiamato Oreb o Sinai: la sua cima più alta verso il Nord è di 2.114 metri, mentre la cima più alta verso il Sud è di 2.244 metri. Qui lo scenario si fa grandioso. È scritto che «Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti”».
Mosè allora convoca gli anziani d’Israele perché riferiscano a tutto il popolo le parole del Signore e tutti dichiarano che faranno quanto il Signore ha detto: ascolteranno la sua voce e custodiranno la loro alleanza con lui. Il Signore dichiara poi a Mosè che si manifesterà a lui «in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te». Nessuno dovrà osare anche solo toccare il monte sul quale egli rivelerà la sua presenza, tranne Mosè e Aronne. E verranno date a Mosè quelle Dieci parole che dovranno essere norma di giustizia non solo per i figli d’Israele, ma per gli abitanti di tutta la terra. La loro perfezione sarà superata solo da una totale esigenza di santità che verrà proclamata dal Figlio di Dio, dopo circa tredici secoli, nel Discorso della Montagna (Mt 5). Quelle Dieci parole, o Decalogo, sono i Dieci comandamenti che ogni credente deve porre a fondamento della sua fede in Dio.
Vogliamo ricordarli brevemente: «lo sono il Signore tuo Dio…: non avrai altri dèi di fronte a me… Non pronunzierai invano il nome del Signore tuo Dio… Ricordati del giorno di Sabato (per i cristiani è la domenica) per santificarlo…: tu non farai alcun lavoro… Onora tuo padre e tua madre… Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa testimonianza… Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo…, né alcuna cosa che gli appartenga».
Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano.
Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo». Mosè rispose: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate».
IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 60