Protagonista della resistenza cattolica al risorgimento massonico, don Giacomo Margotti è personaggio dimenticato perché scomodo.
Denunciò la lotta anticattolica del Risorgimento.
Ripubblicate una parte delle sue Memorie.
Incredibile: nel preambolo del nuovo Statuto della Regione Emilia-Romagna (approvato in prima lettura dal Consiglio regionale) si afferma che la regione che per secoli è stata parte integrante dello Stato della Chiesa "si fonda sui valori del Risorgimento e della Resistenza al nazismo e al fascismo". L'Emilia-Romagna, dunque, sarebbe nata grazie al Risorgimento ed alla Resistenza!
I bravi romagnoli non ritengono giusto rammentare la cattolica Ravenna, capitale dell'impero Romano d'Occidente, né tanto meno la crassa Bologna centro – grazie alla Chiesa – della prima università giuridica del mondo. I buoni emiliani poi si sono scordati delle uccisioni in massa di preti e fedeli (chiamata Resistenza) alla fine del fascismo. Potremmo continuare.
Nella sua allegra ignoranza questa decisione fotografa al meglio l'aria di muffa che si respira in giro per l'Italia. E viene proprio da pensare che se Bin Laden non ci fosse già, Dio farebbe bene ad inventario. Qualcuno che castighi un popolo di apostati spensierati e smemorati ci vuole pure.
Per l'intanto ci prepariamo con qualche anno di anticipo a festeggiare il centocinquantenario dell'unità d'Italia (2011), compresi i bicentenari delle nascite di Garibaldi (2005) e di Mazzini (2007). Sempre nell'ottica di grazie papà che ci avete messi al mondo.
Scrive bene il "fratello" Augusto Comba in Valdesi e Massoneria: "va detto che dopo aver contribuito con la partecipazione attiva dei suoi uomini, primo fra tutti Garibaldi, al Risorgimento come realtà, dagli anni 1880 in poi la massoneria contribuì a costruirne il mito, quel mito che è simboleggiato dal tricolore. E ciò non solo con i discorsi di Crispi, le poesie di Carducci e Pascoli, i racconti di De Amicis, le statue di Ettore Ferrari, ma anche localmente la toponomastica, la museografia, la monetazione ecc., insomma i minuti accorgimenti che quel mito hanno stampato durevolmente nella mente degli italiani". Onore al merito: la massoneria è riuscita nel proprio intento. Il mito del Risorgimento gode ottima salute.
Nel nostro piccolo, facciamo quello che possiamo per ricordare qualche fatto. Dopo aver ristampato ne I panni sporchi dei Mille fonti liberali che documentano come menzogna, corruzione e tradimento fossero i principali ingredienti della conquista del Sud, ora, in Risorgimento anticattolico, pubblichiamo una fonte di parte cattolica: don Margotti e le sue Memorie.
Giacomo Margotti: chi era costui? Nessuna piazza, nessuna statua, nessuno scritto, nessun premio letterario. Niente, sparita persino la memoria. Eppure Margotti è un protagonista. Un protagonista della resistenza cattolica al risorgimento massonico. Un prete giornalista-teologo che con le armi della penna, dell'intelligenza, della fedeltà a Gesù Cristo e alla Chiesa, combatte la buona battaglia in favore della verità. Caporedattore del giornale torinese l'Armonia, don Margotti pubblica un testo fondamentale per la storia dell'Ottocento italiano: le Memorie per la storia dei nostri tempi dal 1856 al 1863. Alle Memorie è però capitata una sorte singolare: sono introvabili. Sparite. Dissolte. Non ci sono più nelle varie biblioteche nazionali d'Italia, non ci sono all'Istituto del Risorgimento di Torino che contiene più di centoventimila volumi sull'argomento, non ci sono nemmeno nelle principali biblioteche cattoliche, a cominciare dalla Vaticana.
Come mai? Questa scomparsa sarà forse da collegare al tipo di notizie che Margotti racconta? Il sacerdote torinese, proprio come Pio IX che teneva un suo ritratto nello studio, mette a confronto le parole d'ordine liberali con la loro concreta realizzazione. Testimone scomodo? È dire poco. Così, dopo avere provato ad ucciderlo (con una bastonata in testa mentre tornava a casa), lo hanno ben sigillato da morto. Di Giacomo Margotti non si doveva sapere più nulla. Come se non fosse mai esistito.
Eppure don Margotti non è solo uno dei più grandi apologeti italiani dell'Ottocento, è anche un politico che con le sue scelte ha contribuito a influenzare la storia d'Italia. È infatti l'ispiratore, col suo "né eletti né elettori" lanciato dalle colonne dell'Armonia nel 1861, del non expedit deciso da Pio IX nel 1864. Margotti aveva fatto concreta esperienza di come, nel costituzionale e liberale Regno di Sardegna, per la Chiesa ed i cattolici non ci fosse alcuno spazio: le elezioni del 1857 avevano premiato un folto gruppo di cattolici intransigenti (fra cui Margotti) e Cavour, per non essere costretto a confrontarsi in Parlamento con un'opposizione degna di questo nome, non ci aveva pensato né tanto né poco ed aveva annullato le elezioni. L'indegnità dello svolgimento dei plebisciti aveva fatto il resto.
La Chiesa di Pio IX ha affrontato la persecuzione risorgimentale porgendo sistematicamente l'altra guancia e non smettendo mai di pregare per i propri persecutori. Fare quotidiano ed eroico esercizio di carità cristiana non significa però coprire col proprio silenzio – né tantomeno giustificare – la messinscena liberale del governo costituzionale. Di qui il non expedit.
Tornando alle Memorie, queste raccontano le poco eroiche gesta degli inizia tori della storia d'Italia che prima non esisteva. A cominciare dalle circolari dei ministri liberali che documentano al meglio l'orrore della persecuzione anticattolica, per continuare col quotidiano, spietato calvario imposto agli uomini di Chiesa (e a tutta la popolazione cui si voleva far cambiare identità) per far risorgere la patria non ancora nata. Dal 1856 al 1863 (gli anni che contano per la realizzazione del Risorgimento) Margotti segue gli eventi passo dopo passo. Con caparbietà. Con meticolosità. Con puntiglio di documentazione scrupolosa e attenta a tutto: alle fonti ufficiali, agli atti del Parlamento, alle voci della stampa, alle reazioni internazionali, alla difesa delle buone ragioni della Chiesa.
La politica liberale è messa a nudo nella sua connaturata doppiezza. La rivoluzione è vista in azione cogliendone i nessi e mettendone a nudo i desideri reconditi. Il cinismo, la menzogna, la spregiudicatezza, la corruzione della classe dirigente liberale sono documentate pagina dopo pagina. Tutto concretezza, tutto citazioni, tutto fatti messi a confronto: questo è lo stile di don Margotti.
Finalmente, grazie alla Piemme, un protagonista cancellato dalla storia torna a vivere attraverso la ristampa di 200 pagine delle sue Memorie.
BIBLIOGRAFIA
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IL TIMONE – N. 36 – ANNO VI – Settembre/Ottobre 2004 – pag. 26 – 27