Ecco un regalo per Natale di cui non vi pentirete: due libri di Antonio Socci e Rino Cammilleri.
Due libri, due stili, due generi letterari, due uomini, due vite, due caratteri, una sola fede!
Leggendo uno dopo l’altro Il Vangelo secondo me di Rino Cammilleri e Uno strano cristiano di Antonio Socci e conoscendo un po’ i due autori si comprende benissimo la diversità di impostazione ma nello stesso tempo si respira un’unica passione: l’amore per la Chiesa cattolica e per Cristo Gesù. Nel suo ultimo esperimento letterario, Cammilleri percorre i Vangeli in lungo e in largo.
Dimostrando la sua abitudine a leggerli, la sua conoscenza anche nei minimi particolari, mette in evidenza soprattutto la passione a porsi domande, a non accettare che le parole scorrano su di lui come acqua fredda, a non prendere la fede come un dato acquisito. Chiunque consideri Cristo non come un personaggio storico ma come Colui che ha trasformato la propria vita e soprattutto che imposta ogni minuto, ogni respiro della quotidiana esistenza, non può fare a meno di porsi delle domande, di chiedersi “perché, perché Signore hai detto… perché hai fatto…”. La fede che non pone domande è un puro fideismo e San Tommaso ci insegna che questo è vuoto e inutile.
La fede ha bisogno di risposte, di uso di ragione, di indagine personale, in una parola di essere interiorizzata e accettata a fondo. Cammilleri cerca di dare risposte a passi che apparentemente sembrano assurdi o contradditori, cerca di fornire spiegazioni facendo sfoggio anche di una notevole conoscenza dell’esegesi. Non tutto è giustificabile con il ragionamento, certo, ma proprio perché la maggior parte di quanto ci è stato detto trova una sua logica anche umana possiamo accettare che qualcosa sfugga e resti un mistero, un interrogativo, che ci verrà svelato al momento opportuno dal Padre.
Ben diverso l’approccio di Socci che presenta una varietà di temi interessanti, ma soprattutto conquista con il suo stile. In Uno strano cristiano presenta la sua esperienza personale di reincontro con il Cristo attraverso la frequentazione di un gruppo, di un movimento, Comunione e Liberazione, che lo ha aiutato a tornare alla verità, alla radice dei problemi, alla vera dimensione umana dell’esistere. La sua vicenda personale fa solo da sfondo a tanti altri argomenti: dalle obiezioni sull’evoluzionismo alla veridicità storica dei Vangelo dalle assurdità del marxismo, all’astiosità anticattolica che ancora anima larga parte della intellighenzia italiana.
Soprattutto di quest’ultimo aspetto ha fatto esperienza sulla sua pelle, riuscendo nonostante tutto a diventare uno dei più accreditati giornalisti italiani, ma anche patendo una polemica infinita con le sue puntate televisive di Excalibur in onda in prima serata su RAI 2. Riflessioni, constatazioni interessanti quelle di Socci, ma se devo essere sincera, l’aspetto che più stupisce è la sua capacità di scrivere ancora con un’ombra di poesia. Le prime pagine del libro scorrono come percorse da un vento leggero, da un soffio gentile che pareva scomparso dalla nostra prosa contemporanea e che rende la lettura non solo piacevole, ma gustosa. Due personaggi molto diversi: il carattere un po’ pessimista e chiuso di Cammilleri, la sua ironia sempre un po’ amara, l’aria sorniona e sempre vigile, l’atteggiamento da romantico di altri tempi di Socci, ma una stessa certezza: Cristo ha vinto il male e ha salvato l’uomo.
E, se mi è consentita un’osservazione molto più terra-terra, i nostri due scrittori sono anche uniti dalla stessa passione per i capi di abbigliamento scuri, su cui ironizza Socci dopo che i suoi avversari hanno riscontrato nella sua passione per i maglioni scuri a collo alto un sicuro sintomo di posizioni politiche di destra e di integralismo religioso.
IL TIMONE N. 28 – ANNO V – Novembre/Dicembre 2003 – pag. 11