Cari amici,
quanto sta avvenendo in Europa, emerso con forza con gli attentati di Parigi e le reazioni successive, non deve indurci a un senso di paura – pur comprensibile – ma a interrogarci sul compito che a noi affida il Signore in questo tempo. Quella islamista, per chi non l’avesse ancora capito, è ben più che una minaccia. Pensare che gli eventi di Parigi siano semplicemente una reazione a delle vignette blasfeme è una grave sottovalutazione della realtà. Le retate compiute dopo gli attentati e le notizie che da tempo conosciamo circa l’attività in Europa di migliaia di fondamentalisti pronti – individualmente o in piccole cellule – a colpire ovunque, non lasciano spazio a illusioni. È vero, come alcuni esperti sottolineano, che c’è una guerra interna al mondo musulmano, ma pensare che l’Europa e l’Occidente in generale non siano per questo un obiettivo è pura illusione. Dall’altra parte abbiamo una leadership occidentale che – malgrado il sangue che comincia a scorrere sulle nostre strade – si preoccupa soprattutto di promuovere la cultura omosessualista e – se proprio si deve parlare di terrorismo – non trova niente di meglio che accomunare tutte le religioni in un’unica minaccia. Così accade che in Inghilterra una legge scolastica anti- fondamentalismo nata per fermare la trasformazione di alcune scuole statali in scuole islamiche di fatto, venga usata per impedire alle scuole cattoliche di resistere all’indottrinamento gender.
All’interno tentiamo di dipingere lo scenario che si presenta davanti a noi proponendo dei criteri di giudizio; ma nella nostra riflessione ci aiuta senz’altro recuperare quanto l’allora arcivescovo di Bologna, cardinale Giacomo Biffi, disse in un famoso discorso alla città nel 2000 in occasione della festa di San Petronio.
«Oggi è in atto una delle più gravi e ampie aggressioni al cristianesimo (e quindi alla realtà di Cristo) che la storia ricordi. Tutta l’eredità del Vangelo viene progressivamente ripudiata dalle legislazioni, irrisa dai “signori dell’opinione”, scalzata dalle coscienze specialmente giovanili. Di tale ostilità, a volte violenta a volte subdola, non abbiamo ragione di stupirci né di aver troppa paura, dal momento che il Signore e i suoi apostoli ce l’hanno ripetutamente preannunziata (…).
Ci si può meravigliare invece degli uomini di Chiesa che non sanno o non vogliono prenderne atto: in realtà, la sola cosa, di cui può temere chi è ben deciso a operare nella fede, è l’insipienza dei “figli della luce” i quali talvolta non si accontentano di “rallegrarsi con chi è allegro e di piangere con chi piange” (cf Rm 12,15), ma finiscono anche a smarrirsi con chi si smarrisce.
In un’intervista di una decina d’anni fa mi è stato chiesto con invidiabile candore: “Ritiene anche Lei che l’Europa sarà cristiana o non sarà?”. La risposta di allora può aiutarmi a chiarire il mio pensiero di oggi. “Io penso – dicevo – che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa “cultura del niente” (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’islam che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».
La riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo: ecco il compito che abbiamo davanti. Una riscoperta che parte anzitutto da noi, ma che chiede di essere comunicata agli altri. Solo questo può cambiare il corso di una storia che sembrerebbe già scritta.
Il Timone – Febbraio 2015