Nata nel 1895 in casa di un sarto di Montalto Uffugo (Cosenza) che aveva in tutto nove figli. Elena studiò dalle suore, ma nel 1905 rimase orfana di madre e dovette aiutare nel laboratorio casalingo. L’«inutile strage» della Grande Guerra (parole di Benedetto XV) ebbe il colpo di grazia con la terribile epidemia «spagnola», che in Calabria, terra di sottosviluppo, infuriò particolarmente. Elena aiutava le suore anche nel costruire le bare, che non bastavano mai.
Poiché ad andar con lo zoppo s’impara a zoppicare, nel 1920 la Nostra prese il velo. Pochi mesi dopo la trovarono accasciata per terra. Il medico vide che dalla spalla sinistra fino al collo la carne era tutta nera. Non c’era un minuto da perdere e lo stesso medico (generico) asportò la zona infetta, operando senza anestesia (non ne aveva). Ma non era uno specialista e tagliò anche qualche nervo, così che la giovane suora rimase mezzo paralizzata. La ferita dell’operazione non si chiuse più e, quando si poté portare Elena all’ospedale di Cosenza, era già in cancrena.
Poiché i guai non vengono mai da soli, le trovarono anche un cancro allo stomaco. Lei chiese a s. Rita, di cui era devota, la guarigione almeno dal tumore. La Santa le apparve e domandò due tridui. Il 21 ottobre 1921 arrivò la grazia. Il 2 marzo 1923 era – come in questo 2012 – il primo venerdì del mese: ad Elena apparve un Cristo incoronato di spine che, dopo averne chiesto il permesso, mise la corona sulla sua testa. Fu la colf ad accorgersi del volto insanguinato di Elena. Accorse gente, anche il medico, ma non si riusciva ad asciugarle la faccia perché il sangue non smetteva di scorrere. Il fatto si ripeté ogni venerdì. Il Venerdì Santo si aggiunsero anche le stimmate. Gesù le apparve e le disse chiaro e tondo che c’era un sacco di peccatori da salvare, e lei accettò di buon grado ogni sofferenza. Infatti, un medico ateo aveva mandato sua madre a tamponare il sangue con un fazzoletto, perché voleva analizzarlo. La donna eseguì, ma il fazzoletto fu ritrovato pulito. E il medico si convertì, facendosi pure battezzare.
Ogni Venerdì Santo la Beata riviveva la Passione (ci sono foto che la ritraggono con gli occhi sbarrati in quelle occasioni: lei “vedeva” la Passione di Cristo, quella originale). L’indomani mattina, fresca come una rosa, «‘a monaca santa», come la chiamavano in paese, riprendeva a lavorare.
Il 22 maggio 1924 (giorno della festa di s. Rita) guarì anche la piaga sulla spalla. La Santa glielo aveva annunciato la notte prima. Fu vista la sua statua prendere per la mano il braccio paralizzato di Elena e sollevarlo. Nel 1928 la Beata aveva trentatré anni e, come da comando superno, fondò le Suore Minime della Passione, dedite all’educazione delle bambine del popolo. Il primo laboratorio di cucito fu intitolato a s. Teresina di Lisieux, che apparve alle bambine e poi alla fondatrice. Quando le assistite furono troppe, la Provvidenza mandò il direttore della locale cassa rurale, che mise loro a disposizione la sua vecchia sede. Nel 1935, un giorno che la dispensa era vuota e pure il borsellino, la Beata trovò nel suo libretto di preghiere, tra le immaginette-segnalibro dell’Addolorata e di s. Teresina, un biglietto da 50 lire. Fatta la spesa, all’ora delle preghiere, comparve un altro biglietto da 50 lire nello stesso posto. Al momento delle preghiere serali, ancora una banconota di uguale valore, al solito posto. Ogni volta che serviva denaro, la Madre radunava le bambine in preghiera e immancabilmente arrivava la cifra esatta o la quantità precisa di quel che serviva (nel 1937, un vigile venne con una grande cesta di pane, oggetto di sequestro: pesava i giusti chili che mancavano in tavola).
La Madre Aiello aprì altre diciotto case, con asili, laboratori e orfanotrofi. La sua fama si sparse talmente che il prefetto di Cosenza interessò il cavalier Benito Mussolini, capo del governo, il quale non mancò di far pervenire alla Madre un sensibile attestato di stima, in denaro. E la Beata non mancò di sdebitarsi il 23 aprile 1940, facendo recapitare al Duce una lettera che fu resa nota solo il 19 marzo 1956 dal “Giornale d’Italia”. Si badi che la Madre aveva fatto solo le elementari e si esprimeva in dialetto calabrese. Per leggere i giornali e ascoltare la radio non aveva tempo, né è probabile che si interessasse di politica, tutta presa com’era dalle sofferenze mistiche e dal governo delle sue case. Ma che soffiassero venti di guerra lo sapeva, come tutti, e proprio di questo parlava nella sua lettera a Mussolini, a meno di due mesi dall’«ora delle decisioni irrevocabili». Ecco i passi salienti della missiva: «Io non volevo scrivere, ma ieri, 22, il Signore mi è apparso di nuovo imponendomi di farvi sapere quanto segue: […]. I Governatori dei popoli sono agitati per acquistare nuovi territori. […] Sono demoni di discordia, sovvertitori dei popoli e cercano di travolgere nel terribile flagello anche l’Italia, dove sta Dio in mezzo a tante anime e la sede del mio Vicario, Pastor Angelicus ». Val la pena di accennare al fatto curioso che «Pastor Angelicus» è proprio l’appellativo dato a Pio XII nelle pseudo-profezie di Malachia sui papi (scritte in realtà dal benedettino Arnold de Wyon nel 1591).
Così prosegue la lettera: «La Francia, tanto cara al mio cuore, per i suoi molti peccati presto cadrà in rovina e sarà travolta e devastata […]. All’Italia, perché sede del mio Vicario, ho mandato Benito Mussolini, per salvarla dall’abisso verso il quale si era avviata, altrimenti sarebbe arrivata in condizioni peggiori della Russia. In tanti pericoli l’ho sempre salvato; adesso deve mantenere l’Italia fuori della guerra […]. Se farà questo avrà favori straordinari e farò inchinare ogni altra Nazione al suo cospetto. Egli invece ha deciso di dichiarare la guerra, ma sappia che se non la impedirà sarà punito dalla mia Giustizia».
La Madre si recò a Roma il 6 maggio per consegnare la lettera alla sorella del Duce, Edvige, che la recapitò in pochi giorni. Ma la guerra ci fu lo stesso e anche Cosenza fu bombardata (ma le case della Aiello non soffrirono alcun danno). Si arrivò al terribile (per l’Italia) anno 1943 e il 15 maggio di nuovo la Madre si rivolse a Edvige Mussolini in questi termini: «Ah!… se il Duce avesse dato ascolto alle parole di Gesù, l’Italia non si sarebbe trovata ora in così triste condizione!… Io penso che il cuore del Duce sarà molto rattristato nel vedere l’Italia, da un giardino fiorito, trasformato in un campo deserto, seminato di dolore e di morte. Ma perché continuare questa guerra terribilmente crudele, se Gesù ha detto che per nessuno vi sarà vera vittoria? Perciò, cara Donna Edvige, dite al Duce, a nome mio, che questo è l’ultimo avviso che il Signore gli manda. Potrà ancora salvarsi mettendo tutto nelle mani del Santo Padre […]. Vi ricordate il 7 luglio dell’anno scorso quando mi dicevate che cosa ne sarebbe stato del Duce ed io vi risposi che se non si fosse mantenuto unito al Papa sarebbe finito peggio di Napoleone? Ora vi ripeto le stesse parole […]. Anche Bruno dal cielo chiede al padre la salvezza dell’Italia e di lui stesso». Bruno era il figlio di Benito Mussolini, morto qualche anno prima. Si sa come sono poi andate le cose.
Intanto la Madre continuava con le sue esperienze mistiche, tra le quali vanno annoverate anche le visite di anime del Purgatorio o del Paradiso, venute a ringraziarla per le sue preghiere. Nel 1961, la Beata cominciò ad accennare sempre più spesso alla sua morte. Infatti, assalita da una febbre inspiegabile, fu ricoverata in ospedale a Roma, dove morì il 19 giugno tra profumi e predizioni.
Ancora oggi esiste il pannello di masonite in cui il suo sangue aveva impresso il volto di Cristo sofferente. Poiché il suo letto era appoggiato alla parete, tra il capezzale e il muro era stato messo questo foglio di legno- cartone per riparare la testa dall’umidità. Qui erano finite alcune gocce di sangue della stigmatizzata e vi si erano seccate. Ma la notte del 29 settembre 1955 si illuminarono e tornarono a scorrere fresche. Il fenomeno continuò fino all’anno seguente. Se lo si tamponava, sui fazzoletti o sul cotone quel sangue formava croci, cuori, corone. Il 10 luglio 1956, festa del Preziosissimo Sangue, nemmeno la Madre riuscì a lavare via quel sangue. Si formò allora il volto di Gesù, e vi rimase per sempre. Tra parentesi, il sangue della mistica, analizzato, rivelò un fenomeno scientificamente inesplicabile: era solo emoglobina, senza le cellule. Il che deporrebbe a favore dell’ipotesi soprannaturale, e non naturale, del sudore di sangue di Cristo nel Getsemani.
Elena Aiello ebbe anche molti messaggi e profezie da parte di Cristo e della Madonna. Uno del 1959 mi colpisce particolarmente, perché sembra riferirsi a certi democristiani: «Anche in Italia sono come lupi rapaci rivestiti da pelli d’agnello, perché mentre si dicono cristiani aprono le porte al materialismo, facendo dilagare la disonestà dei costumi, e porteranno l’Italia alla rovina; ma molti di essi andranno in confusione…».
IL TIMONE N. 113 – ANNO XIV – Maggio 2012 – pag. 20 – 21
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl