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6.12.2024

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Emmanuel Mounier
31 Gennaio 2014

Emmanuel Mounier

 

 

Cattolico, non privo di qualche tonalità modernista, considerato il padre del personalismo, avversò l’umanesimo borghese e quello marxista.
Ma di quest’ultimo apprezzò tuttavia alcuni aspetti.

 

 

Fu il pensatore francese Charles Renouvier (1815-1903) a introdurre il termine “Personalismo” nel lessico filosofico contemporaneo: con tale termine egli intese indicare una filosofia che si facesse paladina del valore e della dignità della persona umana offuscati, per motivi diversi, sia dall’idealismo tedesco, panteista e immanentista, sia dal positivismo, che aveva perso di vista la dimensione metafisica e spirituale dell’uomo. Ma fu un altro intellettuale francese, Emmanuel Mounier, a consolidare il “Personalismo” come corrente di pensiero e a diffonderne gli ideali.
Mounier nacque a Grenoble nel 1905 e dopo aver conseguito la laurea in filosofia cominciò a partecipare attivamente alla vita culturale parigina e ad accarezzare l’idea di fondare una nuova rivista, il cui primo numero apparve effettivamente nell’ottobre del 1932, con il titolo di Esprit: fu questo lo strumento attraverso cui egli cercò di provocare e scuotere l’ambiente culturale francese e per il quale sacrificò una promettente carriera universitaria. Nel 1935 sposò Henriette Leclercq, con la quale realizzò un profondo sodalizio umano e intellettuale e che diventerà l’erede e la continuatrice dell’impegno spirituale e culturale del marito all’indomani della prematura morte di lui. Fra il1935 e il 1938, Mounier scrisse le sue opere più importanti, tra cui spiccano Rivoluzione personalista e comunitaria e il Manifesto al servizio del personalismo, finché fu richiamato alle armi. Nel 1941 tentò di riprendere la pubblicazione di Esprit, interrotta a causa dell’occupazione tedesca, ma ben presto il governo del maresciallo Pétain soppresse la rivista, che riapparve soltanto dopo la liberazione, alla quale Mounier aveva dato un significativo contributo intellettuale che gli era costato persino il carcere.
Nel 1949 dette alle stampe l’importante opera Il personalismo.
Stroncato da un infarto cardiaco, Emmanuel Mounier morì il 22 marzo del 1950.
La riflessione mounieriana prende le mosse dalla profonda consapevolezza della grave crisi che attanaglia il mondo contemporaneo, crisi dalla quale non esiste via d’uscita se non attraverso una vera e propria rivoluzione, che l’uomo, ciascun uomo, dovrà compiere nel proprio modo di essere e di pensare. E questa rivoluzione è imperniata sul recupero della realtà e del valore della persona, che secondo Mounier è qualcosa di indefinibile e inoggettivabile, in quanto è una presenza che ciascuno riscontra in se stesso e che si presenta come il punto di incontro di tre tensioni fondamentali: la vocazione, l’incarnazione e la comunione. La vocazione chiede all’uomo di riflettere su quale debba essere il suo ruolo nel mondo; l’incarnazione ricorda a ciascuno che non è possibile sfuggire alla condizione della corporeità e della storicità in cui vive l’essere umano; la comunione, infine, spinge ogni persona verso gli altri, cioè verso un’esistenza comunitaria che implica e richiede il dono di sé.
Movendo da queste convinzioni, Mounier critica aspramente la società capitalista, considerandola figlia dell’individualismo e dell’egoismo più sfrenati: egli è convinto che il capitalismo afferma il primato del possesso e del profitto, facendo diventare il denaro l’unico e incontrastato signore della vita. Tale dura critica del mondo capitalista non condusse Mounier ad accettare l’ideologia marxista, della quale tuttavia egli apprezzò parte dell’analisi della società e condivise l’ansia di giustizia e di affrancamento dei più bisognosi. Del marxismo egli respinse con forza il materialismo, lo statalismo, la fiducia ottimistica nella collettività e la sfiducia pessimistica nei confronti delle persone singole, il tragico approdo a regimi totalitari e inevitabilmente imperialisti.
La condanna che Mounier pronunciò nei riguardi del capitalismo e del marxismo trovò la prima e fondamentale motivazione nella fede cristiana, che egli ritenne inconciliabile con qualunque dottrina politica. In effetti, il cristianesimo mounieriano, non privo di qualche tonalità modernista, debitore nei confronti della lezione di Pasca I e influenzato dalla filosofia esistenzialista, presenta un’ineliminabile componente tragica, che mette l’accento sulla drammaticità della condizione umana, sulla fragilità dell’uomo, sui limiti della ragione, sulla costante minaccia della morte: di qui la certezza di Mounier che il cristianesimo non tolleri accomodamenti intellettuali e, tanto meno, politici. Inoltre, secondo Mounier, la dimensione escatologica della verità cristiana non permette a essa di accordarsi con alcun ordine stabilito e spinge i credenti verso una religiosità coraggiosa, nemica dei compromessi e capace di scrollarsi di dosso ogni tentazione conservatrice e quietista. E il personalismo, che è imbevuto e nutrito di cristianesimo, non vuoi essere una filosofia qualunque, magari adatta per tranquillizzare le coscienze; esso, come è stato suggestivamente detto, non è “una filosofia per la domenica pomeriggio”, ma acquista piuttosto i caratteri di un messaggio rivoluzionario capace di scardinare la gabbia dell’egoismo e della massificazione, e finalizzato all’instaurazione di una società personalistica e comunitaria, fondata sull’amore e sulla comunione, nella quale la persona occupi un posto centrale, venga costantemente difesa e trovi nello Stato un servitore e non un padrone.
RICORDA
“Quando nel 1936 sembrava ormai certa la condanna ecclesiastica alla sua rivista, Mounier indirizzava all’Arcivescovo di Parigi un rapporto dettagliato in sua difesa ed in cui si diceva: ‘I collaboratori di Esprit sono figli della Chiesa; essi non intendono essere né semi-cattolici, né neo-cattolici. Essi accolgono il patrimonio della fede nella sua integrità e cercano di possederlo in maniera sempre più viva e rigorosa… E’ in questo spirito di filiale sottomissione che noi conduciamo una grande avventura. Non concepiscono affatto che essa possa avere una priorità nei confronti della loro fedeltà alla Chiesa: al contrario, solo da questa fedeltà essi attendono l’ispirazione e il coronamento’ “.
(Franco di Giorgio, Cristianesimo incarnato, in Littarae Communionis, aprile 1990, p. 55).
BIBLIOGRAFIA
E. Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria, Ecumenica, Bari 1984.
E. Mounier, Il personalismo, Ave, Roma 1987.
A. Rigobello, Il personalismo, Città nuova, Roma 1975.

 

 

 


IL TIMONE N. 27 – ANNO V – Settembre/Ottobre 2003 – pag. 28 – 29

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