È considerato il più grande intellettuale dell’Umanesimo europeo. Ma il giudizio sulla sua persona e sul suo atteggiamento nei riguardi della Chiesa è molto controverso.
Vissuto tra il 1466 e il 1536, Erasmo da Rotterdam è considerato il più grande intellettuale del suo tempo e viene ricordato come il maggiore rappresentante dell’Umanesimo europeo. Tuttavia, ancora oggi, gli studiosi si dividono al momento di dare un giudizio complessivo sulla sua persona e la sua opera, specialmente per quanto concerne l’atteggiamento da lui assunto nei confronti della religione cristiana. Per alcuni, Erasmo fu in realtà un nemico della Chiesa di Roma e il propugnatore di un soggettivismo, di un relativismo e di un individualismo che non possono accordarsi con una sana concezione cattolica della fede e preludono a un vero e proprio libertinismo. Per altri, invece, la critica erasmiana della Chiesa era finalizzata ad un autentico rinnovamento della devozione e della cultura teologica, tale che fosse in grado di superare le oscurità e le arretratezze della religiosità medievale e di ritornare alla purezza del cristianesimo delle origini.
Anche per ciò che riguarda i rapporti di Erasmo con la Riforma protestante non vi è unanimità di vedute: qualcuno considera l’umanista olandese un precursore cosciente dell’eresia luterana, mentre per altri egli seppe rimanerne assai distante, benché alcune sue tesi fossero in sintonia con quanto veniva affermando Lutero. A questo riguardo, molto interessanti risultano le seguenti parole contenute in una lettera che Erasmo inviò nell’ottobre del 1527 a un monaco che aveva in animo di abbandonare l’abito e il convento per seguire il protestantesimo: «Temo che tu prenda troppo sul serio le chiacchiere di certi ciarlatani che esaltano con magniloquenza la libertà del Vangelo. Credimi, se tu vedessi le cose più da vicino, troveresti la tua vita attuale meno penosa. Io vedo sorgere una razza di uomini dalla quale tutto il mio essere rifugge con spavento. Nessuno diventa migliore, tutto va di male in peggio, e sono profondamente addolorato di aver io stesso un tempo, nei miei libri, esaltato la libertà spirituale. Lo feci però con retta intenzione, quando nulla faceva prevedere l’avvento di una tale genìa. Se desideravo che si togliesse qualche cosa alle pratiche esteriori, lo facevo nella speranza che se ne avvantaggiasse la vera pietà. Ora essi sopprimono così bene le pratiche, da sostituire la libertà dello spirito con le dissolutezze della carne. Che libertà è mai questa che non ci permette neppure di pregare e di celebrare la Santa Messa?».
Rimasto orfano dei genitori intorno ai diciott’anni, Erasmo fu avviato alla vita monastica, che sopportò di malavoglia, e nel 1492 diventò prete. Appassionatosi vivamente agli studi letterari, non apprezzò la teologia scolastica, che considerò troppo arzigogolata e «priva di Cristo». Ben presto iniziarono i suoi viaggi in Europa: fu in Inghilterra, ove divenne amico di Thomas More, soggiornò in Italia e a Torino si addottorò in Teologia; a Roma rimase impressionato molto negativamente dalla paganizzazione della Chiesa guidata da papa Giulio II. Ottenuta la dispensa dai voti religiosi, circondato da vasta fama e generale ammirazione, Erasmo dette alle stampe numerosissime opere, che spaziano dalla politica alla pedagogia, dalla teologia all’esegesi biblica, e che furono spesso al centro di aspre polemiche. In particolare egli si trovò in difficoltà quando dovette prendere posizione pro o contro Lutero: il suo atteggiamento conciliante finì per renderlo inviso sia ai protestanti che ai cattolici. La sua stella cominciò a declinare ed ebbe inizio per lui un periodo di angustie fisiche e spirituali, che tuttavia non lo distolsero dalla sua incessante attività di studio, conclusasi soltanto con il sopraggiungere della malattia che dopo tre settimane lo condusse alla morte nella notte fra l’11 e il 12 luglio 1536.
Il concetto centrale del pensiero erasmiano è quello di filosofia cristiana, che non corrisponde ad alcuna dottrina particolare, ma rappresenta piuttosto il modo di vivere di Cristo stesso: la sequela di Cristo, la sua imitazione, frutto dell’amore più che dell’intelligenza, diventano, agli occhi di Erasmo, il compito del vero credente. Si tratta di una concezione cristocentrica, intorno alla quale il dotto olandese fa ruotare tutto il suo universo umano e culturale: l’etica e la politica, l’educazione e, soprattutto, la religiosità, che assume spiccati caratteri «cristici». Di qui si origina l’ansia riformatrice di Erasmo, che propugna l’ideale di un cristianesimo spirituale e interiore, contrapposto a quello sfarzoso, esteriore e trionfalistico che egli vede assai diffuso intorno a sé. Questo desiderio di purificazione spinge il pensatore di Rotterdam a contestare molta parte della struttura esteriore della vita religiosa e della Chiesa, senza per questo – come è stato autorevolmente sostenuto – giungere mai a intaccare l’ortodossia dottrinale. In tale contesto, si colloca anche la profonda riflessione erasmiana sulla libertà, in seguito alla quale egli si oppose alla tesi luterana del servo arbitrio, che implicava una radicale sfiducia nell’uomo e nelle sue capacità di cooperare con la grazia divina per guadagnare la salvezza.
Un’altra grande preoccupazione di Erasmo fu quella di rinnovare gli studi esegetici e filologici, nella convinzione che ciò avrebbe permesso una ripresa e una purificazione della fede autentica, una fede che, superata ogni esteriorità, sarebbe divenuta vera e propria vita di comunione con Dio in Cristo.
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«Non ci si può accostare a Erasmo senza provare un sentimento alquanto contraddittorio, tanto di attrazione come di delusione. […] Erasmo è innamorato delle cose buone della natura e del mondo; lo attraggono le virtù e i valori umani, l’amicizia in primo luogo; gli interessa l’arte, la cultura, la buona educazione, le lingue e la scienza […] particolarmente attraente gli sembra la prospettiva di una vita pienamente cristiana in mezzo al mondo. […] la nota non del tutto intonata – perfino discordante – esce a volte in mezzo alle sue intuizioni più suggestive e particolarmente interessanti. […] Sono innumerevoli le sue dichiarazioni di ortodossia, ma simultaneamente manifesta un atteggiamento poco rispettoso del dogma, e in pratica cade in posizioni errate. C’è in Erasmo un insieme di grandezza e miseria, di ambizioni e di egoismo, di buona dottrina e di leggerezza. Non è facile, perciò, evitare giudizi parziali».
(Antonio Livi, La filosofia e la sua storia. La filosofia moderna, Dante Alighieri 1996, vol. II, p. 52).
Bibliografia
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Paoline, 2004.
Erasmo da Rotterdam, La formazione cristiana dell’uomo (contenente anche il celebre Manuale del soldato cristiano), Rusconi, 1989.
Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l’opera, Morcelliana, 1989.
Antonio Livi, La filosofia e la sua storia. La filosofia moderna, Dante Alighieri 1996, vol. II, pp. 51-54.
IL TIMONE – N. 43 – ANNO VII – Maggio 2005 – pag. 30-31