E’ una guerra contro l’uomo che affonda le radici nel darwinismo ed è diventata pensiero dominante grazie al femminismo, all’ambientalismo e al movimento per il controllo delle nascite.
Le radici darwiniste
L’eugenetica rappresenta l’ulteriore sviluppo del darwinismo sociale, ovvero della teoria dell’evoluzionismo e della lotta per la sopravvivenza – grazie alla quale le razze più forti sopravvivono alle più deboli – applicato al mondo degli uomini. Non a caso a coniare questo termine (dal greco eu, buono, e genos, razza, specie), già alla fine dell’800 fu il britannico Francis Galton (1822-1911), cugino e discepolo di Charles Darwin (1809-1882). Galton si dedicò agli studi su ereditarietà e intelligenza, portando alle estreme conseguenze il pensiero darwiniano sulla selezione naturale. Secondo Darwin, infatti, gli uomini – come gli animali – tendono a riprodursi oltre i limiti fino a generare una lotta per la sopravvivenza, che vede vincitori i più forti e intelligenti, mentre le razze più deboli vengono lentamente spazzate via. Galton, poggiandosi anche sulla recente scoperta dell’ereditarietà dei geni, fa un passo ulteriore, si pone cioè la domanda se non sia il caso di “guidare” questa selezione in modo da migliorare la razza umana. Il suo pensiero è espresso molto chiaramente: «Se venisse speso in provvedimenti per il miglioramento della razza umana anche solo un ventesimo dei costi e dei sacrifici che si spendono per migliorare la razza dei cavalli e dei bovini, che galassia di genii potremmo creare! Potremmo introdurre nel mondo profeti e gran sacerdoti della civilizzazione così come ora possiamo moltiplicare gli idioti mettendo insieme i cretini».
Galton, convinto dell’ereditarietà sia delle virtù sia dei vizi, pensa soprattutto a promuovere una eugenetica “positiva”, ovvero attraverso matrimoni selettivi privilegiando quelli tra gli elementi più intelligenti della società. Il passaggio dall’eugenetica “positiva” a quella “negativa” – cioè il divieto ai deboli e agli imperfetti di riprodursi – è breve e lo compie Leonard Darwin (1850-1943), figlio di Charles e successore di Galton alla guida della Società Eugenetica, che lo stesso Galton aveva fondato nel 1907. Le tesi di Galton e del giovane Darwin – che invoca l’uso della forza per impedire la riproduzione dei geni “deboli” – non restano confinate al mondo intellettuale né alla Gran Bretagna. Tanto che al primo Congresso Internazionale di Eugenetica, nel 1912, troviamo già una nutrita rappresentanza da Stati Uniti, India, Australia, Canada, Germania, Francia, Giappone, Mauritius, Kenya e Sudafrica. Pur con caratteristiche più “positive”, anche l’Italia vede nascere un movimento eugenetico.
Il successo è però immediato soprattutto negli Stati Uniti dove il pensiero di Galton interpreta e indirizza la paura di molti bianchi che vedono minacciata la grande nazione americana dai rapidi cambiamenti economici e demografici (ai primi del ‘900 c’è una forte immigrazione dall’Europa meridionale e orientale). Nel 1930 sono almeno una trentina gli Stati americani dove sono in vigo-re leggi eugenetiche che autorizzano la sterilizzazione degli “insani”, cioè criminali, epilettici, deficienti mentali, pervertiti sessuali e anche “non-bianchi”. Per questo l’eugenetica trova anche importanti sponsor economici nelle grandi fondazioni americane, a cominciare dai Rockefeller e dai Carnegie, che ne dilatano l’impatto sociale e politico. Non solo gli Stati Uniti: ha fatto scandalo recentemente il caso della Svezia, dove già nel 1922 il partito socialdemocratico proponeva misure eugenetiche quali la sterilizzazione, che poi vennero introdotte effettivamente nel 1935, insieme ad altri Paesi nord e centro-europei.
In questo clima si capisce facilmente perché l’ascesa del nazismo fu ben accolta in Europa e America, contrariamente a quel che oggi si vorrebbe far credere. Le ricerche eugenetiche vengono da subito sostenute e finanziate dalla Fondazione Rockefeller. E l’arrendevolezza di alcuni governi europei a Hitler può essere anche spiegata nella comune appartenenza eugenetica: lo era il premier britannico degli accordi di Monaco (1938), Arthur Neville Chamberlain, lo era anche il premier collaborazionista francese Henri Philippe Pètain.
Un aspetto molto interessante da approfondire è ciò che accade dopo la Seconda Guerra Mondiale. Apparentemente con il nazismo è finita l’era dell’eugenetica, con le sue teorie della superiorità della razza e delle sterilizzazioni di massa. Apparentemente, ma non è così. Leggiamo cosa dice nel 1956 uno dei leader americani del movimento eugenetico,Frederick Osborn, in un discorso alla Società Eugenetica britannica, dal titolo “Galton e l’eugenetica a metà secolo”: «… La parola eugenetica è caduta in disgrazia in alcuni ambienti. Ma io credo ancora nel sogno di Galton, così la maggior parte di voi. Dobbiamo dunque chiederei, dove abbiamo sbagliato? lo credo che abbiamo sottovalutato un tratto che è quasi universale e profondamente radicato in natura. Cioè le persone semplicemente non vogliono accettare che la base genetica che forma le loro caratteristiche è inferiore e non deve perciò essere ripetuta nella prossima generazione. Noi abbiamo chiesto a interi gruppi di persone di accettare questa idea e lo abbiamo chiesto anche a singoli individui. Loro hanno costantemente rifiutato….
La gente invece accetterà l’idea di uno specifico difetto ereditario. Andranno a una clinica per l’ereditarietà e chiederanno qual è il rischio di avere un bambino con qualche difetto. Calcoleranno il rischio rispetto alla possibilità di avere un bambino sano, e usciranno di solito con una sana decisione. Ma loro non accetteranno l’idea di essere di seconda classe. Perciò dobbiamo puntare su altre motivazioni.
A certe condizioni la gente avrà figli in rapporto alla propria capacità di prendersi cura di loro….Su questa ba se è possibile costruire un sistema di “selezione volontaria inconsapevole”. Ma i motivi avanzati devono essere generalmente motivi accettabili. Smettiamo di dire alle persone che hanno una qualità genetica inferiore, perché essi non accetteranno mai. Ma fondiamo le nostre proposte sulla desiderabilità di avere figli che nascano in case dove avranno una cura responsabile ed affettuosa, e forse le nostre proposte saranno accettate».
È così che anche le Società di Eugenetica si riciclano e diventano istituti di biologia sociale, come si chiamano tuttora. Cambia ovviamente anche il linguaggio, molto più accattivante e moderno: libertà di scelta, bambini voluti, fino al diritto al figlio sano di cui oggi tanto si discute.
Campi di applicazione
Anche la questione del “bimbo sano”, che pure ha fatto riemergere il termine eugenetica, non è che un aspetto attraverso cui si è manifestato in questi decenni il movimento per la selezione della razza.
Ad esempio un certo femminismo radicale, nato con l’americana Margaret Sanger (fondatrice dell’lnternational Planned Parenthood Federation, oggi la più potente organizzazione mondiale per la diffusione dell’aborto) e l’inglese Marie Stopes, affonda chiaramente le sue radici nelle Società di Eugenetica di cui entrambe erano membri. Il movimento per la liberazione della donna, l’autodeterminazione, il controllo del proprio corpo non sono altro che strumenti per Ia selezione della razza. Non a caso le cure delle due pioniere, all’inizio del ‘900, si rivolgono alle donne povere e immigrate delle città anglo-americane e oggi le eredi hanno come obiettivo soprattutto le donne dei Paesi in via di sviluppo.
A Margaret Sanger, peraltro, si deve l’origine dell’espressione “controllo delle nascite” e il movimento per il controllo delle nascite diventerà a partire dagli anni ’50 uno dei maggiori veicoli per la diffusione e la pratica del pensiero eugenetico, grazie anche all’infiltrazione scientificamente perseguita delle potenti agenzie dell’ONU. È da qui che nascono i continui allarmi sull’esplosione demografica e l’urgenza di porvi rimedio drasticamente.
Si è perciò creato da molti anni questo clima di paura da sovrappopolazione a cui l’ambientalismo, a partire dagli anni ’70, ha dato un apporto decisivo. Vale dunque la pena ricordare che la stessa parola “ecologia” viene coniata da un discepolo di Darwin, Ernst Haeckel (1834-1919), a cui si deve anche la teorizzazione del “monismo”, ovvero la teoria filosofica secondo cui “uno spirito è in tutto”: da qui l’impossibilità di stabilire un confine esatto tra i diversi elementi della natura, tra regno vegetale e regno animale, tra regno animale e mondo umano.
È molto facile verificare che tutte le battaglie dell’ambientalismo – dall’opposizione agli organismi geneticamente modificati alla necessità di controllare il clima – arrivano tutte alla stessa conclusione: sul pianeta siamo troppi. La conseguenza è logica: se siamo troppi qualcuno va eliminato, quindi si deve fare una scelta, cioè una selezione. È così sorprendente dunque che chi vuole la riduzione delle nascite sia anche favore della manipolazione genetica e della ricerca sugli embrioni?
IL RITORNO DI ERODE
«Bisogna dire, con dispiacere, che al giorno d’oggi, su questo fronte, le voci del Santo Padre e della Chiesa cattolica sono poco ascoltate, soprattutto negli ambiti continentali dei Paesi ricchi e benestanti, quando addirittura non vengono deliberatamente fatte sparire, sommergendole nel frastuono e nel baccano orchestrati da potenti lobbies culturali, economiche e politiche mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano. Basta pensare alla disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiando il matrimonio tra un uomo e una donna, sparano addosso alla vita fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni. A finire sul banco degli imputati di questa lobbies – nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza – è soprattutto la chiesa cattolica e i cristiani verso i quali ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce: dall’intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all’emarginazione. La Chiesa, forte della forza che le viene dal Signore e della sua bimillenaria esperienza, continuerà ad annunciare il Vangelo della salvezza, predicando la piena verità dell’uomo contro tutti i relativismi e gli oscurantismi dell’illuminismo post-moderno».
(Card. Renato Martino, presentazione del libro Pope John Paul II and then challenger of papal diplomacy – Anthology, Roma, 18 ottobre 2004).
Dossier: Il ritorno di Erode
IL TIMONE N. 38 – ANNO VI – Dicembre 2004 – pag. 36 – 38
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