Europeisti si, ma non ingenui. Chi comanda in Europa? I rappresentanti dei popoli elettori o i tecnocrati invisibili? Il dovere di vigilare.
I sondaggi parlano chiaro. Gli italiani risultano essere gli europeisti più convinti. Aderiscono all’Europa come si sottomettono ad un destino ineluttabile. Tirar la cinghia, farsi carico di nuove tasse, subire slogan a ripetizione per “entrare in Europa” ha avuto, credo per quasi tutti noi, questo significato: l’impossibilità di immaginarsi “fuori” da una casa millenaria, arredata di cose e piena di nomi che ci appartengono, che sono “nostri”, ovunque siano nati. Shakespeare ci appartiene come Dante. Tommaso d’Aquino è nostro come Proust e Leone XIII, Adenauer e Bach come de Gasperi. E il diritto romano, e la civiltà giudeo-cristiana: “la civiltà” tout court, per noi.
Accettiamo l’Europa così come si sta attuando, Maastricht e l’eurocrazia, la Commissione, la Banca Centrale, il fantomatico euro, le “direttive” che vengono da Bruxelles e che le legislazioni dei Paesi devono accogliere, perché vogliamo partecipare ad un progetto che vuole, e deve, essere grande, all’ altezza del passato, di un passato ancora vivente.
La nostra adesione, però, non è né sciocca né ingenua e non ci impedisce di giudicare l’Europa che si sta costruendo. È il dovere di vegliare perché l’Europa sia all’ altezza della sua tradizione e della sua civiltà. E qui arrivano le dolenti note.
Il malessere sul “deficit di democrazia” cova da anni e non è stato alleviato in questi ultimi tempi. A tutt’ oggi, l’Europa è ancora un “oggetto politico” non ben identificato, senza sovranità e priva di costituzione. Ma resta vero che sta sottraendo fette di sovranità agli Stati che la compongono, che sono legittimati da costituzioni e rappresentano la volontà degli elettorati.
La sensazione che a comandare davvero in Europa siano funzionari non-eletti e tecnocrazie poco visibili è forte. Nessuna delega, si cooptano tra loro (e fra loro sono super-rappresentati tecnocrati francesi, belgi, olandesi). Si sa che ad importanti apparati normativi comunitari hanno presieduto i consulenti giuridici della Philips. E si sa pure che a Bruxelles hanno messo piede e aperto uffici almeno 3.000 gruppi di pressione, con lo scopo di “spingere” presso Parlamento, Commissione ed Eurocrazia le cause che stanno loro a cuore. E così, il cuore decisionale dell’Unione Europea viene “irrorato” di consigli, di “spinte”, forse di ricatti più da queste lobbies che dagli elettorati, lontani e distratti.
Questo meccanismo poco trasparente e poco democratico incide sempre più sulle nostre vite. Le cambia, e cambia i nostri costumi: insomma, la tradizione, la civiltà-Europea.
Un esempio valga per tutti. L’Unione Europea ha vietato la stagionatura in caverna di certi formaggi (fra cui il lombardo taleggio) perché la Nasa, l’Ente spaziale americano, chiamata a pronunciarsi, avrebbe sancito che si trattava di pratica non igienica.
Un chiaro esempio, questo, di abuso di potere, espressione di un vizio mentale della burocrazia. Per secoli, se non millenni, il formaggio è stato stagionato in questo modo, senza pericolo per la salute, ma l’eurocrazia, con un tratto di penna, cancella l’antica tradizione su responso di ente scientifico-mediatico, e burocratico, come la Nasa.
Oggi tocca ai formaggi, ma altre misure si stanno preparando.
Nel cuore decisionale dell’Europa si registra una certa tendenza ad equiparare, nella legislazione comunitaria, tutte le religioni, da quelle che hanno segnato la civiltà europea fino alle ultime arrivate, fino alle sette inventate l’altro ieri. Così l’Opus Dei vale Scientology, i Focolarini sono equiparati ai Bambini di Dio.
Il rischio è che un giorno tutto ciò si traduca in una” direttiva europea”. Alla cui formulazione non mancheranno di prender parte lobbies settarie ed ideologiche che hanno i loro uffici a Bruxelles, senza che la Chiesa e i rappresentanti delle religioni storicamente incarnate in Europa siano coinvolti. Insomma, si lascia fuori chi ha fatto l’Europa nei secoli. Sarebbe il caso estremo di un Continente che tronca le radici della propria cultura.
Il nostro europeismo sarà pure entusiasta, come dicono i sondaggi, ma non ingenuo.
Vegliamo.
IL TIMONE – N.4 – ANNO I – Novembre/Dicembre 1999 – pag. 4 – 5