Sa discutere con competenza e decisione dei figli in provetta così come delle stragi del sabato sera. Punta i piedi contro il riconoscimento legale delle coppie gay e anche per un fisco più equo. D’altronde, la famiglia d’Italia è grande e varia: e lei -come ogni brava “donna di casa” – ha imparato a fare bene un po’ di tutto.
Luisa Santolini, romana, due figli, insegnante di biologia (“Nella scuola statale”, precisa) è infatti fin dalla fondazione presidente del “Forum delle famiglie”: un’associazione di associazioni (35, per la precisione: dall’Azione cattolica alle Acli, dalle casalinghe al movimento per la vita, dai genitori delle scuole cattoliche alle famiglie per l’accoglienza) che esiste dal 1993 e rappresenta quasi 4 milioni di nuclei familiari della Penisola. Per questo la dottoressa Santolini è tanto duttile: ha scritto decine di articoli e partecipato ad altrettanti dibattiti per difendere lo statuto e i diritti della famiglia, ma insieme non disdegna di affrontare con piglio deciso anche questioni – all’apparenza – molto più umili e pratiche. Come chiedere agli organi competenti tariffe per il gas e l’elettricità che favoriscano i nuclei numerosi, oppure controllare le regole sui mutui per la casa, o bussare alla porta del Presidente del Consiglio per ottenere un fisco che tenga conto del numero dei figli…
Signora Santolini, quale clima respira oggi la famiglia italiana: è ancora sotto assedio, oppure c’è più attenzione nei suoi confronti?
“Beh, non sono molti anni che fu decretata la “morte della famiglia”… Secondo alcuni, si trattava di un’istituzione superata, inutile, da buttare. E, partendo proprio da idee del genere, si sono poi applicate politiche contro la famiglia, espropriandola continuamente dei suoi compiti: tra cui l’educazione e la cura delle persone. Oggi è diverso, la famiglia vive un momento di grande attenzione. Si è constatato per esempio che senza di lei i costi sociali – dal disagio giovanile alla cura degli anziani – diventano drammatici; piano piano si scoprono gli effetti devastanti del progetto di distruzione della famiglia e di ogni politica che ha negato il suo valore sociale. Adesso la famiglia è una grande emergenza nazionale, lo dicono tutti gli esperti. I giovani nei sondaggi la mettono al primo posto dei loro riferimenti di valore. Persino i governi in questi anni hanno varato una serie di iniziative che avvicinano le nostre politiche familiari a quelle europee”.
Dunque, almeno come immagine, la famiglia sta recuperando il terreno perduto…
“Sì, finalmente le viene riconosciuto il ruolo che da sempre ha svolto nel Paese. La famiglia infatti è luogo insostituibile di educazione, di mediazione tra generazioni, di solidarietà, di crescita economica, di dialogo… È una risorsa per la nazione. Però…”.
Però?
“La famiglia continua ad essere sotto assedio: prima ancora dal punto di vista culturale che politico ed economico. Si fanno infatti grandi e generiche affermazioni di principio su di lei, ma poi in realtà la si svuota dall’interno del suo significato profondo. Avanza – strisciante e trasversale – il riconoscimento di qualsiasi unione tra persone. Ogni “famiglia” sarebbe insomma uguale: omosessuali e coppie di fatto, sposati e conviventi, eccetera. Facciamo sempre più fatica a far capire che la famiglia non è un fatto privato tra due persone, bensì un patto pubblico e un progetto di vita duraturo e fecondo sancito davanti alla collettività. La famiglia non è pura e semplice coabitazione”.
Si tratta dell’ultimo esito di una cultura libertaria e individualista, in cui quel che conta è che ognuno possa fare sempre e comunque ciò che vuole.
“Esattamente. Mentre la famiglia non è un semplice accordo privato tra due persone. A questa convinzione però aggiungiamo subito che, di fronte a un’assunzione pubblica di doveri (che nelle “famiglie di fatto” non esiste), deve corrispondere il riconoscimento dei diritti da parte dello Stato”.
Insomma: la società vorrebbe che la famiglia svolgesse i suoi compiti economici e assistenziali, perché questo le fa comodo, ma non è culturalmente disposta a riconoscerla come un fatto pubblico.
“Invece la famiglia è una categoria sociale ben precisa, che non va confusa con altre e che dev’essere difesa per quello che è davvero. Nessun geometra, per esempio, pretende di essere iscritto all’ordine degli avvocati… E perché queste differenze sono accettate quando si tratta di categorie professionali, e non più se si parla di famiglie? Il problema è dunque prima di tutto ideologico e culturale; diventa politico ed economico quando – facendo le leggi – si considerano sempre i singoli contribuenti/lavoratori e non veramente la famiglia nel suo specifico”.
Ma sembra un’impresa disperata reagire all’andazzo individualista. Che cosa possono fare i cattolici per opporsi?
“Possono per esempio prendere coscienza della partita che si sta giocando. Il Papa dice che la famiglia in questo scorcio di millennio è il crinale che divide la giustizia dall’ingiustizia, e sono perfettamente d’accordo: è proprio un problema di giustizia. I cattolici devono aver presente e approfondire questi temi e prendere posizione, dovunque e in qualsiasi occasione si sviluppi un attentato alla realtà della famiglia. Studino dunque l’enciclica Familiaris consortio, la Lettera alle famiglie, la Carta dei diritti della famiglia e vivano la famiglia che lì si descrive come un punto di riferimento costante. Mentre oggi – purtroppo – tra chi si sposa in chiesa o in comune non c’è nessuna differenza pratica”.
Colpa anche delle parrocchie?
“Anche. I corsi di preparazione al matrimonio hanno svolto la loro funzione, ma ormai sono storicamente datati: non si può fare la pastorale familiare in 5 serate con l’avvocato o il ginecologo… Bisogna cominciare fin dai ragazzi delle elementari, poi accompagnare a lungo e seriamente i fidanzati e quindi gli sposi anche oltre il matrimonio. Perché prima delle separazioni ci sono sempre momenti di dubbio, di solitudine, si vivono interrogativi e crisi dove si potrebbe intervenire, senza lasciar soli i coniugi”.
Ma una coppia cristiana, che voglia reagire all’assalto culturale contro la famiglia, che cosa può fare, da sola?
“Appunto: non deve restare da sola. Le famiglie devono mettersi in rete, collegarsi il più possibile. Ci sono tante possibilità. Nella scuola, per esempio, la legge prevede la costituzione di liberi gruppi di genitori: che possono cercare di capire dove sta andando la scuola dei loro figli ed eventualmente intervenire. Ma anche nelle parrocchie: bisogna chiedere ai sacerdoti (non sempre è facile, lo so) di creare gruppi familiari che s’informino le discutano, per poi proporre e agire. Si può far riferimento ; anche ai nostri comitati regionali – ne abbiamo in tutte le regioni – per avere notizie e contatti. Stiamo anche cercando di costituire delle consulte comunali per le famiglie: già ne esistono, a Rimini e Udine per esempio. Perché ci sono gruppi locali della Confindustria o dell’artigianato, e non quelli che difendono gli interessi collettivi delle famiglie?”.
Ma poi come farsi sentire? “Beh, i mezzi ci sono e ci saranno sempre più. Noi del Forum, per esempio, siamo stati finalmente riconosciuti dal governo come rappresentanti delle famiglie e così ci hanno chiamato al tavolo del dibattito sulla finanziaria. Lo stesso deve avvenire anche nelle Regioni, nei Comuni; mentre io temo che -se un giorno i politici chiameranno le famiglie per sentire cosa ne pensano – nessuno si presenterà a rispondere. Eh sì: ci sono colpe dello Stato, colpe della cultura; ma anche la famiglia deve svegliarsi. Basterebbe che si leggessero e dibattessero i comunicati che noi del Forum mettiamo puntualmente su Internet. Non è necessario essere d’accordo sulle soluzioni da noi proposte; ma almeno discutiamo. La riforma dei cicli scolastici, per esempio: pensate che farà bene o farà male ai vostri figli? I contratti di lavoro: perché non si può stabilire un orario che sia ì più compatibile con la vita famigliare? Ormai il computer ce l’hanno tutti o quasi: entrate in Internet, indirizzo
www.forumasnifam.org, troverete un luogo di dibattito su alcuni argomenti caldi”. Famiglie, mettetevi in Rete.