Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

13.12.2024

/
Fede e matrimonio
31 Gennaio 2014

Fede e matrimonio




Alla Sacra Rota, il Papa parla del legame tra Fede e matrimonio. Ponendo il problema della possibile invalidità quando non ci fosse la dimensione soprannaturale negli sposi. Questione complessa, ma di urgente attualità

Valentino Parlato, uno dei fondatori del Manifesto, il quotidiano comunista che nasce nel 1969 alla sinistra del Pci, ha scritto nel 1974 introducendo l’opera di Friedrich Engels L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato: «… non vi è rottura di sistema politico-sociale che non abbia comportato rottura della famiglia e del concetto stesso di famiglia: tanto la rivoluzione francese che la rivoluzione russa sentirono la necessità di abolire, e per legge, la famiglia», per quindi concludere che «non c’è rivoluzione senza rottura rivoluzionaria e non c’è rivoluzione senza rottura della famiglia».
Era il 1974 e si era nel pieno della lotta contro la legge divorzista: trent’anni dopo, lo stesso Parlato, in una nuova presentazione dell’opera del celebre padre del comunismo, si lamentava sconsolato che tutti, anche i gay e le coppie di fatto, vogliono la famiglia. Certo, la prospettiva di oggi non è più quella dell’ideologia comunista, ma il fatto che anche i movimenti gay vogliano vedere riconosciuto il loro “matrimonio” dice che non esiste più la famiglia come modello unico conforme al progetto di Dio, ma ne esistono tante quante sono i desideri degli uomini. Oggi le persone dello stesso sesso, domani gli animali, perché no? Chi può permettersi di porre dei limiti?
Quindi la famiglia non gode di buona salute, checché ne pensi Parlato, e, se non è destinata a scomparire come auspicava Engels, sta comunque subendo una radicale aggressione e ne stanno comparendo così tanti e diversi modelli che, effettivamente, non si potrà più parlare di famiglia dando per scontato che si tratti di quella realtà, che avevamo conosciuto, fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, legati per sempre in una comunione aperta alla trasmissione della vita e all’aiuto reciproco.

Il discorso alla Sacra Rota

Papa Benedetto XVI è recentemente ritornato sul tema del matrimonio che fonda la famiglia all’inaugurazione dell’anno giudiziario del tribunale della Rota Romana. Questo tribunale, popolarmente detto della Sacra Rota, esiste dal XIV secolo e si occupa anche delle cause di nullità matrimoniale. Nel corso dell’Anno della fede, il Pontefice ha voluto soffermarsi a riflettere sul legame che esiste fra la crisi della fede e quella delle unioni coniugali, tra l’altro proprio partendo dalla comune radice linguistica tra fides e foedus, cioè tra la fede e il patto irrevocabile fra l’uomo e la donna che appunto il Codice di diritto canonico designa come realtà naturale del matrimonio.
Quest’ultimo, infatti, come vincolo sponsale, è una realtà naturale che Cristo ha elevato alla dignità di sacramento, non richiede di per sé la fede personale dei nubendi, ma soltanto l’intenzione di fare quello che intende la Chiesa. Tuttavia, il Papa si interroga se il non tener conto della dimensione soprannaturale del matrimonio non ne intacchi la validità, riprendendo anche un’analoga riflessione del suo predecessore, il beato Giovanni Paolo II, quando parlò allo stesso Tribunale della Rota, nel 2003.

L’aggressione al matrimonio
La cultura contemporanea sottopone il matrimonio a una grande sfida, anzitutto, come spiega Benedetto XVI, sostenendo che un legame per tutta la vita sia qualcosa di impossibile e di non conveniente, quindi facendo credere che la realizzazione della persona possa avvenire soltanto attraverso l’«autonomia», cioè instaurando relazioni che possano essere interrotte. Infatti, è difficile entrare nella prospettiva del “per sempre” se non si possiede la categoria dell’eternità e di Dio creatore. «Solo aprendosi alla verità di Dio – ha detto Benedetto XVI – è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo», cioè di un uomo che ha ricevuto il dono della vita per un atto d’amore del Creatore che vuole coinvolgerlo nella felicità che non finisce.
Accogliendo il dono della vita e aprendosi alla fede in Colui che dà la vita, l’uomo esce dal proprio egocentrismo e diventa capace di donarsi al suo prossimo. Per esempio, nell’educazione dei figli è possibile osservare come il piccolo d’uomo lentamente diventi capace di atti di generosità e di altruismo, nella misura in cui comincia ad accorgersi degli altri e a volere anche il loro bene. In questo senso il Papa sostiene che la fede in Dio è un elemento molto importante per favorire «la mutua dedizione e la fedeltà matrimoniale», anche se non intende negare che queste virtù siano possibili anche nel «matrimonio naturale, contratto fra non battezzati», che non è privo dei beni che provengono dal Creatore.
Ma il suo intendimento sembra essere quello di mostrare gli effetti benefici della Fede, della sua eventuale riscoperta o del fatto di cominciare a viverla con una maggiore intensità e devozione, anche sulla realtà matrimoniale. Lo fa citando le parole di Tertulliano, il padre della Chiesa latina, che scrive nella Lettera alla moglie a proposito dei coniugi cristiani che «sono veramente due in una sola carne, e dove la carne è unica, unico è lo spirito. Insieme pregano, insieme si prostrano e insieme digiunano; l’uno ammaestra l’altro, l’uno onora l’altro, l’uno sostiene l’altro».

Bellezza e verità, difficoltà e ferite

Credo che lo sforzo del Papa nell’indicare la bellezza e la verità del matrimonio sia la parte più importante del discorso e in questa prospettiva Benedetto XVI ricorda il documento fondamentale su matrimonio e famiglia del beato Giovanni Paolo II, l’esortazione apostolica Familiaris consortio, del 22 novembre 1981.
Peraltro, dopo il discorso alla Sacra Rota alcuni media hanno enfatizzato con superficialità il tema dei divorziati risposati, immaginando improbabili aperture. In particolare, il Papa ha posto un problema e ha invitato a riflettervi, ribadendo che non esistono soluzioni semplicistiche a problemi grandi e difficili.

Il problema riguarda il rapporto tra l’eventuale assenza della Fede negli sposi e la validità del sacramento. Come abbiamo visto, il Pontefice ricorda che la Fede non è necessaria, ma pone il problema se questa assenza possa pregiudicarne la validità in alcune circostanze, perché «se è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti, non è tuttavia possibile separarli totalmente ».
Il Santo Padre aveva già affrontato il problema incontrando i sacerdoti della diocesi di Aosta nel luglio 2005, quando aveva fatto l’esempio di coloro che si sono sposati in chiesa senza avere la Fede, hanno poi divorziato e quindi successivamente si sono convertiti, ritrovando la Fede in una situazione matrimoniale che non permette loro di accedere all’Eucarestia. Queste le sue parole nell’occasione: «Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito. Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire».

La centralità della Fede
Indubbiamente il Papa è convinto che oggi molto, se non tutto, dipenda dalla mancanza della Fede e quindi dalla necessità di ritrovarla, come dimostra anche l’indizione dell’Anno della fede. Egli ricorda come oggi ci si trovi nella situazione contraria a quella che la Chiesa incontrò durante la crisi dell’illuminismo, nel XVIII secolo, quando le diverse confessioni cristiane si misero d’accordo, in Europa, nel difendere almeno i valori morali dal razionalismo che stava montando. «Oggi siamo nella situazione contraria, si è invertita la situazione. Non c’è più evidenza per i valori morali. Diventano evidenti solo se Dio esiste. Io pertanto ho suggerito che i laici, i cosiddetti laici, dovrebbero riflettere se per loro non valga oggi il contrario: dobbiamo vivere “quasi Deus daretur”, anche se non abbiamo la forza di credere dobbiamo vivere su questa ipotesi altrimenti il mondo non funziona. E sarebbe questo, mi sembra, un primo passo per avvicinarsi alla fede. E vedo in tanti contatti che, grazie a Dio, cresce il dialogo con almeno parte del laicismo».
Questa la sua ricetta, la strada indicata. Cerchiamo di metterla in pratica.

Per saperne di più…

Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 30 gennaio 2003.
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Familiaris consortio, 22 novembre 1981.
Benedetto XVI, Discorso al clero della diocesi di Aosta, 25 luglio 2005.
Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 26 gennaio 2013.
Tertulliano, Alla consorte. L’unicità delle nozze, a cura di Lorenzo Dattrino, Città Nuova, 1996.
Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, introduzione di V. Parlato, Newton Compton, 2006.



IL TIMONE N. 121 – ANNO XV – Marzo 2013 – pag. 58 – 59

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista