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7.12.2024

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Fede e ragione
31 Gennaio 2014

Fede e ragione

 

 

 


Mostrare la razionalità del cristianesimo è requisito vitale della predicazione cristiana. Che è rivolta a tutti: intellettuali, non credenti, in ogni ambiente sociale. Ma è necessaria anche ai fedeli

 

 

Nel ministero petrino (la missione specifica del sommo Pontefice) ci sono tutte e tre le funzioni ecclesiali di Cristo: non solo quella profetica (munus docendi), ma anche quella sacerdotale (munus sanctificandi) e quella regale (munus regendi), che riguarda il governo della Chiesa universale; ma la missione di insegnare la dottrina della fede è quella fondamentale, e da essa dipendono l’amministrazione dei sacramenti e l’azione di governo ecclesiastico. Per questo Cristo non ha assicurato al Papa l’infallibilità nelle scelte prudenziali nella sua azione pastorale, e nemmeno l’impeccabilità personale, mentre ha garantito alla Chiesa l’efficacia dei sacramenti ex opere operato, anche quando chi li amministra non è moralmente degno, e soprattutto le ha assicurato un Magistero infallibile, che è esercitato da tutto il collegio episcopale ma fa capo sempre al carisma del Romano Pontefice. Ancora oggi, come sempre, valgono per i credenti le parole che Gesù ha rivolto a Pietro: «Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno; e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». Tutti i Papi, dunque, hanno ugualmente a cuore l’evangelizzazione e la catechesi, e per questo l’atteggiamento del Papa attuale nei confronti della dottrina non può essere diverso da quello dei suoi predecessori. È evidente infatti che Benedetto XVI, proprio come Giovanni Paolo II, intende basare tutta la pastorale sull’annuncio coraggioso ed efficace della vera fede, della sola verità che salva.

È proprio in questa prospettiva di responsabilità pastorale che papa Ratzinger si mostra particolarmente in sintonia di criteri e di intenti con Papa Wojtyla, pur nell’ovvia differenza di formazione scientifica e sensibilità culturale (il Papa attuale è stato di professione teologo mentre il predecessore è stato filosofo). Basterebbe osservare la continuità tra gli insegnamenti e le direttive sul ruolo della filosofia negli studi teologici contenuti nell’enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998) di Giovanni Paolo II ed il magistero di Benedetto XVI. Si pensi ai discorsi che questi ha rivolto agli intellettuali: quello nell’Università di Ratisbona (2006), quello che avrebbe dovuto essere pronunciato nell’Università di Roma “La Sapienza” (2008) e quello che nello stesso anno fu pronunciato al Collège des Bernardins di Parigi; si pensi alla catechesi del mercoledì dedicata alla figura dell’apostolo Paolo e poi ai grandi teologi dell’antichità e del Medioevo; si pensi soprattutto alle tre grandi encicliche finora pubblicate, la Deus caritas est, la Spe salvi e la Caritas in veritate. Tutti questi insegnamenti sono la prova che l’attuale Pontefice, come Giovanni Paolo II, ispira il suo ministero all’esigenza di mettere in luce il fondamento razionale della fede cristiana.

Va osservato che si tratta di un’esigenza squisitamente pastorale, fondata sulla convinzione che il successo dell’evangelizzazione nel mondo di oggi dipenda proprio dalla capacità di mostrare efficacemente l’essenza del cristianesimo, che si presenta come verità e dunque fa appello alla razionalità dell’uomo che deve riconoscere e fare sua questa verità. Come è noto, l’espressione «razionalità della fede» – un’espressione utilizzata, oggi più di ieri, dai teologi e soprattutto dai filosofi – si può intendere in un duplice senso: si può intendere cioè in riferimento agli enunciati di verità contenuti nella Rivelazione divina (fides quae creditur), oppure in riferimento all’atto di fede, ossia dell’assenso alla verità rivelata da parte di chi ha conosciuto ed ha accolto liberamente il Vangelo nella Chiesa di Cristo (fides qua creditur). In ambedue i sensi questo tema interessa in modo particolare Benedetto XVI; il quale, grazie al suo acume di teologo, ma soprattutto grazie alla sua sensibilità di Pastore, ha avvertito chiaramente, fin da prima dell’elevazione al Soglio di Pietro, la necessità di inserire il discorso sulle ragioni intrinseche all’atto di fede nella Rivelazione in un più ampio discorso sulla necessaria ricerca della verità da parte di ogni uomo. La rivendicazione della razionalità della fede è così connessa in modo assolutamente coerente con la piena accettazione dell’istanza moderna della razionalità come costitutiva della natura umana e come fondamento della dignità di ogni uomo e della sua libertà di coscienza. Per questo motivo, quando Benedetto XVI nella sua catechesi ha inteso rivendicare la piena razionalità della fede ha evitato accuratamente di parlare di una «logica della fede» come di qualcosa di diverso dalla logica come tale. In effetti, se si tiene presente che la logica epistemica (quella che riguarda l’assenso ad una qualsiasi tesi che si presenti come verità) esige che il soggetto abbia chiara coscienza dei motivi per cui lui, personalmente, «prende per vero» quell’asserto, si deve ammettere che la «logica della fede» non è che l’inevitabile applicazione della logica epistemica al caso particolare dell’atto di fede. Di conseguenza, se la «logica della fede» fosse qualcosa di diverso dalla logica qua talis, non sarebbe più in assoluto una logica, e così non si potrebbe più rivendicare al cristianesimo una razionalità in senso proprio. Ecco perché Benedetto XVI, richiamandosi al magistero ecclesiastico degli ultimi due secoli, ha insistito nel rifiuto del fideismo in ogni sua forma; egli infatti sa bene che le ragioni per credere (la credibilità del messaggio cristiano e soprattutto la credibilità di Cristo stesso, «il Testimone degno di fede») sono ragioni valide (sia nella coscienza del singolo credente, sia nell’opera di evangelizzazione che compete alla Chiesa intera) solo se comprese e presentate non come un «dover credere» infondato, ma appunto come ragioni, ossia come argomenti capaci di interpellare la razionalità umana. Razionalità umana che, però, non va intesa in senso riduttivo: e infatti Benedetto XVI, denunciando i limiti di un arbitrario razionalismo che riduce la ragione alla comprensione concettuale, alla funzione dimostrativa o alla verifica empirica, ha cercato sempre di mostrare come la razionalità, correttamente intesa, sia costituita anche di esperienza vitale, di percezione dei valori, di comunicazione del sapere, di vaglio delle testimonianze storiche, di radicamento in una tradizione riconosciuta.

Proseguendo coerentemente sulla via tracciata da Giovanni Paolo II con la Fides et ratio, Benedetto XVI ci fa comprendere che queste non sono questioni secondarie o addirittura estranee alla pastorale: al contrario, si tratta proprio di quelle certezze teologiche che dovrebbero sorreggere ogni iniziativa nel campo della catechesi e dell’evangelizzazione. Comprendere nel loro valore pastorale questi suoi insegnamenti servirà a farci ripensare la fede che professiamo e che dobbiamo propagare, riscoprendo in termini attuali quale sia nella sua verità la Parola di Dio, quale sia nella sua verità la missione apostolica conferita da Cristo alla Chiesa, quale sia nella sua verità la risposta di fede che Dio si aspetta dagli «uditori della Parola».
Benedetto XVI ha confermato autorevolmente questo fondamentale criterio pastorale: che un’adeguata presentazione della razionalità del cristianesimo costituisce il requisito essenziale della predicazione cristiana, non solo tra gli intellettuali ma in ogni ambiente sociale; non solo nell’opera di evangelizzazione (ossia di dialogo con i «non credenti», ai quali occorre comunicare il Vangelo in modo che risulti comprensibile e credibile), ma anche nella catechesi alle diverse categorie di fedeli, perché occorre consolidare la fede cristiana di tante persone che non possono non subire l’influsso di una cultura secolarizzata pregiudizialmente ostile alla fede cristiana, proprio perché non ne comprende le ragioni.

BIBLIOGRAFIA

Joseph Ratzinger, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, 2003, specialmente pp. 141-221.
Joseph Ratzinger, Il Dio della fede e il Dio dei filosofi, 1960, tr. it. Marcianum Press, 2007.
Benedetto XVI, Discorso di Ratisbona, 12 settembre 2006, www.vatican.va.
Idem, Discorso per l’università «La Sapienza», 16 gennaio 2008, www.vatican.va.
Idem, Discorso al Collège des Bernardins di Parigi, 12 settembre 2008, www.vatican.va.
Antonio Livi, Razionalità della fede nella Rivelazione, Leonardo da Vinci, 2005.
Massimiliano Del Grosso, Logica della Rivelazione, Leonardo da Vinci, 2009.
Giacomo Samek Lodovici, Fede e ragione in Ratzinger-Benedetto XVI, in il Timone, n. 65
(2007), pp. 32-33, reperibile sul sito www.iltimone.org
 

 

 

 

Dossier: Papa Benedetto

 

IL TIMONE  N. 92 – ANNO X II – Aprile 2010 – pag. 40 – 41

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