Una nuova legge impone un massimo di due figli, con multe e carcere per chi vi si oppone. Dietro queste misure ci sono agenzie dell’ONU e interessi economici stranieri. E la Chiesa cattolica, che difende la dignità e la libertà della popolazione, è nel mirino.
Vietato avere più di due figli. È ( quello che sta per accadere nelle Filippine, unico Paese asiatico a maggioranza cattolica, dove il 22 febbraio è stata approvata in una Commissione della Camera, la proposta di legge n. 3773, denominata “Decreto ) per la genitorialità responsabile e amministrazione della popolazione”, più nota come “legge dei due figli”.
Ufficialmente la base da cui prende spunto la legge è la constatazione che la popolazione delle Filippine cresce a un ritmo molto elevato e questo sarebbe la causa del mancato sviluppo del Paese, nonché dei problemi di inquinamento ambientale. Così si impone una draconiana legge di controllo delle nascite che prevede multe e carcere per chi vi opporrà resistenza. Non solo: in attesa dell’approvazione definitiva della legge, il governo ha già provveduto a lanciare tra febbraio e marzo una campagna porta a porta di informazione sui metodi contraccettivi, chiamata Ligtas Buntis (gravidanza sicura), che ha visto impegnati 15mila operatori per raggiungere 2 milioni di donne, soprattutto nelle zone più povere del Paese.
A scorrere il testo della legge 3773, in realtà sembra di trovarsi davanti alla edizione aggiornata del “comma 22” (“Può chiedere l’esenzione dal fronte solo chi è pazzo. Chiunque chiede l’esenzione dal fronte non è pazzo”). I primi articoli del decreto infatti esaltano la libertà delle coppie di decidere quanti figli avere e quando, nonché la difesa della dignità di ogni persona (artt. 2-3) per poi mettere in piedi una mostruosa macchina burocratica (che va dal governo centrale alla più lontana istituzione locale) finalizzata a impedire che le coppie abbiano più di due figli (artt. 5-9). Addirittura nello stesso articolo 12 prima si afferma che le famiglie con più di due figli non saranno punite per questo, poi si afferma che i figli delle famiglie in regola avranno la precedenza nell’assegnazione delle borse di studio all’Università. Si arriva infine a prevedere sanzioni pecuniarie e il carcere fino a sei mesi a tutti coloro che ostacoleranno la corretta informazione sulla contraccezione, o ai medici che rifiuteranno di effettuare la sterilizzazione o di provvedere servizi di salute riproduttiva a chi ne farà richiesta. Stesse pene per i datori di lavoro che si rifiuteranno di distribuire contraccettivi gratuiti ai loro dipendenti (peraltro la legge stabilisce che tutti i contratti di lavoro dovranno prevedere questo “servizio”). Per sintetizzare: ogni coppia è libera di avere i figli che vuole, ma chiunque voglia più di due figli non sarà più libero.
Per poter sostenere la legittimità di questa legge si è ricorso come al solito a fornire dati falsi. Qualche esempio: si afferma che la popolazione filippina cresce al ritmo del 2,3% l’anno, uno dei tassi più alti al mondo (l’obiettivo fissato dal governo è scendere all’1 ,9% per il 2010). Non è vero: nell’ultimo Rapporto mondiale dell’ONU sulla popolazione (2004) troviamo che il tasso di crescita della popolazione filippina è già sceso all’1,8% (era il 2,1 nel 1995, il 3,9% nel 1970). Il governo afferma inoltre che soltanto il 30% della popolazione usa metodi contraccettivi, ma il rapporto dell’ONU afferma invece che la percentuale è del 47%. Lo stesso Ufficio statistico del governo di Manila sosteneva nel “Rapporto 1996 sulla Pianificazione Familiare” che il 48% delle donne sposate usa metodi contraccettivi. La verità è che la causa della perdurante povertà e della disparità sociale nelle Filippine non sta nell’eccessiva popolazione, ma nel fallimento delle politiche economiche del governo e nella corruzione, come sostiene anche il sindaco di Manila, Jose “Lito” Atienza jr, fortemente contrario al controllo delle nascite. E ha ragione, perché ciò che il governo filippino non dice è che dal 1970 a oggi il tasso di fertilità è sceso da 6 figli per donna a 3,2 mentre il reddito pro capite è cresciuto in media appena dello 0,2% l’anno.
Dunque ben altre sono le cause della povertà. Lo stanno dicendo a gran voce anche i vescovi cattolici, che si sono messi alla testa di un movimento popolare di opposizione alla legge che “viola la privacy e l’autonomia delle coppie e delle famiglie”. A metà marzo la Chiesa ha organizzato anche una marcia per la vita cui hanno partecipato decine di migliaia di persone e che ha raccolto anche l’adesione delle comunità islamiche. Le maggiori denominazioni protestanti sostengono invece il progetto di legge, i cui mandanti – dicono i vescovi – sono all’estero. Non c’è bisogno di cercare molto per capire dove: il Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA) ha stanziato in febbraio 26 milioni di dollari per sostenere le politiche di salute riproduttiva nelle Filippine. Ma è da almeno venti anni che il governo di Manila è oggetto di pressioni in questo senso: già durante la dittatura di Marcos, UNFPA e Agenzia americana per gli aiuti allo sviluppo (USAID) hanno finanziato la creazione di una Commissione governativa per la Popolazione (PopCom) e la Banca Mondiale da allora concede prestiti a condizione che vengano adottate misure di controllo delle nascite. Ci sono anche molte industrie che si avvantaggiano, ad esempio, dalla vendita dei contraccettivi (c’è anche un’esenzione fiscale prevista per questo), e non solo il 10 gennaio scorso l’Unione delle Camere di Commercio straniere (americana, europea, australiana-neozelandese, canadese, coreana) ha esortato il governo a mettere in atto una rigida politica di controllo delle nascite come mezzo per combattere la povertà, che “crea un ambiente negativo per gli investimenti”. Il messaggio è chiarissimo: se non distribuite i contraccettivi mandiamo a fondo il Paese. E la contraccezione è solo il primo passo per legalizzare anche l’aborto, attualmente vietato dalla legge.
Parte dell’offensiva internazionale contro la popolazione filippina è colpire la Chiesa cattolica, ridurla al silenzio. Le Filippine sono l’unico Paese asiatico a maggioranza cattolica e la Chiesa ha grande influenza per aver sempre difeso la libertà e la dignità della popolazione. Il caso più clamoroso fu la “Rivoluzione dei fiori e del rosario” che nel 1986 portò alla fine della dittatura di Marcos. Ma in questi decenni gli attacchi “internazionali” alla Chiesa filippina si sono intensificati: dalla penetrazione delle sette al discredito dell’istituzione. L’ultimo in ordine di tempo è il Rapporto consegnato in gennaio all’ONU sui presunti abusi sessuali di preti filippini. Autore del rapporto, neanche a dirlo, è il gruppo americano dei Catholics for a Free Choice (CFFC, Cattolici per la libera scelta, vedi il Timone n. 40) che chiede come conseguenza una sanzione internazionale per la Santa Sede e la Conferenza episcopale filippina. C’è da essere sicuri che per consentire l’approvazione definitiva della legge 3773 gli attacchi si faranno ancora più duri. E certo è che in questi casi sarebbe auspicabile che la comunione universale dei cattolici fosse concretamente visibile.
Ricorda
«Un capitolo importante della politica per la vita è costituito oggi dalla problematica demografica. Le pubbliche autorità hanno certo la responsabilità di prendere “iniziative al fine di orientare la demografia della popolazione”; ma tali iniziative devono sempre presupporre e rispettare la responsabilità primaria ed inalienabile dei coniugi e delle famiglie e non possono ricorrere a melodi non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita di ogni essere umano innocente. E’ quindi, moralmente inaccettabile che, per regolare le nascite, si incoraggi o addirittura si imponga l’uso di mezzi come la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto».
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995).
Bibliografia
Riccardo Cascioli, Il complotto demografico, Piemme 1996.
Michel Schooyans, Il volto nascosto del”ONU, ” Minotauro 2004.
IL TIMONE – N. 43 – ANNO VII – Maggio 2005 – pag. 18 – 19