Un giurista italiano negli Anni Settanta si impegna in una grande battaglia anche organizzativa per cancellare la legge divorzista. Lo ricordiamo insieme ai suoi studi, in particolare quello attualissimo sulla storia della libertà religiosa
Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, alleati con lui, recita un adagio cinico quanto pragmatico. Ma con Dio questo non funziona. Per ciò al Nemico (come lo chiama efficacemente Clive S. Lewis ne Le lettere di Berlicche) non resta che cercare di sfigurarne il capolavoro, l’uomo creato a Sua immagine e somiglianza, riqualificandosi (scrive sant’Ignazio di Loyola nei celebri Esercizi spirituali) come il nemico dell’umana natura. Il teatro di questo attentato supremo è l’unico dove a quel Nemico è dato ancora, per il disegno intelligente e misterioso, insondabile e sublime della provvidenza misericordiosa di Dio, spazio per agire: la storia. È quindi nella storia che il Nemico strega le sue reclute istigandole a organizzarsi, incitandole a travolgere, ispirando strategie. A questo processo di organizzazione storica della sovversione dell’opera di Dio, ordito e implementato solo per recarGli dolore, viene dato, con fondamento teoretico e per prassi consolidata, il nome di “Rivoluzione”. E la scuola di pensiero che, poggiando sulla Rivelazione, sul Magistero, sulla philosophia perennis e sul diritto naturale, vi si oppone con il nome di Contro-Rivoluzione, usa classicamente suddividere tale incedere storico in quattro fasi principali. La I Rivoluzione protestante, la II Rivoluzione detta Francese, la III Rivoluzione socialcomunista e una IV Rivoluzione “senza nome” il cui modus operandi specifico è ferire – capitalizzando quanto già guadagnato in religione, politica ed economia – la natura normativa dell’uomo.
In Occidente la IV Rivoluzione diviene dominante a partire dagli anni 1960; in Italia (e in Francia) la sua data-evento simbolica è il 1968, il “Sessantotto”. Il fronte del suo attacco è di natura morale, e colpisce la famiglia, la sessualità e il diritto alla vita, propagando una mentalità favorevole a divorzio, contraccezione, aborto, eutanasia, omosessualità, sperimentazione genetica, e così via. Ma sul suo percorso italiano la IV Rivoluzione ha incontrato un avversario impavido nel giurista napoletano Gabrio Lombardi (1913- 1994), di cui il 14 settembre ricorre il centenario della nascita.
Una vita d’impegno civile
Rappresentante dell’alta società piemontese, trasferitasi poi nel Mezzogiorno, suo padre, Luigi (1867-1958), fu senatore del Regno d’Italia, travolto nell’ancora irrisolto affaire delle commistioni fra Casa Savoia e regime fascista. Suo fratello minore, Riccardo (1908-1979), gesuita, è stato reso famoso dalla brillante sua oratoria costantemente al servizio dell’apostolato; raggiunse l’apice della popolarità tra 1946 e 1948, nel clima tesissimo dell’immediato dopoguerra dove il pericolo della presa del potere da parte dei socialcomunisti era un incubo quotidiano. Dominando già allora da professionista consumato il mezzo di comunicazione nuovo per eccellenza, la radio, popolarissima, si guadagnò un soprannome, “il microfono di Dio”. E fu così che alle fondamentali elezioni del 18 aprile 1948 padre Riccardo diede un contributo decisivo alla sconfitta del Fronte Popolare, operata soprattutto dai Comitati Civici di Luigi Gedda (1902-2000).
Quanto a Gabrio, nel 1927 si trasferì a Roma dove fondò la Lega missionaria studenti assieme al celebre fisico Enrico Medi (1911-1974), futuro membro dell’Assemblea Costituente e poi deputato della Democrazia Cristiana (DC). A Pavia e a Milano, Gabrio Lombardi insegnò Diritto romano, accasandosi poi alla Pontificia Università Lateranense dove per 40 anni tenne la cattedra di Diritto civile e Diritto canonico, ivi ancora oggi definita con l’antifica formula del latino ecclesiastico Utriusque iuris.
Ufficiale durante la Seconda guerra mondiale (1939-1945), dopo l’8 settembre 1943 si unì alle forze partigiane bianche, cioè quelle cattoliche disprezzate e perseguitate dai partigiani comunisti. Membro dell’Azione Cattolica (ACI), dal 1964 al 1970 è stato presidente di una delle principali manifestazioni della sua missione, il Movimento laureati cattolici.
L’ora della prova
La causa principale della sua buona battaglia Gabrio Lombardi la combatté contro il divorzio, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il 1° dicembre 1970 con la legge 898 proposta dai deputati Loris Fortuna (1924- 1985) e Antonio Baslini (1926-1995). Fortuna aveva allora contemporaneamente le tessere del Partito Radicale e del Partito Socialista Italiano, provenendo dal Partito Comunista Italiano e preparandosi, qualche anno dopo, a proporre per primo la legalizzazione dell’aborto in Italia. Baslini era membro del Partito Liberale Italiano. A quel punto Lombardi divenne l’anima e il braccio della reazione, dando battaglia per mesi al fine di organizzare un referendum abrogativo. Creò quindi e presiedette il Comitato promotore della consultazione popolare, cercò alleanze, tessé fili, combatté nemici interni ed esterni, e alla fine riuscì nell’intento. Fu una vera crociata. Il referendum si celebrò l’11 maggio 1974. Il mondo cattolico fedele al Magistero della Chiesa era con lui. Altre forze sociali e politiche a diverso titolo contrarie al divorzio, e quindi in modi diversi sensibili alle ragioni del Magistero, si unirono. Ma la DC, il partito che di fatto all’epoca raggruppava e organizzava la maggior parte del voto e della presenza cristiane nella politica italiana, e che dunque avrebbe dovuto in tesi essere la punta di diamante dello sforzo antidivorzista, si spaccò, evidenziando traumaticamente la disunione culturale dei cattolici italiani, imponendo l’egemonia della cultura del cosiddetto “cattolicesimo democratico” di matrice modernista e preparando tralignamenti futuri ancora maggiori. Fu così che la crociata venne persa: il 59,3% dei votanti, pari al 52% degli aventi diritto (l’affluenza fu dell’87,7%), scelse di mantenere la legalità del divorzio. Lombardi aveva combattuto come un leone, ma perse. Con lui persero l’Italia e il mondo cattolico, pericolosamente allo sbando. Il padre di quel referendum di civiltà scelse di tornare all’insegnamento universitario. Di quella stagione cruciale ed entusiasmante, che nel maggio 1974 descrisse in termini di «grande gioia del dovere compiuto», ha lasciato però, nel 1988, una memoria indelebile che andrebbe ristudiata oggi come un manuale di azione politica da cattolici, il volumetto Perché il referendum sul divorzio? 1974 e dopo.
La libertà anzitutto
Non tutti ricordano però un altro contributo di squisita natura contro-rivoluzionaria (nel senso più tecnico dell’espressione) dato dal giurista Lombardi (autore di molti volumi) alla costruzione di una società autenticamente a misura di uomo e quindi possibilmente secondo il piano di Dio.
Costantemente impegnato nella riflessione sulla libertà umana e sulla libertas Ecclesiae, Lombardi ha prodotto nel 1991 un altro libriccino prezioso (diverso seppur non slegato dai temi della battaglia antidivorzista), Persecuzioni, laicità, libertà religiosa. Dall’Editto di Milano alla “Dignitatis humanae”, particolarmente degno di ripresa nel 1700° anniversario del proclama con cui Costantino I (274-337) riconobbe la libertà universale di culto nell’impero romano e infatti citato esplicitamente dall’arcivescovo di Milano Angelo Scola nel discorso alla città del 6 dicembre 2012. La stella polare di Lombardi in materia è sempre stata una frase di fuoco scritta da Papa Pio XII nel 1958: «La legittima sana laicità dello Stato è uno dei principi della dottrina cattolica».
Contribuendo alla chiarificazione di un nodo dottrinale che dal Concilio ecumenico Vaticano II è divenuto terreno di scontri, fraintendimenti e strumentalizzazioni come pochi altri, Lombardi sviluppa il concetto della libertà dalle ingerenze dello Stato, che spetta ai cristiani in una civiltà (del passato) sostanzialmente cristiana almeno nei princìpi, per riflettere sul tempo attuale dove, essendo le istituzioni sempre più lontane e quindi insensibili alla questione della Verità, la difesa della libertà (che, per volontà di Dio, precede la fede) va fondata sulla dignità della persona, i cui diritti precedono ontologicamente qualsiasi ordinamento statuale. Non si tratta, quindi, di un mutamento (impossibile) della dottrina della Chiesa, ma della comprensione umana ulteriore di quella dottrina nell’ora presente, nella medesima prospettiva più recentemente esposta da Giovanni Cantoni e da Massimo Introvigne nello studio Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”. Con appendici (Cristianità, 1996).
IL TIMONE N. 126 – ANNO XV – Settembre/Ottobre 2013 – pag. 52 – 53
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