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14.12.2024

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Giù le mani dall’uomo!
31 Gennaio 2014

Giù le mani dall’uomo!

 

 

Il crescente allarmismo sui cambiamenti climatici fa proliferare provvedimenti per salvare il pianeta. Ma un seminario in Vaticano ricorda che c’è un solo Salvatore. E la vera priorità è lo sviluppo.

Chi salverà il mondo? Dobbiamo fidarci ciecamente dei 50 consigli del WWF e degli appelli di scienziati e burocrati sul libro paga dell’Onu, oppure quell’Uomo che duemila anni fa si propose come “Via, Verità e Vita” ha qualcosa di originale da dire anche a proposito di cambiamenti climatici?
La domanda potrebbe sembrare oziosa o demagogica, eppure di fronte alle sfide globali che il mondo ci pone, per noi cattolici diventa necessario rispondere con chiarezza. È anche con questo scopo che, ad esempio, il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha organizzato lo scorso 28 e 29 aprile una Conferenza internazionale in Vaticano su “Cambiamenti climatici e sviluppo”, invitando scienziati ed esperti di diversi orientamenti. L’appuntamento era molto importante perché da diverso tempo ormai si moltiplicano le pressioni sulla Santa Sede perché si unisca al coro di chi lancia allarmi per la salvezza del pianeta, e anche diversi ambienti cattolici spingono in questa direzione. Così che lo stesso annuncio della Conferenza di aprile era stato salutato – ad esempio dal governo britannico – come una “vittoria”. Ma la Santa Sede ha deluso tali aspettative e, come nel suo stile, ha voluto ascoltare tutte le posizioni senza pregiudizi.
Vale la pena ricordare che la discussione che divide gli esperti riguarda la presunta responsabilità dell’uomo nei cambiamenti climatici (ovvero nel riscaldamento globale) e anche le conseguenze catastrofiche che questi cambiamenti comporterebbero. Di conseguenza la discussione si estende sulle scelte politiche da fare: tra chi invoca urgenti provvedimenti globali – vedi Protocollo di Kyoto – per limitare le emissioni di anidride carbonica (ritenuta responsabile del riscaldamento) e chi ritiene tutto ciò un inutile spreco di soldi che sarebbero meglio investiti nella ricerca di nuove tecnologie meno inquinanti e nello sviluppo.
La Santa Sede alla fine non si è schierata sulla disputa – ha invece incoraggiato gli scienziati a proseguire nel loro lavoro di ricerca – ma ha voluto chiarire alcuni punti di riferimento ripresi dalla Dottrina sociale della Chiesa, ovvero dall’esperienza nella storia dell’avvenimento di Gesù Cristo.
Questione centrale è l’ordine voluto da Dio che ha posto l’uomo come vertice della Creazione: non un essere vivente tra gli altri, ma il primo e superiore. Dominatore assoluto e dispotico? Niente affatto, perché se «la natura è per l’uomo, l’uomo è per Dio», per usare le parole pronunciate a conclusione dei lavori dal cardinale Renato Martino, presidente di Giustizia e Pace. Vale a dire che i problemi ambientali nascono quando si smarrisce questa visione creazionistica: cancellando Dio, l’uomo oscilla tra lo sfruttamento selvaggio della natura e delle risorse e la divinizzazione della natura. Se entrambe le tendenze sono oggi chiaramente presenti nella nostra società, non c’è dubbio che è la seconda che si sta affermando come opinione dominante sulla spinta degli allarmi per il clima. Vale a dire che è ormai comune l’idea che l’uomo debba “limitarsi” per poter garantire la sopravvivenza del pianeta. Dietro a questa visione c’è la concezione di un uomo che ha pari dignità rispetto alle altre creature, e che non ha alcun diritto su di esse; al contrario, proprio per la sua capacità “distruttiva” l’uomo avrebbe accumulato un grosso “debito” nei confronti di tutte le altre specie viventi. Da qui quella serie di indicazioni (“le 50 cose che ognuno di noi può fare per salvare il pianeta”) che ci vengono suggerite sempre più pressantemente, fino alle esternazioni di Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia, che in un’intervista al Corriere suggeriva – per risparmiare acqua ed energia – di non fare più di una doccia a settimana e di lavare i vestiti meno possibile.
È proprio questa visione “riduttiva” dell’uomo che la Dottrina sociale della Chiesa rigetta e considera un grave “errore antropologico e teologico”. L’uomo, infatti, non è una delle tante variabili nella vita della Terra, perciò anche i cambiamenti climatici vanno inquadrati nella prospettiva dello sviluppo (da qui il titolo della conferenza). In altre parole ciò che sta a cuore alla Chiesa è anzitutto l’uomo, la sua dignità, il suo destino; l’uomo immagine e somiglianza di Dio, per la cui salvezza Cristo si è lasciato morire in croce: per questo lo sviluppo è la vera priorità e non può essere sacrificato in nome della presunta “salvezza” del pianeta.
La puntualizzazione è quanto mai attuale e necessaria dato che “l’odio all’uomo” sta emergendo sempre più sfacciatamente come parte integrante di certo ambientalismo. Significativa è a questo proposito un’intervista al domenicale britannico Sunday Times concessa lo scorso 15 aprile dall’economista Jeffrey Sachs, direttore del Programma del Millennio delle Nazioni Unite (che ha l’obiettivo di ridurre drasticamente fame, povertà e malattie entro il 2015) e dell’Earth Institute (Istituto della Terra). Come principale consigliere economico del segretario dell’ONU Kofi Annan negli scorsi anni, Sachs ha messo a punto una serie di misure globali in nome della protezione dell’ambiente, che vengono via via recepite in particolare dall’Unione Europea (dalla tassa sui biglietti aerei al limite delle emissioni di anidride carbonica delle auto). Ebbene Sachs in questa intervista dice sostanzialmente che la minaccia più grave per il pianeta è il suo sovraffollamento di uomini, e perciò critica duramente il presidente americano George Bush per aver tagliato i fondi alle associazioni che promuovono l’aborto come metodo di controllo delle nascite.
Dopo pochi giorni, il 6 maggio, ancora sul Sunday Times ecco che un altro ambientalista, il sociologo John Guilleband, presenta un rapporto secondo cui per salvare la Terra non bisogna mettere al mondo i bambini: ogni nuovo nato in Occidente, infatti, causa emissioni di anidride carbonica pari a 620 voli transoceanici dall’Europa all’America compiuti con un jumbo jet. Ecco allora il primo suggerimento: impedire che ogni coppia metta al mondo più di due figli.
Altro che conservare le risorse per rispetto delle “generazioni future”: questi signori stanno facendo di tutto per evitare che le “generazioni future” nascano. 

IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 16-17

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