E venne per Giacobbe il giorno del suo ritorno nella terra di Canaan.
Egli disse a Labano: “Lasciami andare e tornare a casa mia…”.
Labano gli chiese: “Che ti devo dare”. E Giacobbe rispose: “Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo”.
Ed egli propose a Labano di mettere da parte, per lui, le pecore di colore scuro e le capre col vello chiazzato e punteggiato. In tal modo i suoi greggi non avrebbero potuto confondersi con quelli di Giacobbe. Giacobbe confidò a Rachele e a Lia che una notte l’angelo di Dio gli aveva detto in sogno: “Alza gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto quanto Labano ti fa. lo sono il Dio di Setel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto. Ora alzati, parti da questo paese e torna nella tua patria”.
Giacobbe aveva compreso in che modo il Signore voleva ricompensarlo delle grandi fatiche che aveva sopportato per Labano. Allora aveva preso “rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano” e ne aveva intagliato la corteccia “mettendo a nudo il bianco dei rami” e aveva messo quei rami là dove le bestie andavano ad abbeverarsi e poi si accoppiavano e “le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati”. Così il gregge di Giacobbe crebbe a dismisura. Ma i figli di Labano accusavano Giacobbe di essersi arricchito a loro spese e Labano lo guardava in modo ostile.
Lia e Rachele furono ben liete della decisione di Giacobbe di lasciare quel padre che “le aveva vendute… e si era mangiato il loro denaro”. Così, mentre Labano era andato a tosare il gregge, Giacobbe, senza avvertirlo, se ne andò con tutti i suoi averi. È scritto anche che Rachele portò con sé degli idoletti che appartenevano al padre. È significativo che ci sia detto questo, a dimostrare la meticolosa verità della narrazione biblica. Dopo tre giorni Labano fu informato della fuga di Giacobbe e subito lo inseguì, ma è scritto che Dio venne da lui in un sogno notturno e gli disse: “Bada di non dir niente a Giacobbe, proprio nulla”.
Questi particolari rivelano quanto Dio amasse Giacobbe e volesse proteggerlo da ogni avversità. Mentre egli era accampato sulle montagne del Galaad, Labano lo raggiunse e lo apostrofò duramente accusandolo anche di avergli rubato i suoi idolettì. Giacobbe gli disse con molta lealtà che aveva agito così perché temeva che egli gli avrebbe “tolto con la forza” le sue figlie e riguardo agli idoletti disse che avrebbe fatto morire la persona che li avesse rubati. Ahimè, Giacobbe ignorava che proprio la sua tanto amata Rachele aveva commesso quel furto. E quando Labano frugò in tutte le tende e anche in quella di Rachele, ella aveva nascosto gli idoli sulla sella del suo cammello e vi si era seduta sopra, scusandosi col padre di non potersi alzare perché aveva” quello che avviene di regola alle donne”.
Si sarebbe molto rattristato Giacobbe nel sapere che la sua sposa prediletta confidava in quegli idoli e aveva anche mentito. La superstizione idolatrica non era ancora vinta in lei e, forse, per questo aveva dovuto tanto soffrire per la sua sterilità. Eppure questo fatto non fu tenuto nascosto, anche se Rachele è una della madri del popolo ebreo. Lo ripetiamo: anche ciò è una conferma della verità della narrazione biblica.
Nel passo che segue, Giacobbe ricorda a Labano tutto quello che ha fatto per lui con tanti sacrifici: “Vent’anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e i montoni del tuo gregge non ho mai mangiato.
Nessuna. bestia sbranata ti ho portato: io ne compensavo il danno e tu reclamavi da me ciò che veniva rubato di giorno e ciò che veniva rubato di notte. Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il sonno fuggiva dai miei occhi… ho servito quattordici anni per le tue figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il mio salario dieci volte. Se non fosse stato con me il Dio di mio padre, il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco, tu ora mi avresti licenziato a mani vuote”.
Purtroppo il Signore Dio talvolta veniva definito così: il Terrore di Isacco, a ricordo di quel momento spaventoso in cui Abramo, per obbedire a un ordine di Dio, aveva levato il coltello su quel suo unico, amatissimo figlio. Da quella obbedienza di Abramo al Signore, eroica oltre ogni dire, derivò al mondo intero il dono del Salvatore.
Quanto sono ingiusti i giudizi su Giacobbe di alcuni esegeti che osano chiamarlo truffatore per il fatto di Esaù. Egli era veramente santo e tanto, tanto amato da Dio.
IL TIMONE N. 27 – ANNO V – Settembre/Ottobre 2003 – pag. 60