Che cosa avevano in comune Padre Pio e Josemarìa Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei?
La gioia! Che i due giganti della fede hanno saputo coniugare con la più rigorosa ortodossia cattolica.
IL Joculatores Dei, giullari di Dio. Qualcuno storcerà il naso a sentir parlare in questo modo dei due straordinari personaggi che la Chiesa ha deciso di canonizzare nel 2002: il Padre Cappuccino Pio da Pietrelcina (appuntamento in San Pietro per domenica 16 giugno) e il sacerdote spagnolo Josemarìa Escrivà de Balaguer (6 ottobre prossimo).
Ma non c’è nulla di strano se a dirlo sono gli interessati: “Essere giullari di Dio:come è stupenda questa recita compiuta per Amore, con sacrificio, senza alcuna soddisfazione personale, per compiacere il nostro Signore!”. Parole di Escrivà tratte dal numero 485 di Forgia. “A questo mondo ognuno fa il buffone meglio che può, nel posto in cui l’ha messo il Signore”. Parole di Padre Pio, raccolte dai suoi biografi. Perché stupirsi?
Il tratto caratteristico di questi due testimoni del Vangelo è la gioia. Una gioia che si innesta in due vite molto diverse, e in due personalità per molti aspetti complementari.
Ma tenute insieme dal filo sottile eppure robusto della santità, che non si addice certamente agli animi tristi e disperati. Davvero i santi sono i colori della fantasia di Dio, e ogni volta la Chiesa ce lo ricorda, riconoscendo la santità di uomini così diversi eppure così uguali. Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nasce a Pietrelcina il 25 maggio 1887, e lì cresce nella fede semplice ma robusta dei genitqri Grazio e Giuseppina, contadini. Quando, nella notte del 23 settembre 1968, Padre Pio muore nel convento di San Giovanni Rotondo, il suo nome è sulla bocca di uomini di ogni latitudine: il 2 maggio 1999 una folla imponente ne festeggia la beatificazione a lungo caldeggiata dalla vox populi. Escrivà de Balaguer nasce il 9 gennaio del 1902 a Barbastro, in Spagna, educato alla fede dai genitori Josè e Dolores, in una famiglia agiata che tuttavia sperimenta anche la ristrettezza economica.
Quando improvvisamente Escrivà muore a Roma il 26 giugno 1975, ai quattro angoli della terra si contano decine di migliaia di suoi figli spirituali, riuniti nell’Opus Dei; incalcolabile il numero di quanti, anche al di fuori dell”’Obra”, si abbeverano agli scritti del fondatore e frequentano sacerdoti e laici che a quella spiritualità si rifanno. Il 17 maggio 1992 il colonnato del Bernini non basta ad abbracciare la folla di persone accorsa a Roma per la beatificazione del” Padre”.
Quale misteriosa miscela innescata da questi due uomini ha infiammato così tanti cuori, ha provocato conversioni imprevedibili, ha servito il Vangelo n~1 secolo dei grandi ateismi di massa? Difficile riassumere una vita. Ma, senza forzature e senza cedimenti agiografici, si possono scorgere – accanto alle peculiarità di ciascuno – impressionanti analogie.
Di Padre Pio si ricorda una vocazione precocissima al sacerdozio, sin da fanciullo. Escrivà vede invece, sèdicenne,in un giorno dell’inverno 1918, impresse nella neve, le orme di un carmelitano scalzo, e pensa: quest’uomo è capace di tanto p~ril Signore, e io, che cosa gli ho dato? Da quell’episodio matura repentina l’idea di farsi prete. La devozione eucaristica come centro e radice di tutta la vita spirituale è il pri- ( mo, fondamentale, “collante” che lega Padre Pio ed Escrivà. Entrambi vivono e ( insegnano una spiritualità ispirata alla semplicità e alla familiarità con Dio. Il fondatore dell’Opus Dei ricorda più volte che “nell’amore non c’è timore”, mostrando il vero volto di Dio che è Padre e non despota minaccioso.
Padre Pio trascorre ore e ore nel confessionale doV(;!, con il suo stile a tratti ruvido e bruciante, offre il perdono a ogni genere di penitenti.
Padre Pio ed Escrivà furono anche, naturalmente, due arandi difensori dell’ortodossia cattolica: uno degli ultimi atti terreni del cappuccino fu una lettera scritta il 12 settembre 1968 a Papa Paolo VI per infondergli coraggio, dopo che la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae l’aveva esposto allo scherno di molti.
Escrivà mantenne sempre immuni i suoi figli da certe “sbandate” del post concilio, tanto che oggi l’0pus Dei rappresenta, in buona compagnia con altri carismi, una delle teste n di ponte della nuova evangelizzazione promossa da d Giovanni Paolo II. Giullari di Dio, dunque, ma senza sconti a una fede seria ed g esigente. Un altro tratto caratteristico di queste personalità è l’obbedienza alla Chiesa: Padre Pio testimonia per tutta la sua esistenza amore per la “Sposa bella”, sempre, anche quando intorno a lui si respira incomprensione e sospetto, essendo suo malgrado al centro dell’attenzione per le stimmate, ricevute nel 1918, e per i fenomeni eccezionali legati alla sua vita. Lo stesso può dirsi di al Josemaria Escrivà, che “vede” il 2 ottobre del 1928 l’Opus Dei, ma che deve vincere molte diffidenze prima di ottenere il pieno riconoscimento della Santa Sede, nel 1950.
Essere al centro delle calunnie più ingiuriose è un altro punto che accomuna i nostri due campioni della fede: si tentò più volte, senza successo, di infangare la persona di Padre Pio. E oggi ancora si tenta, ciclicamente, di screditare l’Opera, affibiandole l’epiteto di massoneria bianca.
In realtà, l’Opus Dei riassume semplicemente l’ispirazione di fondo che illuminò l’animo di Escrivà: santificarsi con il lavoro; santificare il proprio lavoro; santificare coloro con cui lavoriamo. La chiamata universale alla santità, per tutti, laici e sacerdoti, dotti e semplici, benestanti e umili.
Scriverà infatti il Padre: “Che belle le croci sulle vette dei monti, in cima ai grandi monumenti, sul pinnacolo delle cattedrali!
Ma la Croce bisogna issarla anche nelle viscere del mondo: nel rumore delle fabbriche e delle officine, nel silenzio delle biblioteche, nel frastuono delle strade, nella quiete dei campi, nell’intimità delle famiglie, nelle assemblee, negli stadi”. Non c’è dunque realtà che, in quanto autenticamente umana, non possa essere santificata. Amare il mondo appassionatamente: è questa la vocazione del cristiano, chiamato a mettere insieme naturale e soprannaturale, Dio e l’uomo, sfuggendo ali’ eresia sempre ricorrente della gnosi.
Nessuno meglio dello stesso Padre Pio seppe interpretare questo tratto eminentemente cattolico della fede, spendendo tutto il suo cuore per Gesù e per ogni uomo.
RICORDA
“E chi era morto, il Presidente dell’Universo? No, un vecchietto, un fraticello senza cariche, un tizio qualsiasi di un paesino sperduto, un cittadino italiano che non aveva nemmeno finito il servizio militare. Come aveva fatto a farsi conoscere e venerare in tutto il mondo, senza mai uscire dalla sua cella? Aveva scritto best sellers risolutivi per le sorti del pianeta? Aveva ideato e presieduto convegni internazionali dai quali era uscita la nuova evangelizzazione che aveva finalmente convinto la gente a farsi cristiana sul serio? Aveva condotto riuscite campagne televisive per la pace, di portata planetaria? Aveva guidato fiaccolate cosmiche che erano sfociate nella fraternità universale? Come aveva fatto, insomma, a provocare questo immenso e qualificato cordoglio per la sua scomparsa? A colpi di miracoli, e basta. Il cristianesimo è cominciato così”.
(Rino Cammilleri, Vita di padre Pio, Piemme Pocket, Casale Mon.to (AL) 1999, p. 255).
BIBLIOGRAFIA
Rino Cammilleri, Vita di padre Pio, Piemme Pocket, Casale Mon.to (Al) 1999.
J. Escrivà de Balaguer, Cammino, Solco, Forgia, Ares, 5° ed., Milano 2000.
J. Escrivà de Balaguer, È Gesù che passa (omelie), Ares, 6° ed., Milano 2000.
Vittorio Messori, Opus Dei. Un’indagine, Mondadori, Milano 1994.
Giulio Giacometti – Piero Sessa, Padre Pio mistero e miracolo. Mimep-Docete, Pessano 2002
TIMONE N. 19 – ANNO IV – Maggio/Giugno 2002 – pag. 14 – 15
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