Scoto è il primo grande assertore del cristocentrismo: tutto l’universo è stato creato in vista di Cristo nel quale esso consegue anche il suo pieno compimento
Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 20 marzo 1993, a termine di una causa iniziata nel 1706 e ripresa con maggior vigore nel 1905, Giovanni Duns Scoto non è certamente un personaggio molto noto. Eppure egli è stato uno dei più grandi pensatori medievali e la sua elevazione alla gloria degli altari ce lo indica anche quale alto modello di vita cristiana: egli ha dunque tutte le carte in regola per appartenere alla schiera, tanto gloriosa quanto troppe volte non adeguatamente conosciuta, dei grandi maestri della cultura cattolica.
Nato tra la fine del 1265 e gli inizi del 1266 a Duns, in terra scozzese, Giovanni, fra i tredici e i quindici anni, entrò nell’ordine francescano, di cui lo zio paterno Elia era vicario generale per la Scozia, e dopo studi regolari fu ordinato prete nel 1291. Docente a Cambridge, a Oxford e a Parigi, dovette interrompere l’insegnamento per non aver voluto aderire a una richiesta di convocare un concilio al fine di deporre il Papa (si era nei primi anni del XIV secolo, drammaticamente segnati dall’aspro conflitto tra il re di Francia Filippo il Bello e il pontefice Bonifacio VIII). Ma la sua bravura e la grande stima dei superiori lo riportarono ben presto in cattedra: terminò la sua carriera a Colonia, ove morì l’8 novembre 1308 in odore di santità. Duns Scoto fu autore di molte opere, il cui catalogo definitivo e la cui edizione critica sono in corso di realizzazione: tra esse spicca l’Opus Oxoniense, più noto come Ordinatio, il suo capolavoro, la sua Summa, che egli limò e corresse continuamente senza giungere a una redazione conclusiva e che fu ampiamente ritoccato dai discepoli. Non è impresa facile leggere i testi del beato francescano a motivo di un argomentare affidato a uno stile spesso astratto, ma soprattutto a causa del fatto che l’incompiutezza di varie sue opere lasciò ampio spazio alle manipolazioni degli amanuensi.
Teologo, forse più che filosofo in senso stretto, Scoto fu soprannominato doctor subtilis per l’acutezza dell’ingegno e la sottigliezza delle speculazioni. Egli guardò alla filosofia con un certo sospetto e la volle completamente subordinata alla teologia, la quale, a sua volta, non doveva avere il carattere di un sapere razionale e speculativo, quanto piuttosto quello di una riflessione su Dio a partire dall’infinità, dall’amore e dalla bontà della stessa Persona Divina. Molte delle dottrine scotiste sono caratterizzate da un’estrema complessità: il dotto francescano concentrò l’attenzione in particolare intorno ad alcuni grandi problemi di metafisica (l’essere, la materia), di gnoseologia (l’intelletto), di antropologia (l’anima e il corpo) e di etica (il bene, la volontà), offrendo soluzioni e indicazioni assai articolate e profonde, le quali, secondo alcuni interpreti, dimostrano che egli seppe, almeno in parte, armonizzare la tradizione aristotelico-tomista con quella platonico-agostiniana.
Duns Scoto ebbe una squisita sensibilità religiosa, che si manifestò con particolare chiarezza in due aspetti della sua spiritualità e della sua riflessione teologica: la devozione alla Madonna e il cristocentrismo.
Detto anche Doctor Marianus, Scoto fu profondamente devoto alla Vergine, della quale sostenne, contro il parere di alcuni teologi parigini, l’immacolata concezione, cosa di cui venne addirittura chiamato a discolparsi (e fu proprio in questa occasione che si guadagnò l’appellativo di “Dottor sottile”). A suo giudizio, “Dio, nella sua bontà e nella sua libertà, non può essere condizionato dal peccato: la scelta di Maria deve necessariamente ricondursi non alla storia della caduta, ma al mistero dell’unità e della trinità divina che precede la stessa creazione” (G. C. Garfagnini).
Queste riflessioni conducono immediatamente a considerare l’altro elemento sopra accennato: in Duns Scoto è nettamente presente e viva la percezione della singolarità, del primato e dell’assolutezza di Cristo e della sua gloria e, come ha giustamente notato Battista Mondin, “Scoto è il primo grande assertore del cristocentrismo: tutto l’universo è stato creato in vista di Cristo nel quale esso consegue anche il suo pieno compimento, nel suo duplice ordine, naturale e soprannaturale. Tesi tipica della cristologia scotista è la primogenitura di Cristo rispetto a tutte le creature”.
In relazione alla cristologia, Scoto sviluppò anche un’importante dottrina dei sacramenti, nei quali egli vide la presenza operante di Dio e di Cristo perpetuata nella Chiesa e per ciascuno dei quali coniò la seguente definizione: “segno sensibile che significa in modo efficace, in forza della istituzione divina, la grazia di Dio o un effetto gratuito di Dio ordinato alla salvezza dell’uomo pellegrino”.
Pensatore di alto livello e di elevata complessità, più volte e da più parti criticato e discusso, Giovanni Duns Scoto resta sicuramente un grande maestro della filosofia e della teologia e il suo insegnamento è stato tenuto in grandissima considerazione specialmente all’interno dell’Ordine francescano. In questa sede, senza dimenticare i suoi meriti intellettuali, piace comunque ricordarlo – lui che ora vive nell’eterna beatitudine – anche e soprattutto per il suo deciso cristocentrismo e la sua ardente pietà mariana.
CANTO XXXIII
“Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio.
tu se’ colei che l’umana natura
nobilisti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo nell’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.”
BIBLIOGRAFIA
E.Bettoni, Duns Scoto filosofo, Vita e Pensiero, Milano 1966.
AA.VV., Etica e persona, Duns Scoto e suggestioni nel moderno, Edizioni Francescane, Bologna 1994.
IL TIMONE – N. 7 – ANNO II – Maggio/Giugno 2000 – pag. 12-13