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13.12.2024

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Giustizia e pace dono di Dio
31 Gennaio 2014

Giustizia e pace dono di Dio

L’appello di Benedetto XVI ai giovani e agli educatori

 


Non sono frutto di un nostro sforzo né esito di una ideologia. Dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente

«La pace non è un bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno, e sentiamoci uniti nella responsabilità verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche e artefici di pace».
Queste le forti, dense parole conclusive del Messaggio di Benedetto XVI per la 45ma Giornata Mondiale della Pace, che si è celebrata il 1° gennaio 2012 sul tema Educare i giovani alla giustizia e alla pace. Messaggio che reca la data dell’8 dicembre 2011, festa dell’Immacolata.
La dimensione profetica del tema scelto da Papa Ratzinger ben si inserisce nel solco di quella «pedagogia della pace» annunciata da Giovanni Paolo II nel 1979 (Per giungere alla pace, educare alla pace), nel 1985 (La pace e i giovani camminano insieme) e nel 2004 (Un impegno sempre attuale: educare alla pace).
Denso di implicazioni, il tema del rapporto dei giovani con la giustizia e la pace, che parte dall’impegno «per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale » e dal ripudio della guerra ma è qualcosa di più: una «convivenza giusta e pacifica fra le persone», non può prescindere da un «retto uso della libertà», intimamente connessa alla legge morale naturale. E una pace vera non è mai esito di un nostro sforzo ma «dono di Dio», perché «Cristo è la nostra vera pace: in Lui, nella sua Croce, Dio ha riconciliato a Sé il mondo e ha distrutto le barriere che ci separavano gli uni dagli altri».

Via dall’Iraq dopo nove anni

Mai più guerre. Un grido che si leva alto ogni volta che in qualche angolo del globo si sente il rumore delle armi o una ribellione è soffocata nel sangue. Mai più guerre, ma dalla fine del secondo conflitto mondiale, 67 anni fa, non c’è stato giorno senza violenze, senza sangue, senza vittime. Forse solo l’Europa è stata in gran parte risparmiata, se escludiamo le lotte per l’indipendenza in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi, in Corsica, in Cecenia.
Si registrano anche fatti positivi: domenica 18 dicembre 2011, l’ultimo convoglio militare americano ha lasciato Baghdad per il Kuwait, per poi imbarcarsi e tornare in patria. Alle spalle un bilancio pesantissimo: 4500 le vittime tra i soldati a stelle e strisce, decine di migliaia tra gli iracheni, militari e civili. Sarà il tempo a dire se davvero è sbocciata la pace tra il Tigri e l’Eufrate.
Ma non è soltanto quello iracheno l’unico fronte caldo sullo scacchiere internazionale. Secondo i dati più aggiornati, sono 57 nel mondo gli Stati coinvolti in conflitti di varia natura e fratricide guerre civili, 243 le milizie e i gruppi separatisti coinvolti. Invece, per altre fonti, più ottimistiche (Peace Reporter), le guerre sono “solo” 31. Non solamente Iraq, ma anche Afghanistan, Yemen, Somalia, Nigeria, Caucaso, cui si aggiungono le recenti rivolte in Tunisia e Libia, la sanguinosa repressione in Siria, le continue fiammate di violenza in Egitto. Emblematiche le parole del Messaggio del 25 gennaio 2011 della Madonna di Medjugorje, che non a caso si è definita Regina della Pace: «Cari figli!… non perdo la speranza che questo mondo cambierà in bene e che la pace regnerà nei cuori degli uomini». Poi ha aggiunto, suggerendo l’atteggiamento corretto: «La gioia regnerà nel mondo perché vi siete aperti alla mia chiamata e all’amore di Dio».

Prevalgono sfiducia e smarrimento
La preoccupazione per i giovani e per il loro cammino umano e spirituale è sempre stata presente nell’impegno pastorale degli ultimi Papi. Il 17 settembre 1961, ricevendo a Castel Gandolfo un gruppo di ragazzi, Giovanni XXIII li esorta a essere «aperti a ciò che è bello, santo, giusto», in un’esistenza «ordinata e serena». Mezzo secolo dopo, Benedetto XVI riconosce che tra i giovani sono cresciuti la sfiducia e un totale smarrimento, ignoti alle generazioni precedenti, che li porta a vivere con apprensione «il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia».
Fondamentale diventa allora il compito educativo («L’educazione è l’avventura più affascinante e difficile della vita»), che spetta innanzitutto alla famiglia, per poi estendersi a tutti i soggetti e i luoghi educativi della società, dalla scuola agli ambiti religiosi, fino ai mezzi di comunicazione. Da qui un appello: «Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace».

L’uomo non è padrone della propria vita

Il punto di partenza, prima ancora che educare alla giustizia e alla pace, è educare alla verità e alla libertà. La verità è riconoscere che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; di conseguenza, si deve «avere un profondo rispetto per ogni essere umano». La libertà la si comprende pienamente solo nella relazione con Dio: essa non è «l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io». Contraddice la propria essenza «l’uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole», rinchiudendosi in un orizzonte relativistico e ignorando la distinzione tra il bene e il male. La libertà autentica fa nascere frutti senza i quali pace e giustizia rimangono parole prive di contenuto. Tali frutti sono «la fiducia reciproca, la capacità di tessere un dialogo costruttivo, la possibilità del perdono, che tante volte si vorrebbe ottenere ma che si fa fatica a concedere, la carità reciproca, la compassione nei confronti dei più deboli, come pure la disponibilità al sacrificio ».

I criteri dell’utilità e del profitto
Entrando nel merito del concetto di giustizia, Papa Ratzinger critica «certe correnti della cultura moderna, sostenute da principi economici razionalistici e individualisti», che «hanno alienato il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti, separandolo dalla carità e dalla solidarietà». Per Benedetto XVI, infatti, la giustizia «non è una semplice convenzione umana, poiché ciò che è giusto non è originariamente determinato dalla legge positiva, ma dall’identità profonda dell’essere umano». Altrimenti, il rischio è quello di «ricorrere esclusivamente ai criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere», con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. E dalla giustizia nasce la pace per tutti che, se è vero che è innanzitutto «dono», è anche un’opera da costruire. Come? Con gli strumenti della solidarietà, della collaborazione, della fraternità. Con lo scopo di ridistribuire la ricchezza, promuovere la crescita, cooperare allo sviluppo, risolvere i conflitti.
Nel suo Messaggio per la Giornata della Pace, Papa Benedetto ha ripreso un passaggio del suo discorso alla prima veglia con i giovani, a Colonia, il 20 agosto 2005: «Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero». I giovani non devono aver paura di impegnarsi, magari andando controcorrente, di affrontare la fatica; non devono farsi prendere dallo scoraggiamento né abbandonarsi a false soluzioni, ma «scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione ». Fino al punto di essere esempio e stimolo per gli adulti.

 

RICORDA

 

«Che cos’è la pace nel mondo? La pace nel mondo, la quale è richiesta per il rispetto e lo sviluppo della vita umana, non è semplice assenza della guerra o equilibrio di forze contrastanti, ma è “la tranquillità dell’ordine” (sant’Agostino), “frutto della giustizia” (Is, 32,17) ed effetto della carità. La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo». (Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, n. 481).

 

IL TIMONE n. 109 – Anno XIV – Gennaio 2012 – pag. 12 – 13
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