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11.12.2024

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Gli errori nella preghiera
31 Gennaio 2014

Gli errori nella preghiera

 

 

Uno dei più consueti errori nel modo di pregare è la superficialità, per esempio quando tramite la preghiera si chiedono cose frivole, quali la ricchezza o il successo, o quando, pur chiedendo cose buone, come la salute propria o di qualcuno, si scambia la preghiera per una bacchetta magica che intende porre Dio al servizio dei nostri desideri, quasi come se Egli non fosse il Signore, ma “il genio della lampada” a cui chiedere ciò che più piace, dimenticando che i disegni di Dio sono ben più alti e diversi dai nostri. L’apostolo Giacomo ci mette in guardia da questo atteggiamento scrivendo: “Voi chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per soddisfare i vostri piaceri» (Gc 4,3).
Un altro errore frequente è quello della presunzione, cioè pretendere di essere esauditi senza merito, o esigere grazie troppo alte, come missioni soprannaturali o doni mistici, dimenticando che non si è degni o all’altezza di riceverli. Alla madre di Giovanni e Giacomo la quale chiedeva per i suoi figli un posto d’onore accanto a Gesù, questi risponde: “Non sapete quello che chiedete; potete voi bere il calice che io sto per bere?» (Mt 20,20).
La presunzione può diventare perfino arroganza quando nella preghiera ci si mette davanti agli altri, come nella parabola del fariseo e del pubblicano, in cui il fariseo vantava davanti a tutti, nel tempio, i propri meriti: «O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri. Digiuno due volte alla settimana e pago la decima di quanto possiedo». Osa perfino fare confronti con i presenti: “Non sono come questo pubblicano…», mentre di quest’ultimo, che pregava con umiltà, Gesù dice: “Questi tornò a casa giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 18,9).
Un altro errore indicato da Gesù è l’esibizione: “Quando pregate non siate come gli ipocriti, che amano stare ritti nelle sinagoghe o negli angoli delle piazze per farsi vedere dagli uomini. In verità vi dico che essi hanno già ricevuto la loro ricompensa» (Mt 6,5). Oggigiorno è più facile incontrare il peccato opposto: vergognarsi di essere visti mentre si prega o si fa un segno di croce.
Ma non manca chi, per raccogliere voti o consensi, si mostra alle telecamere in prima fila durante una messa, o un funerale, o un’udienza dal Papa. Gesù stesso, quando pregava, sceglieva luoghi appartati o il silenzio della notte.
La preghiera esige attenzione e raccoglimento. Se questo non avviene, un altro dei pericoli è la dissipazione. Gesù diceva: “Quando preghi, entra nella tua casa, chiudi l’uscio e prega il Padre tuo che è presente nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà» (Mt 6,6). Questa concentrazione nelle cose divine non significa fare per forza il vuoto mentale, magari ricorrendo a tecniche orientali che a tutti i costi cercano di controllare il corpo, il respiro o perfino il pensiero. Non è necessario attingere dallo yoga o dal buddismo come certi cristiani che davanti a una parete bianca cercano di fare il vuoto dentro di sé. Se su quella parete c’è un crocifisso e se, più che il vuoto, si cerca la pienezza di Dio, la preghiera è più efficace perché viene realizzata non con le nostre armi, ma con quelle del Signore.
Un altro pericolo è l’insicurezza, quando si prega con l’amara sensazione che Dio forse non sente o non ci considera. Gesù ci insegna ad avere fede ferma, a chiedere con fiducia: se chiediamo nella disposizione giusta e chiediamo ciò che giova al nostro vero bene, il Signore ci esaudisce. Giacomo scrive: “Se uno difetta di sapienza, la chieda a Dio, che dà con abbondanza. Chieda però con fede, senza tentennare, per non essere come un’onda sbattuta dal vento.
Non pensi quel tale di ricevere qualcosa dal Signore, irresoluto e volubile com’è» (Gc 1,5). Oltre all’atteggiamento verso Dio, è anche importante, nella preghiera, quello verso il prossimo, evitando la mancanza di carità: «Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro altri, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati” (Mc 11,24).
Un altro errore diffuso è quello della verbosità Gesù ammoniva: «Quando pregate non spreca te parole come i pagani, che credono di esse re esauditi grazie alla loro loquacità. Non siate come loro perché il Padre vostro sa di che cosa avete bisogno anche prima che voi preghiate» (Mt 6,7). Non si deve cedere alla tentazione di “voler convincere Dio”, quasi come se le grazie si ottenessero con una determinata sequenza magica di parole. Dio sa già di cosa abbiamo bisogno.
Ma allora, si chiederà, perché pregare? Perché la preghiera non è l’elenco sterile di tutte le nostre necessità, ma accogliere Dio nel cuore e schiudersi al suo amore trasformante. Se però non siamo capaci di vivere così nemmeno nelle altre relazioni (nel rapporto con gli altri, nel rapporto di coppia.. .), soffocando con parole inutili il legame intimo ed essenziale, è difficile cambiare metodo durante la preghiera. Scrive padre Vittorio De Bernardi, grande maestro contemporaneo di spiritualità e dono prezioso dell’Ordine gesuita: «Le nostre preghiere sono il frutto del nostro livello spirituale, spesso ancora imperfetto, infantile, quindi poco chiaroveggente. Ci è difficile vedere noi stessi come ci vede Dio, e vedere a che punto Dio ci vuole portare. La preghiera è tuttavia necessaria per renderci consapevoli che in tutto dipendiamo da Dio.
lnoltre la preghiera ci è necessaria per creare in noi le giuste disposizioni: se chiedo di diventare sincero, mi apro già ad un atteggiamento di sincerità, e la grazia di Dio arriva al mio cuore attraverso un canale già aperto». Per fortuna la nostra preghiera è preceduta e portata a compimento dalla preghiera misteriosa dello Spirito Santo in noi. Dice San Paolo: «Noi non sappiamo che cosa chiedere nel modo giusto, ma lo Spirito lo implora per noi con gemiti inesprimibili, e Colui che scruta i cuori sa quale sia l’anelito dello Spirito» (Rm 8,26).

IL TIMONE – N.78 – ANNO X – Dicembre 2008 pag. 61

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