Il Timone n. 14 – anno 2001 –
“La Cristianità [medievale, n.d.r.] è guidata da due governi: l’auctoritas sacrata dei Pontefici, o Ecclesia, e la regalis potestas dei sovrani, o Imperium. Il Papa e l’Imperatore sono i due monarchi supremi dei due governi – l’uno religioso, l’altro temporale – della Cristianità. Essi esercitano entrambi una piena potestas che deriva, sia all’uno che all’altro, direttamente o indirettamente, da Dio. Nelle loro rispettive sfere di giurisdizione, i due governi sono sovrani e indipendenti. Alla Ecclesia spetta la cura delle anime e degli interessi religiosi; all’Imperium compete la protezione e la difesa degli interessi temporali. Fra questi due governi non c’è separazione ma distinzione e coordinazione”.
(Roberto De Mattei, La sovranità necessaria. Riflessioni sulla crisi dello Stato moderno. II Minotauro, Roma 2001, pp. 18-19).
“Al contrario della libertà di fare il bene, la libertà di distruggere, la libertà dell’irresponsabilità, ha visto aprirsi davanti a sé vasti campi d’azione. La società si è rivelata scarsamente difesa contro gli abissi del decadimento umano, per esempio contro l’utilizzazione della libertà per esercitare una violenza morale sulla gioventù: si pretende che il fatto di poter proporre film pieni di pornografia, di crimini o di satanismo costituisca anch’esso una libertà, il cui contrappeso teorico è la libertà per i giovani di non andarli a vedere. Così la vita basata sul giuridismo si rivela incapace di difendere perfino se stessa contro il male e se ne lascia a poco a poco divorare”.
(Aleksandr Solzenicyn, Un mondo in frantumi. Discorso di Harvard, La Casa di Matriona, Milano 1978).
“Obiettivamente è difficile accettare che questo nostro stupefacente ordine cosmico, capace di ospitare e dar forma alla straordinaria complessità della vita e dell’intelligenza, sia frutto di un fortunato lancio dei famosi dadi di Einstein. Anzi, a ben vedere, la similitudine del gioco dei dadi appare perfino sottodimensionata rispetto all’altissima improbabilità che si verifichino spontaneamente tutte le coincidenze indispensabili per la formazione dell’attuale universo. Come dice Trinh Xuan Thuan: si potrebbe paragonare la precisione di questa regolazione all’abilità di un arciere che riuscisse a ficcare la sua freccia al centro di un bersaglio di un centimetro quadrato da una distanza di 15 miliardi di anni-luce, l’età del cosmo”.
(Roberto Timossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999, p. 328).
“A un secolo e mezzo di distanza dalla violenta vittoria del liberalismo, a cinquant’anni dal crollo del nazismo, sulla soglia, ancora incerta, della fine del comunismo, ci sembra opportuno ripartire dalla provocazione di Dostoevskij: ‘la bellezza salverà il mondo’. L’Italia, il ‘bel paese’, il paese bello per eccellenza, possiede più della metà dell’intero patrimonio artistico mondiale. La bellezza non è frutto del caso. Cosa regala all’Italia il primato della bellezza? Perché non ci si interroga fino in fondo sulle implicazioni di tale domanda? È vero, c’è la grande tradizione della Roma imperiale, ma, e molto di più, la capillare e millenaria presenza dei cattolici che in ogni angolo di territorio hanno manifestato la loro fede circondandosi di bellezza: dai più umili ai più potenti”.
(Angela Pellicciari, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Piemme, Casale Mon.to 2000. p. 277).
“[la natura] è incomprensibile, senza l’esistenza di una volontà creatrice e di un principio ordinatore. E questo principio ha un nome: Dio. Egli è la necessità stessa, l’unica perché assoluta. Negarlo vuoi dire rassegnarsi a comprendere solo parzialmente il mondo materiale e rimettersi al caso, che diventa un sostituto di Dio. Un dio svalutato, che conviene al filosofo materialista ma non alla materia, legata a un insieme di leggi. L’ipotesi materialista, atea, è carica di postulati: l’universo senza Dio, senza finalità, senza ragion d’essere, è assurdo tanto nel suo insieme quanto nelle sue parti”.
(Pierre Paul Grasse, in Mariano Artigas, Le frontiere dell’evoluzionismo, Ares, Milano 1993, p. 169).
“La dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Dominus lesus ha ricordato ai cattolici che il Cristianesimo è la vera religione. Ciò ha ristabilito, crediamo, lo statuto di una disciplina dimenticata: l’apologetica. L’apologetica non è incompatibile con il dialogo, perché serve a stabilire il proprio terreno del confronto. Senza una coscienza critica delle differenze, il dialogo avviene nel vuoto. È quanto la Dominus lesus ha ricordato. Questo testo è dunque un Adversus Islam, nel senso classico degli adversus tradizionali. Ciò non significa “contro” ma “di fronte”. È l’assunzione della differenza. E il riconoscimento della differenza è la sola via che garantisce ad un tempo verità e libertà”.
(Gianni Baget Bozzo, Di fronte all’Islam. Il grande conflitto, Marietti, Milano 2001, p. 9).
IL TIMONE N. 14 – ANNO III – Luglio/Agosto 2001 – pag. 30