Il Timone n. 26 – anno 2003 –
“Gesù ci ha detto: «Andate in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo». Non ci ha detto «Andate a dialogare».
Spero di non essere frainteso. Non ce l’ha detto, non perché il dialogo sia una cosa riprovevole o inutile; al contrario, non ce l’ha detto perché il dialogo con tutti è una cosa tanto ovvia e inevitabile da poter essere tranquillamente sottintesa. Ma ha scelto positivamente di sottintenderla perché l’impegno dell’annuncio, espresso in modo esplicito, risaltasse nella sua primarietà senza possibili malintesi o confusioni. Gesù ci ha detto: «Predicate il vangelo a ogni creatura». Non ci ha detto: «Predicate il vangelo a ogni creatura, tranne gli ebrei, i musulmani e il Dalai Lama»”.
(Cardinale Giacomo Biffi, Discorso rivolto agli aderenti del movimento Rinnovamento nello Spirito, Rimini 26 aprile 2003).
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“Viviamo in un’epoca senza Dio mai vista finora e pensiamo che questo non abbia conseguenze sul rapporto uomo-donna. Noi non siamo fuori dal guado: Dio è entrato in questa nostra condizione limitata per portarci all’eterno.
Se non si riscopre il fondamento, almeno come desiderio, della morale, in una società come la nostra, non si riesce a vivere neppure l’essenziale della moralità cristiana cattolica. Il fondamento della morale è l’affezione personale a Cristo. Questo è il vero punto di fuga che rianima il rapporto affettivo tutti i giorni: ‘Aiutiamoci a dire sì a Cristo'” .
(Luigi Negri, Il Matrimonio, Piemme, Casale Mon.to 2003, p. 47).
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“Come bisogna imitare Gesù Cristo?
Bisogna imitare Gesù Cristo non ripetendo le sue parole e il suo comportamento esteriore, ma lasciando che egli ci renda partecipi dei suoi sentimenti di obbedienza al Padre e di amore ai fratelli. La santità consiste in questa imitazione. Essa non significa, né può, copiare la vita mortale di Cristo iscritta in un preciso spazio e in un determinato tempo.
Significa, piuttosto, condividere gli atteggiamenti più intimi e profondi del Signore Gesù che ha scelto, nello Spirito, la morte di croce voluta dal Padre in vista della gloria. La santità è assimilazione del credente al mistero di Cristo. Il comportamento esteriore, rispondente alle esigenze della situazione attuale, risulterà dall’appartenenza al Signore Gesù che muore e risorge”.
(Mons. Alessandro Maggiolini, La fede cattolica spiegata ai semplici, Mimep-Docete, Pessano 2003, p. 105).
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“Quello che io invece sostengo è che Dio è intuito da tutti come l’esito di un’inferenza necessaria che lo pone come l’unica ragione di tutto, come il fondamento di tutta l’esperienza umana (del mondo, dell’io, della coscienza e dei valori morali), che reclama imperiosamente la “posizione” di un primo Principio, di una prima Causa, di un Legislatore, di una Provvidenza. Ciò che fa parte dell’esperienza immediata non è Dio in sé ma la necessità di pensare a un Principio o Causa prima del mondo che è al di là del mondo; non la sua presenza è sperimentata dall’uomo, ma la sua assenza: un’assenza che rende tutto il resto problematico o addirittura assurdo se non si giunge a pensare alla soluzione di questo problema attraverso l’intuizione di un Fondamento che non si vede ma deve assolutamente esserci”.
(Antonio Livi, Razionalità della fede nella Rivelazione. Un’analisi filosofica alla luce della logica aletica, in Grande Enciclopedia Epistemologica, n. 7, p. 16).
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“Il progetto di costruzione della modernità si è affermato infatti, e non poteva che affermarsi, come un processo di estirpazione delle radici sociali .
del cristianesimo. Questo processo plurisecolare è culminato nel secolo XX con il tentativo di costruzione del socialismo reale, che prevede, per usare un’espressione di Antonio Gramsci, la “laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume”, e cioè la mondanizzazione integrale della società, attraverso la filosofia della prassi: Dio non viene negato, ma viene per così dire espulso pacificamente dalla storia”.
(Roberto de Mattei, L’Europa tra radici cristiane e sradicamento post-moderno, in Nova Historica, anno 2 [2003], n. 4, p. 7).
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“(…) nelle prime democrazie, compresa quella americana alla sua nascita, tutti i diritti venivano riconosciuti alla persona umana solo in quanto creatura di Dio; in altre parole, la libertà veniva conferita al singolo solo sotto condizione, presumendo una sua permanente responsabilità religiosa: tanto sentita era ancora l’eredità del millennio precedente. Solo duecento anni fa, ma anche cinquanta, in America sarebbe parso impossibile accordare all’uomo una libertà senza freni, così, per il soddisfacimento delle sue passioni.
Tuttavia, da allora, in tutti i paesi occidentali questi limiti e condizionamenti sono stati erosi, ci si è definitivamente liberati dell’eredità morale dei secoli cristiani con le loro immense riserve di pietà e di sacrificio e i sistemi sociali hanno assunto connotati materialistici sempre più compiuti”.
(Aleksandr Solzenicyn, Un mondo in frantumi. Discorso di Harvard, La Casa di Matriona, Milano 1978, p.26.)
IL TIMONE N. 26 – ANNO V – Luglio/Agosto 2003 – pag. 30