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11.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

Il Timone n. 31 – anno 2004 –

 

 

“(…) il nostro è un tempo post-cristiano, non scristianizzato. Il settantacinque per cento dell’«eredità paterna» (cioè, tutto quello che dobbiamo al bimillennio cristiano, mentalità e superiorità tecnologica comprese) non è ancora stato sperperato. Viviamo in una strana eresia, un cristianesimo senza Dio e senza Cristo, che ci permette di sfruttare i doni di questa straordinaria religione pur non capendo più a cosa dovevano servire. Non resta che rievangelizzare, porta a porta, uno a uno, perché prima o poi ogni uomo si ritrova affamato come il figliol prodigo. Non accada che, volendo rialzarsi e tornare, non trovi chi gli indichi quella strada di casa che ha dimenticato”.
(Rino Cammilleri, in Massimo Viglione [a cura di], Chiesa e mondo. Opinioni a confronto, p. 174).
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“Quando Stalin capì che la nazione non lo avrebbe difeso e che, nonostante tutti i suoi kolchoz ed i suoi gulag, si sarebbe arresa volentieri ai tedeschi, capì che qualsiasi riferimento all’ideale comunista sarebbe stato inutile. Decise allora di tornare alle radici dell’anima russa. Nel 1941 Stalin riaprì molte chiese, ripescò i preti rimasti nei campi di concentramento e diede loro parrocchie.
Stalin ricreò la Chiesa ortodossa a sua immagine e somiglianza. (…) Diciamolo chiaramente: la chiesa che Stalin ricreò non era più la Chiesa ortodossa di sempre. I vescovi dovevano essere strettamente legati al KGB e nessuno poteva essere ordinato sacerdote, e tanto meno diventare vescovo, senza l’autorizzazione del KGB. Detto francamente, il clero era composto quasi esclusivamente da agenti del KGB. Oggi questo si sa, è di dominio pubblico perché abbiamo trovato i documenti. Oggi si conoscono, per esempio, il nome in codice dei vari vescovi. Quello dell’attuale Patriarca di Mosca era Drozdov. Io mi domando: possiamo accettare questi personaggi come leader spirituali e riconoscere in loro la vera Chiesa Ortodossa?”.
(Vladimir Bukovskij, in Tradizione Famiglia Proprietà, n. 3-4, dicembre 2003).
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“Mi fa pena pensare che in Italia non pochi missionari, riviste ed organismi missionari, diffondono bugie sui popoli poveri, pur con la buona intenzione di aiutarli nel loro cammino verso lo sviluppo. «La verità è rivoluzionaria», diceva Lenin: non si possono aiutare i popoli poveri dicendo bugie! Tanto più che questa visione ideologica della realtà storica crea nei poveri, soprattutto negli intellettuali dei Paesi poveri, frustrazione, rabbia, impotenza, rivolta, sentimenti negativi per lo sviluppo dei loro popoli. Li educa certamente a protestare, denunziare, proclamare la lotta di classe fra poveri e ricchi, ma non ad un impegno personale costante, sacrificato, rivolto anzitutto all’educazione dei loro popoli, come sarebbe necessario”.
(Piero Gheddo, in Mondo e Missione, gennaio 2004, p. 85).
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“[Dio] È causa universale, sostanza infinita e impalpabile, eterna quiete e autore di ogni movimento; è intelligenza suprema, volontà sovrana; è contenente non contenuto. È colui che creò tutto dal nulla e che conserva nell’essere ogni cosa; governa le cose angeliche, quelle umane e quelle infere. È in estrema misura misericordioso, giusto, amorevole, forte, potente, semplice, segreto, splendido, sapiente. L’Oriente conosce la sua voce, l’Occidente gli obbedisce, il Mezzogiorno gli si inchina, il Settentrione lo venera.
La sua parola riempie il creato, gli astri vegliano il suo volto, i serafini riflettono la sua luce nelle loro ali sfolgoranti, il cielo è il suo trono e la sfera della terra giace nella sua mano”.
(Juan Donoso Cortés, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, pp. 66-67).
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“Tutte le prove che escludono l’ipotesi di un falsario – il microscopio avrebbe scoperto da tempo anche la più astuta falsificazione – e la lunga serie di informazioni perfettamente corrispondenti con il racconto dei quattro Vangeli, tolgono qualsiasi ragionevole dubbio alla identificazione tra l’Uomo della Sindone e Gesù di Nazareth. Non è il nostro bisogno di sicurezze che ci spinge a forzare il grado di certezza contenuto nel lenzuolo, ma è questa certezza interna della reliquia a costringerci ad accettarla. Sulla base di quanto già conosciamo, non è onestamente possibile affermare che non sappiamo di dove la Sindone venga e da quale epoca nasca”.
(Orazio Petrosillo – Emanuela Marinelli, La Sindone. Storia di un enigma, p. 285).

IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 34
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