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15.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

Il Timone n. 42 – anno 2005 –


«In realtà il Cristianesimo non si oppone mai al potere politico costituito, come funzione e come responsabilità (che ritiene anzi derivato da Dio e nei riguardi del quale chiede un pieno lealismo), ma al potere come dominio, che usurpa i diritti di Dio: illealismo dei Cristiani verso Roma ha il suo autorevole fondamento non negli Apologisti, da Giustino a Melitone, da Atenagora a Tertulliano stesso non ancora montanista, ma nelle lettere apostoliche, il cap. 13 della lettera ai Romani e il capitolo secondo della I Petri; ha il suo fondamento nel “Date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio” di Gesù stesso».
(Marta Sordi, I Cristiani e l’impero romano, pp. 11-12).

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«In effetti, la questione dell’unificazione politica della Penisola, in particolare per le Logge massoniche, per la Carboneria, ma anche per i protagonisti più noti di quelle vicende, quali Mazzini, Garibaldi ed altri, non era il fine ultimo della lotta, ma l’obiettivo più strettamente funzionale alla costruzione di una nuova unità mondiale. Occorreva distruggere il Cattolicesimo e il suo universalismo per creare un cosmopolitismo ispirato da una nuova “religiosità” laica. Una riproposizione, insomma, dell’illuministico disegno di unità sovranazionale, contrapposto a quello cristiano. Alla Roma dei Cesari e a quella dei Papi bisognava sostituire la terza Roma: quella del “Progresso” e dell”‘Umanità”. Così profetizzava enfaticamente Mazzini.
Pertanto, la Chiesa cattolica in quel periodo venne letteralmente assediata, nel senso che fu oggetto una persecuzione totale, senza esclusione di colpi, che si sviluppò a vari livelli: ideologico-culturale, politico-giurisdizionale, fisico-patrimoniale».
(Salvatore Marra, Il Sillabo aveva ragione, pp. 53-54).

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«E nessuna statistica potràmai rispecchiare l’impatto complessivo delle repressioni staliniane sulla vita e sulla salute di intere famiglie. Un uomo veniva processato e giu-stiziato in quanto «nemico del popolo»; sua moglie veniva internata in un campo perché «parente di un nemico del popolo»; i suoi figli crescevano negli orfanotrofi e poi entravano nel giro della malavita; sua madre moriva per l’angoscia e il dolore; i cugini, le zie e gli zii troncavano ogni rapporto, per evitare di essere coinvolti. Le famiglie andavano a pezzi, le amicizie finivano, e chi restava, se non moriva, era paralizzato dalla paura».
(Anne Applebaum, Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici, p. 606).

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«La Legge divina del Decalogo ha valore vincolante come legge di natura anche per coloro che non accettano la Rivelazione: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre… Ognuna di queste parole del codice del Sinai prende le difese di un bene fondamentale della vita e della convivenza umana. Se si pone in dubbio tale legge, la convivenza umana diventa impossibile, e la stessa esistenza morale dell’uomo è messa a repentaglio. (…) Proprio questo codice morale proveniente da Dio, codice sanzionato nell’Antica e nella Nuova Alleanza, è anche l’intangibile base di ogni legislazione umana in qualunque sistema e, in particolare, in quello democratico. La legge stabilita dall’uomo, dai parlamenti e da ogni altra istanza legislativa umana, non può essere in contraddizione con la legge di natura cioè, in definitiva, con l’eterna Legge di Dio».
(Giovanni Paolo II, Memoria e identità, pp. 160-161).

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«Più volte sono stato “richiamato” unicamente perchè esprimevo il legame indissolubile tra il senso religioso, la dimensione della fede in Cristo e il significato dell’agire politico. Quante volte mi sono sentito dire da altri cattolici: “essere cattolici non significa sbandierarlo in ogni circostanza”, oppure “un conto è l’impegno istituzionale e politico e altra cosa è andare pregare il Signore la domenica alla Santa Messa”. E invece una persona, soprattutto se impegnata in politica, proprio perché cattolico, dovrebbe essere identificato innanzitutto come cristiano.
La mia identità è Cristo e non è quella di essere un politico. lo sono di Cristo e questo supera ogni altro fatto perché contiene tutti».
(Marco Malinvemo, Cattolici politica. .. Peccato non esserei. da cattolici, p. 41).

IL TIMONE – N. 42 – ANNO VII – Aprile 2005 pag. 34

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