Il Timone n. 55 – anno 2006 –
«Per coloro che abitualmente frequentano la chiesa i due effetti più evidenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II sembrano essere la scomparsa del latino e l’altare orientato verso il popolo. Chi ha letto i testi al riguardo si renderà conto con stupore che, in realtà, i decreti del Concilio non prevedono nulla di tutto questo.
Certo, l’uso della lingua corrente è consentito, soprattutto per la liturgia della Parola, ma la precedente regola generale del Concilio afferma: “L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini” (Sacrosanctum Concilium 36.1). Non vi è nulla nel testo conciliare sull’orientamento dell’altare verso il popolo; quel punto è stato sollevato solo nelle istruzioni postconciliari».
(Joseph Ratzinger, Prefazione a Uwe Michael Lang, Rivolti al Signore, p. 7).
«Un popolo cristiano che viva la sua identità non può non prendere coscienza che essa è fonte di una cultura adeguata e originale. Ecco, perciò, il tema della fede che diventa cultura, della fede che s’irrobustisce e diventa capace di confronto col mondo, proprio perché ha maturato in modo critico il senso profondo della sua identità di fede. La cultura che nasce dalla fede non può non formulare un giudizio sull’uomo e sul mondo e quindi non può che illuminare le ritornanti tentazioni nell’uomo e nella società di fare a meno di Cristo, o addirittura di pensarsi e di strutturare la vita culturale e sociale in opposizione al Mistero di Cristo e alla presenza della Tradizione cristiana».
(Luigi Negri, Pastorale e testimonianza, p. 12).
«L’anima dell’Europa è la sua identità storica e culturale, il principio vitale che la fa sussistere e ne determina il ruolo, il patrimonio di valori che ne ha permesso nel corso dei secoli le istituzioni e i costumi e che ha permesso alla sua civiltà di perpetrarsi nel tempo e di diffondersi nello spazio. Quali sono questi valori? Sono valori razionali, oggettivi, quali il principio greco di identità e non-contraddizione, fondamento della logica occidentale, e quale l’idea romana di diritto, da cui scaturiscono istituzioni permanenti come la famiglia, lo Stato, la proprietà privata. Tuttavia il principio di identità e di non-contraddizione è stato elaborato dal pensiero greco, ma non è greco, è universale; l’idea di diritto è stata elaborata a Roma, ma non è romana, è universale. Il Cristianesimo, a cui si deve l’assunzione di questi valori e l’elaborazione di molti altri, a cominciare da quello di persona umana, è a sua volta un messaggio di salvezza universale che non può essere ridotto all’Europa
e all’Occidente, ma in Europa si è sviluppato e dall’Europa si è diffuso nel mondo».
(Roberto de Mattei, L’anima dell’Europa, in Nova Historica. Rivista internazionale di storia, anno IV (2005), n. 14, pp. 89-90).
«Il Risorgimento italiano, così come la storiografia ce lo ha presentato per tanti anni, con le sue spontanee esasperate sollevazioni contro i sovrani legittimi e le invocazioni del popolo all’indipendenza, non è in realtà mai esistito. Le manifestazioni contro i sovrani non erano che farse messe in scena da un manipolo di piemontesi ben pagati, e la rivoluzione italiana, come la maggior parte delle rivoluzioni, ben lungi dall’essere invocata spontaneamente dal popolo, fu invece consapevolmente voluta e pianificata da chi del popolo raramente si interessava, mentre questo rimaneva inerte, impotente spettatore, che forse, se avesse potuto,
si sarebbe ribellato, non all’ordine costituito bensì alla stessa rivoluzione».
(Elena Bianchini Braglia [a cura di], La verità sugli uomini e sulle cose del Regno d’Italia, p. 17).
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