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11.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto

 

Il Timone n. 61 – anno 2007 –

 

 

«In realtà, lo sviluppo moderno delle scienze reca innumerevoli effetti positivi, come noi tutti vediamo; essi vanno sempre riconosciuti. Al tempo stesso, però, occorre ammettere che la tendenza a considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione della ragione umana e produce una terribile schizofrenia, ormai conclamata, per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia e istintività sfrenata. È urgente, pertanto, riscoprire in modo nuovo la razionalità umana aperta alla luce del Logos divino e alla sua perfetta rivelazione che è Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo. Quando è autentica, la fede cristiana non mortifica la libertà e la ragione umana; e allora perché fe-de e ragione devono avere paura l’una dell’altra, se incontrandosi e dialogando possono esprimersi al meglio? La fede suppone la ragione e la perfeziona; e la ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di Dio e delle realtà spirituali. La ragione umana non perde nulla aprendosi ai contenuti di fede, anzi, questi richiedono la sua libera e consapevole adesione».
(Papa Benedetto XVI, Angelus, domenica 28 gennaio 2007).
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«Preconciliare, tridentino, tradizionalista, reazionario. In nessun altro modo potrebbe essere definito oggi uno scrittore che osa dire cose simili. E, naturalmente, secondo la vulgata corrente, non si tratta di complimenti. Ma Guareschi si trovò sempre benissimo in questa definizione per il semplice motivo che era aderente alla realtà. Questo abito non gli andava né largo né stretto: era tagliato su misura per lui. Non era amore di polemica, ma il suo esatto contrario. Era il desiderio di riconoscersi in un insegnamento definitivo che richiede di condividere l’essenziale con i propri simili. Questo, secondo lo scrittore della Bassa, è il frutto della promessa del perenne sostegno di Cristo alla sua Chiesa: la Verità non può mutare a seconda dei tempi. E le forme dell’annuncio non possono essere figlie delle mode».
(Alessandro Gnocchi, L’Ave Maria di don Camillo, p. 49).

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«Il Codice Civile italiano indica gli effetti obbligatori che derivano dal matrimonio: la coabitazione, la fedeltà, l’assistenza. Ma la specificità sottesa a questi obblighi derivanti dal matrimonio è la totalità. Ciò che distingue il matrimonio da altre stipulazioni giuridiche è che l’impegno assunto non sopporta limiti o condizioni. È facile avvertire la differenza tra l’impegno ad amarsi per sempre fino alla morte, ovvero soltanto per un anno, oppure fino alle prossime elezioni politiche. Con il matrimonio viene messa in comune una sorte, un destino, per cui è evidente la differenza rispetto all’unione fondata semplicemente sull’affetto reciproco, nella quale gli istanti si succedono l’uno all’altro magari per una intera vita ma senza quell’alleanza fondativa e originaria che rende di rilievo pubblico la scelta dell’uomo e della donna di vivere insieme».
(Carlo Casini, Unioni di fatto, matrimonio, figli tra ideologia e realtà, p. 44).

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«Un altro argomento invocato a favore dell’uso della RU486 è la libertà di scelta: se esiste un metodo per interrompere la gravidanza bisogna introdurlo, saranno poi le donne a sceglierlo. Non possiamo vietare a priori una nuova tecnica, perché sarebbe un modo di fare autoritario. La donna deve avere il diritto di scegliere, di autodeterminarsi in piena autorità. Ma concedere a qualcuno la libertà di abortire significa sempre accordargli il diritto di vita e di morte su un proprio simile: il che è contrario a una conquista civile, cioè alla pari dignità tra gli esseri umani. E nessuno mi venga a dire che nell’utero c’è una scimmia o un progetto di uomo, è un essere vivente della specie umana, cioè un mio simile».
(Vittorio Baldini -Giorgio Maria Carbone, Pillole che uccidono, p. 117).

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«Ricordiamoci sempre che, per restare al Novecento, nes­sunesperto ha previsto alcuna delle svolte: la guerra del ’14, i soviet nel ’17, la crisi nel ’29, Hitler nel ’33, l’atomica nel ’45, l’esplosione sociale nel ’68, la crisi energetica nel ’73, il crollo del marxismo nell’89… Sfogliate pure le tonnellate di carte prodotte dall’intellighenziamondiale, ma di quegli avvenimenti non troverete alcuna premonizione; quasi sempre troverete la previsione del contrario. I soli che hanno avuto intuizioni “giuste” sono alcuni artisti (un Eliot, ad esempio) e alcuni santi, canonizzati o no (un padre Pio)».
(Vittorio Messori, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, p. 51).

IL TIMONE – N.61 – ANNO IX – Marzo 2007 pag. 34

 

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