Il Timone n. 101 – anno 2011 –
«Ci sono persone che da anni si impegnano per la difesa della vita umana. La vita tutta intera, senza eccezioni o “zone grigie”, la vita dal concepimento alla morte naturale. Queste persone sono chiamate “pro life”, ma non sono semplicemente “per la vita”. In fondo, per la vita lo sono tutti, sebbene a modo loro. Un animalista è “per la vita” delle balene, un ambientalista è “per la vita” della foresta amazzonica, un radicale è “per la vita” di coloro che sono già nati, che sono sani e che sono contenti di vivere. I pro life, invece, sono persone per la vita, ma allo stesso tempo persone “contro”: contro l’aborto procurato, contro la fecondazione artificiale, contro l’eutanasia, contro il testamento biologico. Una posizione controcorrente che colloca costoro in permanente conflitto con la società in cui vivono. Minoranza di una minoranza, questi pro life sono spesso giudicati degli irriducibili rompiscatole, ultimi difensori di un’ortodossia antiabortista e antieutanasista che molti altri, a lungo accanto a loro, hanno abbandonato da tempo».
(Mario Palmaro, Prefazione a P. Angelo dell’Annunciazione OCD, Via Crucis di Gesù nel grembo, p. 5).
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«Ogni opera buona che tu compi in unione con Dio è quindi fonte di meriti: dalla preghiera al lavoro, dal divertimento al riposo, dallo studio al prender cibo, dalle gioie alle sofferenze… nulla va perduto per te! L’importante – ti ripeto – è di vivere in Grazia Santificante e di fare quel che fai perché è Dio che te lo chiede. E che si merita? Due cose: anzitutto un aumento di unione alla Vita di Dio, di Virtù Soprannaturali e di Doni dello Spirito Santo. I tuoi rapporti filiali con Dio diventano così sempre più intimi, e il Suo amore per te sempre più grande; di conseguenza un aumento di felicità eterna. Il Paradiso che ti attende si ingrandisce sempre più. Nella “Storia di un’anima” di S. Teresa di Lisieux, il grado di unione alla Vita di Dio raggiunto da un’anima sulla terra è paragonato alla “capacità di un recipiente”, e la Gloria del Paradiso alla “quantità del liquido” che potrà contenere: chi aumenta la sua Vita divina in terra, aumenta la felicità che godrà eternamente in Cielo».
(Massimo Astrua, Manuale di formazione alla vita cristiana, pp. 40-41).
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«Per Kierkegaard, infatti, “soltanto l’Onnipotente può rendere veramente liberi”: apparentemente – rileva Kierkegaard – questo sembra strano, perché l’onnipotenza di Dio dovrebbe comportare la dipendenza da Dio di tutto ciò che è altro da Dio. Ma soltanto l’Onnipotente è assolutamente perfetto e quindi non può guadagnare né acquisire nulla dal rapporto con ciò che è altro da sé; e proprio perché non può guadagnare nulla, può lasciargli la libertà. Di più, “soltanto l’Onnipotente può essere puro dono”: l’Onnipotente è colui che non ha bisogno di altro, quindi non istituisce nessun rapporto di dipendenza e dunque può lasciare libero l’uomo, senza farne un servo, senza realizzarsi nell’uomo, senza coincidere con lui, bensì creandolo distinto da sé ed amandolo, donandogli tutto quanto l’uomo ha di buono. È la soluzione della questione accennata anche da Benedetto XVI: «dobbiamo aprirci alla certezza che Dio è l’amore onnipotente che non toglie nulla».
(Giacomo Samek Lodovici, Se Dio è onnipotente l’uomo è libero, in La Bussola Quotidiana, 22/1/2011).
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«Pensiamoci bene. Che senso ha la vita morale degli individui, se non esiste un criterio superiore di giustizia? Chi è autore della legge? Esiste una legge vera, giusta, che valga per tutti perché superiore, precedente all’uomo, oppure ogni uomo ha il diritto di credere ciò che vuole, di farsi la sua verità morale, la sua etica? L’uomo è un animale in-cosciente, le cui azioni sono sempre “buone”, come quelle degli animali, perché volute dalla natura, regolate dall’istinto, oppure è un essere cosciente (quale differenza!) capace di scegliere, padrone della sua vita, che può essere libero dall’imperiosità brutale dell’istinto e dei sensi? A ben vedere proprio l’esistenza di una vita morale ha convinto grandi uomini della storia che la natura dell’uomo è non solo animale ma anche spirituale, e li ha portati a porsi la domanda su Dio».
(Francesco Agnoli, Dostoevskij: se Dio non esiste tutto è permesso, dal sito www.libertaepersona.org, 1/2/2011).
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«Si può anche non capire il senso di tutti i comandamenti di Dio, vale però la pena una buona volta decidere di conservarli tutti rigorosamente. Allora capiremo quanto ci sbagliavamo a considerarli solo come dei divieti che limitavano le nostre possibilità. Per esperienza comprenderemmo che essi sono delle chiavi per aprire le porte della realtà che probabilmente mai intuivamo che esistessero. L’uomo che conserva i comandamenti del Signore riceve come degli occhi nuovi, con i quale vede Dio molto meglio rispetto a prima, diventa più trasparente al bene e alla verità, si sente più radicato nella propria realtà, la sua stessa vita ha più senso».
(Jacek Salij, Rispetta te stesso. Problemi di morale sessuale, p. 82).
IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 30