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13.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

Il Timone n. 117 – anno 2012 –

«Nella preghiera trovi una mano potente, che ti afferra e che non ti lascia cadere nel vuoto, a meno che non sia tu che l’abbandoni. È una mano che ti accompagna lungo l’intera traversata della vita, finché non sei arrivato al golfo di luce della salvezza. Pregando tu la tieni stretta e ti mantieni al sicuro dai pericoli che incombono. Ma se non preghi, la stretta si allenta e tu rischi di precipitare nell’abisso. Pregando ti salvi. Non pregando ti perdi. Comprendi perché nulla è più importante della preghiera? Mediante la preghiera vivi costantemente con Dio. La sua presenza nella tua vita quotidiana ha un valore inestimabile. Infatti, se sei unito a Dio, ogni tua attività è rischiarata dalla sua luce e viene realizzata con la sua forza. La contrapposizione fra Maria e Marta, fra vita contemplativa e vita attiva, non ha riscontri nella realtà. Nessuna opera di Dio può essere realizzata senza la preghiera. Infatti se Dio non agisce con te, che cosa potresti fare da solo?».
(Padre Livio Fanzaga, Senza preghiera non puoi vivere, p. 43).

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«Studiando più profondamente il rapporto tra Dio e l’uomo, articolato nell’alleanza che Dio ha stretto con l’uomo, si vede che il suo principio fondamentale è lo ius divinum, cioè il diritto di Dio di ricevere il culto dell’uomo nella maniera che Dio desidera e comanda. Dall’alleanza si vede che il culto divino, con la santificazione del popolo che è il suo frutto, è ordinato da Dio stesso. Non è invenzione dell’uomo ma dono di Dio all’uomo, tramite il quale Dio fa possibile per l’uomo l’offerta del “sacrificio di comunione” con Lui. Dio ci ha creati, infatti, affinché Egli possa istituire con noi un’alleanza di amore fedele e duraturo, il quale rapporto significa per l’uomo innanzitutto il culto divino».
(Card. Raymond Leo Burk, prefazione a Daniele Nigro, I diritti di Dio. La liturgia dopo il Vaticano II, p. 17).

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«Ovunque ci si giri si vedono padri materni e accudenti, che non hanno il coraggio (o la voglia, o le forze, o la consapevolezza) di correggere, e genitori sovrapponibili l’uno con l’altra, e chissà che anche la minore presenza delle mamme in casa non abbia contribuito al dilagare del fenomeno. Di certo la femminilizzazione della figura paterna è una tendenza talmente di moda, talmente diventata un dogma, che le maestre dell’asilo alle riunioni catechizzano e sgridano i padri che non cambiano i pannolini, se ce n’è rimasto qualcuno. Mai nessuno che sgridi un uomo perché non fa il padre, perché non tiene la disciplina o non sa dire a suo figlio perché sta al mondo, non dà il senso, anche al dolore, non rimanda al Padre celeste, autore del senso di tutto».
(Costanza Miriano, Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura, p. 51).

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«Escluso dunque il caso in cui, nell’imminenza della morte, ci si trovi di fronte a trattamenti chiaramente sproporzionati alle condizioni del paziente (accanimento terapeutico), sarà da rigettare ogni forma di sospensione della terapia da cui segua la morte del paziente: un simile atto mette l’esecutore dell’eutanasia in una condizione inaccettabile di “potere” sulla vita umana, un potere che nessun uomo può attribuirsi senza compromettere il fondamentale diritto di ciascuno all’inviolabilità, quel favor vitae su cui si basa il nostro ordinamento e tutta la civiltà. L’intrinseca immoralità della morte procurata (come fine o come mezzo per eliminare il dolore) aiuta anche a comprendere l’inganno di chi intende l’eutanasia come un atto di “pietà” verso un sofferente».
(Claudia Navarini, Presentazione a Arturo A. Ruiz Freites I.V.I., Mabel e la morte. L’eutanasia, Editrice del Verbo Incarnato, p. 11).

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«Non è stato mai esibito un fossile che non fosse un’inconsapevole scimmia o altro organismo simile e che avesse un pur minimo accenno di identità anatomica, anche in embrione, che si sarebbe poi ritrovato sviluppato nell’Uomo. Tutti i fossili esibiti sono di organismi compiuti e nessuno presenta dati obiettivi di transizione. La presenza di reperti fossili dimostra semplicemente l’esistenza di quegli organismi in quel periodo, con tutte le caratteristiche della specie di appartenenza. Finora non è stato trovato nessun fossile umano (resti mineralizzati da non confondere con un comune scheletro), che convalidi l’ipotesi evoluzionistica. Se gli evoluzionisti ne sono in possesso lo esibiscano».
(Giovanni Lo Presti, Evoluzionismo a confronto, p. 35).


IL TIMONE N. 117 – ANNO XIV – Novembre 2012 – pag. 34

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